
TERESA
REJADELL-Venezia,
11 settembre 1536-MI Epp I 107-109IHS
La grazia e l’amore
di Cristo N.S. siano sempre in nostro favore e aiuto. Ho ricevuto due
sue lettere in giorni diversi. Alla prima ho risposto lungamente a
mio parere, e probabilmente l’avrà
ricevuta. Nella seconda mi dice la stessa cosa che nella prima,
eccetto alcune parole cui risponderò in breve. Mi dice di trovare in
se stessa tanta ignoranza e pochezza, ecc. Ma già è molto
conoscersi!Intanto le sembra che contribuisca a questo l’abbondanza
di pareri poco precisi. Anch’io la penso così: chi precisa poco,
comprende poco e aiuta meno. Ma il Signore vede ed è lui ad aiutare.
Ogni meditazione in cui lavora l’intelletto
affatica il corpo. Altre meditazioni, ordinate e riposanti per
l’intelletto,
non faticose per le parti interne dell’animo
e che si fanno senza sforzo interno né esterno, non affaticano il
corpo ma lo fanno riposare, a due condizioni però:Prima. Non si deve
trascurare il naturale nutrimento e la distensione dovuti al corpo.
Nutrimento: quando per occuparsi a meditare, si dimentica di dare
ristoro al corpo, superando il tempo previsto per la meditazione.
Distensione: deve essere piuttosto pia e consiste nel lasciar vagare
l’intelletto
come voglia su temi buoni o indifferenti, escludendo i cattivi.
Seconda. Capita a molti, dediti all’orazione
o contemplazione, che, avendo molto esercitato il loro intelletto
prima di dormire, non possano poi dormire, continuando a pensare alle
cose contemplate o immaginate. Il nemico allora cerca di protrarre i
buoni pensieri in modo che, tolto il sonno, il corpo ne soffra; cosa
da evitare assolutamente. Col corpo sano lei può fare molto; se è
malato, non so cosa potrà fare. Il corpo in buono stato aiuta
notevolmente a fare molto male o molto bene: molto male in quelli che
hanno volontà depravata e cattive abitudini; molto bene in quelli
che hanno la volontà ancorata in Dio ed esercitata nelle buone
abitudini. Anche io, quindi, se non conoscessi il genere e la durata
delle sue meditazioni e dei suoi esercizi, indipendentemente da
quanto le ha detto Cáceres, non avrei niente da aggiungere a quanto
le ho precedentemente scritto e che confermo ancora.
Soprattutto
pensi che il Signore l’ama, cosa di cui non ho dubbio. Gli risponda
con lo stesso amore, non badando affatto ai pensieri cattivi, impuri
o sensuali, ai sentimenti di pochezza o di tiepidezza, quando siano
contro la sua volontà. Né s. Pietro né s. Paolo arrivarono mai ad
impedire, in tutto o in parte, questi sentimenti. Ma, anche se il
risultato non è perfetto, si guadagna molto non facendo caso a
nessuna di queste cose. Come infatti non mi salverò per via delle
opere buone e dei buoni angeli, così non mi dannerò per via di quei
pensieri cattivi e di quelle debolezze che gli angeli cattivi, il
mondo e la carne mi rappresentano. Dio N.S. vuol vedere solo che
l’anima
mia si conforma alla sua divina maestà. L’anima poi così conforme
fa procedere il corpo, voglia o no, secondo la sua divina volontà.
Si attua qui il nostro più grande combattimento; si trova qui il
beneplacito della bontà eterna e sovrana. Voglia nella sua pietà e
grazia infinite tenerci sempre nella sua mano.
Di bontà povero
Iñigo
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