Madri surrogate, la Russia frena?

Foto di IGORN da Pixabay

In tema di utero in affitto, la distinzione tra maternità surrogata commerciale – per la quale è previsto un compenso per le gestanti – e “altruistica” – caso in cui ci si limita a un generico rimborso spese – è troppo spesso la foglia di fico dietro alla quale si cela un mercato basato sullo sfruttamento del corpo femminile. Troppo sottile, infatti, il confine tra le due modalità per poter scongiurare il concreto pericolo di incentivare donne povere, allettate da lauti compensi, ad affittare il proprio utero. Il senatore russo Anton Belyakov ha così proposto un bando totale della maternità surrogata, equiparandola alla prostituzione, illegale in Russia. La piaga dell’utero in affitto in Russia ha assunto dimensioni notevoli, seppure non siano disponibili cifre ufficiali. Secondo quanto affermato da Vladislav Melnikov, che dirige l’«European surrogacy center» a Mosca, nel 2016 sarebbero stati circa 2mila i bambini nati da madri surrogate nelle cliniche russe che forniscono i servizi legati alla maternità. A Mosca si contano addirittura 40 cliniche sulle circa 100 totali disseminate sul territorio russo. La
maternità surrogata è legale in Russia dal 2011, da allora i numeri sono in rapida ascesa, tanto da poter ormai definire il Paese una sorta di «paradiso riproduttivo», secondo quanto affermato da Konstantin Svitnev, direttore del «Center for reproductive law and ethics». Il perché del successo è presto detto: mediamente
a una donna che presta il proprio grembo viene riconosciuto un compenso pari all’equivalente di 14mila dollari, cifra che un insegnante in Russia guadagna in un anno e mezzo. Secondo la legge russa, solo donne che sono già madri possono affittare il proprio grembo: paradossalmente, questo ha fatto sì che molte giovani madri, abbandonate dai mariti padri dei loro figli, abbiano trovato nella maternità surrogata una strada per migliorare la loro condizione economica. Quattro anni fa in Russia fece scalpore il caso della cantante Alla Pugacheva, che a 64 anni ebbe un figlio con la maternità surrogata. Per la Pugacheva e il marito trentasettenne Maksim Galkin si trattò del terzo figlio con utero in affitto. Il caso fu oggetto di valutazioni molto nette da parte della Chiesa ortodossa, che per bocca di Dmitry Smirnov, a capo della Commissione per famiglia, maternità e infanzia, parlò espressamente di «ribellione contro Dio» e «confisca di bambini». In direzione contraria sembra invece voler procedere il Regno Unito, dove è all’esame del Parlamento un provvedimento che consentirebbe ai single di essere riconosciuti legalmente come genitori di bambini avuti grazie all’utero in affitto. Attualmente la legge prevede il ricorso alla maternità surrogata solo per coppie, ma nel 2016 l’Alta Corte britannica, esprimendosi sul ricorso di un padre, ha giudicato lesivo dei diritti umani il divieto per un uomo privo di partner di essere riconosciuto come genitore di un bambino commissionato a una gestante.

Lorenzo Schoepflin – Avvenire

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