L’intervento di padre Pfeiffer per fermare la razzia degli ebrei nel ghetto di Roma

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Quando il 16 ottobre del 1943 la brigata delle SS naziste, comandata da Theodor Dannecker specializzata negli arresti degli ebrei, fece razzia nel Ghetto di Roma, fu padre Pancrazio Pfeiffer a convincere il generale Rainer Stahel, a telefonare a Himmler per fermare la deportazione.

E’ quanto ha raccontato il 12 maggio, a Roma, padre Peter Gumpel S.J. durante il convegno per la commemorazione del 60° anniversario della morte di padre Pancrazio Pfeiffer, Superiore generale dei Salvatoriani.

In una intervista concessa a ZENIT, padre Gumpel ha precisato che “il Pontefice Pio XII, indignato per quanto stava accadendo, prima fece convocare con urgenza l’ambasciatore tedesco Ernst Von Weizsäcker per levare formale protesta contro l’arresto degli ebrei, e poi mobilitò i suoi emissari, monsignor Alois Hudal e padre Pancrazio Pfeiffer affinché intervenissero sugli ufficiali tedeschi per impedire la razzia”.

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Pio XII diede una sua lettera di protesta ad Alois Hudal, rettore della Chiesa di S. Maria dell’Anima, che venne ufficialmente trasmessa a Berlino da Gerhard Gumpert, allora capo dei funzionari dell’ambasciata di Germania presso il governo dei neofascisti rimasti a Roma. Questa lettera non ebbe però nessun esito.

Ebbe successo invece l’intervento di padre Pancrazio Pfeiffer, il quale parlò con il generale Rainer Stahel, comandante militare di Roma, notoriamente contrario a quanto le SS e la Gestapo stavano facendo.

Padre Gumpel ha poi precisato che “Stahel inviò una dura protesta al capo delle SS Heinrich Himmler, esigendo che la persecuzione degli ebrei cessasse immediatamente. E spiegò questa sua richiesta con argomentazioni di tipo strettamente militari, ben sapendo che le argomentazioni umanitarie erano inutili”.

“Fece quindi presente ad Himmler che, essendo in buona parte responsabile dell’approvvigionamento delle divisioni tedesche impegnate in duri combattimenti a sud di Roma, aveva un compito reso già molto difficile dalla supremazia aerea degli Alleati e dai partigiani”, ha aggiunto.

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“Se a questi fatti si fosse aggiunto un sollevamento della popolazione romana in seguito alla razzia degli ebrei, il rifornimento delle suddette divisioni sarebbe divenuto impossibile – ha raccontato lo storico gesuita –. Questo messaggio spaventò Himmler che ordinò la cessazione dell’operazione”.

L’esito del rastrellamento degli ebrei romani non fu considerato soddisfacente dai gerarchi nazisti. Nel suo complesso l’operazione fu giudicata come uno degli insuccessi più notevoli, tanto che alla fine della guerra Dieter Wisliceny, luogotenente di Eichmann, fu costretto ad affermare che : “Condizioni particolarmente speciali permisero agli ebrei di Roma di porsi tempestivamente in salvo”.

Stahel pagò di persona per questo intervento. Due settimane dopo fu deposto dal suo incarico a Roma e per punizione fu inviato in Russia da dove non tornerà mai più. La motivazione della sua rimozione fu che “era troppo mite con gli italiani” e “troppo amichevole con il Vaticano” .

Attraverso padre Pfeiffer, Pio XII intervenne ancora nel tentativo di salvare anche coloro che erano già stati presi dai nazisti.

La mattina del 17 ottobre il comandante delle SS Dannecker ordinò ai suoi uomini di radunarsi nel Collegio Militare Italiano, in via della Lungara, dove erano state ammassate le 1259 persone rastrellate il giorno prima.

Chiamò Arminio Wachsberger, un fiumano che fungeva da interprete, e gli fece tradurre un ordine inaspettato e inconsueto: “Coloro che non sono ebrei si mettano da una parte e dì loro che se trovo un ebreo che abbia osato dichiarare di non esserlo, appena la bugia sarà scoperta, quello sarà fucilato immediatamente; e dì anche che noi tedeschi non parliamo a vanvera!”.

Molta gente si fece avanti, dopo aver esaminato i documenti Dannecker ed i suoi assistenti liberarono 259 persone ai quali dissero che potevano ritornarsene tranquillamente a casa.

Nonostante le minacce, fra coloro che furono liberati poterono tuttavia intrufolarsi diversi ebrei. Tra questi sicuramente padre, madre e figlio della famiglia Dureghello, Angelo Dina, Enrico Mariani, Bianca e Piera Ravenna Levi.

Diversi indizi indicano nel padre Pancrazio Pfeiffer l’uomo che intervenne direttamente per conto della Santa Sede nel chiedere la liberazione delle persone di servizio nelle famiglie ebree, dei coniugi e figli di matrimoni misti.

Alla fine della Guerra, padre Pancrazio distrusse i verbali dei suoi incontri con Pio XII e con la Segreteria di Stato. Sono comunque scampati alla distruzione dei foglietti, su due dei quali è scritto “Emilio Segrè – Collegio Militare, la liberazione è chiesta da Mons. Traglia vice gerente di Roma” e su un altro foglietto: «Hauptsturmbannführer Dannecker, Collegio Militare».
ZI05051208

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