
“Iniziai a partecipare al programma di fecondazione artificiale perchè avevo 25 anni, ero disoccupato e avevo bisogno di soldi.
Il mio lavoro consisteva in questo (dopo aver fatto accertamenti del mio stato di buona fecondità): due volte la settimana mi dovevo recare nel laboratorio indicato, in una fredda camera, su di un lettino o si di una poltroncina, luci offuscate, dovevo iniziare a masturbarmi. Avevo a disposizione riviste porno, oppure delle video cassette hard. Finito il tutto dovevo fare attenzione a far entrare il seme dentro un contenitore, poi uscivo consegnando all’infermiera il flacone contenente il mio seme.
Andai avanti così per un anno, ma iniziai ad avere delle nausee dovute al disgusto di quella fredda stanza e dei soliti giornali e delle solite casse, anche se ovviamente periodicamente cambiavano.
Incontrai un giorno una donna nella sala di attesa, ma capii che aveva qualcosa che la stava facendo soffrire, non so come ebbi il coraggio o forse la sfrontatezza di parlarle e le chiesi se ne volesse parlare con me.
Aveva tentato l’inseminazione artificiale, due volte fallita, ed ora stava lì per tentarne una terza, ma qualcosa non le andava giù.
Aveva fatto esperienza omosessuale e con la sua compagna avevano deciso di accordo di fare un figlio: la scelta cadde su lei, ma iniziava ad essere stanca.
Io le raccontai del mio “lavoro”, forse volevo farla sorridere, non lo so, ma le dissi che forse le sarebbe toccato il mio spermatozoo e non so come si finì per iniziare ad usare finalmente la ragione.
Dico finalmente, perchè fino ad allora avevo usato solo espedienti di comodità, ma non avevo mai osato ragionare su cosa facevo.
Parlandone insieme lei mi disse che quanto stavamo facendo aveva dell’assurdo perchè alla fine dei conti si finiva per unirsi lo stesso, seppur per strade diverse; ma quanto erano giuste queste strade traverse?
Lei si alzò e mi disse se volevo prendere un gelato: uscire fuori da lì in quel momento era sembrato ad entrambi l’unica via di fuga.
Continuammo a parlare e non ci accorgemmo che era giunto il tramonto, ma avevamo capito che quello che stavamo facendo denigrava principalmente la nostra dignità umana, eravamo usati e usati doppiamente: usati da noi stessi, usati da una società che pur di volere e di ottenere è pronta a tutto, è pronta a trovare imbecilli come noi, ingenui o bisognosi, che per danaro eravamo pronti a privarci della cosa più bella che Qualcuno ci aveva dato: l’incontro con i sentimenti umani.
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Non ero credente, ero il classico cattolico per nascita, ma non avevo mai frequentato la Chiesa.
Quell’anno era il 2000 e degli amici mi convinsero a partecipare a Tor Vergata alla Giornata dei Giovani con il papa.
Loro sapevano come mi guadagnavo da vivere, ma non mi dissero nulla, non mi provocarono mai: accettai l’invito dal momento che ero entrato dentro un turbine di confusione, di amarezza e di profonda solitudine che tentai perfino il suicidio: o meglio, non ebbi il coraggio di fare il passo, ma ci pensai seriamente.
Quella sera il papa tuonò con delle frasi che mi colpirono come delle frecce, alzava la voce quando diceva: voi non permetterete mai ad una vita di non nascere, voi così, ecc… disse tanti voi tutti indirizzati alla difesa della vita, mi sentivo male tanto che dovetti vomitare.
Gli amici pensarano che mi ero fatto, ma non avevo mai fatto uso di stupefacenti.
Mi aiutarono, addirittura mi pulirono, mi accarezzavano, mi dicevano di stare tranquillo e se dovevano chiamare i medici.
Gli dissi che non era necessario, che quel che avevo vomitato era tutto il veleno del mio ateismo.
Poi scoppiai a piangere e dicevo “grazie” a quegli amici che aveva capito che cosa mi stesse accadendo, mentre il papa continuava a parlare essi mi presero in braccio e mi sollevavano come un eroe al trionfo, quelli intorno a noi non capivano, ma sorridevano, ridevano tutti… Dio mio, ho pensato, se questo è un pezzo di paradiso, ti prego fa che rimanga qui con loro!
Da allora la mia vita è cambiata, ho iniziato ad usare la ragione e capire i motivi con i quali la Chiesa spiega le sue condanne; oggi sono un attivista antiabortista, ma non con le manifestazioni di piazza, quelle servono a confondere la verità: partecipo con la testimonianza della mia conversione e con la persuasione lenta e graduale verso chi ne ha bisogno, verso chi vuole capire che la fecondazione artificiale è un attentato contro la dignità umana, sia maschile che femminile.
Che non si può avere figli per un calcolo che prevede la partecipazione di terzi che si masturbano per danaro o che comunque (c’è anche chi lo fa intenzionalmente) lo fanno perchè il loro seme sia propagato.
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Un figlio deve venire al mondo perchè voluto, amato attraverso l’affetto dei genitori che si fondono, si completano in un amplesso che raggiungendo l’apice, sprigiona la nuova vita.
Gli sterili possono ricorrere a cure, ma possono anche adottare, ma devono capire che il volere a tutti i costi è un puro egoismo, ed è anche la morte di migliaia di embrioni fino a quando quello giusto attecchirà.
Non si hanno solo diritti, la Società è sana se prima di tutto vive il dovere di rispettare la dignità di tutti.
Ad iniziare dalla dignità di un embrione, dalla dignità di uno spermatozoo che non può essere sollecitato attraverso una masturbazione per dare una vita umana.
E’ un controsenso, è la fine della Società umana”.
(fonte: “Strategie e sicurezze nel XXI secolo” quaderni di cultura geopolitica e di etica-morale. Liberal Risk n.6 Aprile 2005)