Lettera di Sant’Ignazio di Loyola sulla preghiera e contemplazione (11 settembre 1536)

Peter Paul Rubens, Public domain, via Wikimedia Commons

TERESA REJADELL-Venezia, 11 settembre 1536-MI Epp I 107-109IHS

La grazia e l’amore di Cristo N.S. siano sempre in nostro favore e aiuto. Ho ricevuto due sue lettere in giorni diversi. Alla prima ho risposto lungamente a mio parere, e probabilmente l’avrà ricevuta. Nella seconda mi dice la stessa cosa che nella prima, eccetto alcune parole cui risponderò in breve. Mi dice di trovare in se stessa tanta ignoranza e pochezza, ecc. Ma già è molto conoscersi!Intanto le sembra che contribuisca a questo l’abbondanza di pareri poco precisi. Anch’io la penso così: chi precisa poco, comprende poco e aiuta meno. Ma il Signore vede ed è lui ad aiutare. Ogni meditazione in cui lavora l’intelletto affatica il corpo. Altre meditazioni, ordinate e riposanti per l’intelletto, non faticose per le parti interne dell’animo e che si fanno senza sforzo interno né esterno, non affaticano il corpo ma lo fanno riposare, a due condizioni però:Prima. Non si deve trascurare il naturale nutrimento e la distensione dovuti al corpo. Nutrimento: quando per occuparsi a meditare, si dimentica di dare ristoro al corpo, superando il tempo previsto per la meditazione. Distensione: deve essere piuttosto pia e consiste nel lasciar vagare l’intelletto come voglia su temi buoni o indifferenti, escludendo i cattivi. Seconda. Capita a molti, dediti all’orazione o contemplazione, che, avendo molto esercitato il loro intelletto prima di dormire, non possano poi dormire, continuando a pensare alle cose contemplate o immaginate. Il nemico allora cerca di protrarre i buoni pensieri in modo che, tolto il sonno, il corpo ne soffra; cosa da evitare assolutamente. Col corpo sano lei può fare molto; se è malato, non so cosa potrà fare. Il corpo in buono stato aiuta notevolmente a fare molto male o molto bene: molto male in quelli che hanno volontà depravata e cattive abitudini; molto bene in quelli che hanno la volontà ancorata in Dio ed esercitata nelle buone abitudini. Anche io, quindi, se non conoscessi il genere e la durata delle sue meditazioni e dei suoi esercizi, indipendentemente da quanto le ha detto Cáceres, non avrei niente da aggiungere a quanto le ho precedentemente scritto e che confermo ancora.

Soprattutto pensi che il Signore l’ama, cosa di cui non ho dubbio. Gli risponda con lo stesso amore, non badando affatto ai pensieri cattivi, impuri o sensuali, ai sentimenti di pochezza o di tiepidezza, quando siano contro la sua volontà. Né s. Pietro né s. Paolo arrivarono mai ad impedire, in tutto o in parte, questi sentimenti. Ma, anche se il risultato non è perfetto, si guadagna molto non facendo caso a nessuna di queste cose. Come infatti non mi salverò per via delle opere buone e dei buoni angeli, così non mi dannerò per via di quei pensieri cattivi e di quelle debolezze che gli angeli cattivi, il mondo e la carne mi rappresentano. Dio N.S. vuol vedere solo che l’anima mia si conforma alla sua divina maestà. L’anima poi così conforme fa procedere il corpo, voglia o no, secondo la sua divina volontà. Si attua qui il nostro più grande combattimento; si trova qui il beneplacito della bontà eterna e sovrana. Voglia nella sua pietà e grazia infinite tenerci sempre nella sua mano.
Di bontà povero Iñigo

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