L’evoluzione del fenomeno dell’abbandono scolastico precoce (ESL)

Foto di Alexa da Pixabay

In inglese ESL vuol è abbreviazione di Early school leavers, abbandono scolastico precoce.
La situazione dell’Italia, in termini quantitativi, è migliorata negli ultimi lustri. Tuttavia rimane estremamente critica per l’intreccio di tre elementi che, insieme, disegnano una crisi strutturale: alti tassi di abbandono uniti a molte ripetenze, alto numero di ragazzi con bassi livelli nelle conoscenze oggi irrinunciabili ai fini dello sviluppo sociale e personale nonché per esercitare la cittadinanza, forte presenza della povertà minorile.

Il carattere strutturale del fallimento formativo acquista ancor più peso perché ci troviamo in situazione di squilibrio demografico: facciamo pochi figli e ancora troppi di questi vivono un fallimento formativo che ne condiziona pesantemente la vita. E poiché a cadere fuori dal sistema d’istruzione e formazione sono quasi sempre i figli di genitori poveri con bassi livelli d’istruzione e che vivono in situazioni multi-fattoriali di esclusione, la nostra scuola mostra di avere indebolito la sua decisiva funzione democratica di ascensore sociale, che ha avuto dall’Unità d’Italia e, in modo molto marcato, dopo la nascita della scuola media unificata nel 1963.
Un esame del trend, però, evidenzia una decrescita del fenomeno dal 20,8% del 2006 al 13,8 del 2016.
I dati MIUR, inoltre, evidenziano una differenziazione di sesso (donne intorno al 12%, uomini oltre il 16%) e forti differenze nei tassi di abbandono tra le diverse regioni rispetto al raggiungimento dell’obiettivo, stabilito dall’UE (UE, 2020), del 10% entro l’anno 2020: si va da un +14 % rispetto al traguardo UE (24% di abbandoni) della Sicilia al -2% del Veneto (8% di abbandoni).
Per quanto riguarda la povertà minorile, 1 milione e 45 mila persone in crescita (3-18 anni) e in età scolare è oggi in condizioni di povertà assoluta, il 10% della popolazione di riferimento, mentre la povertà relativa riguarda quasi 2 milioni di minori, il 19% circa del totale, con una distribuzione territoriale che vede una concentrazione nel Sud e nelle aree urbane dell’esclusione sociale.
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