Magnifico Seicento

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Nell’arte barocca la Chiesa, uscita dal Concilio di Trento, trova un efficacissimo strumento di catechesi popolare.
La professoressa Mina Gregori, che già occupò la prestigiosa cattedra fiorentina di Roberto Longhi e ora è presidente della stessa Fondazione Longhi e direttrice della rivista Paragone, ci presenta i grandi artisti del quinto volume della nostra storia dell’arte: Il Barocco in Italia.

In che modo la Riforma cattolica, nata dal Concilio di Trento, ha influito sullo sviluppo dell’arte barocca?
«La Chiesa nel Seicento ha ricondotto l’arte a quella naturalezza e a quel realismo da cui la pittura manieristica del secondo Cinquecento l’aveva allontanata. La magnificenza delle chiese barocche invita a fare quell’esperienza di Dio attraverso la contemplazione della sua gloria, che oggi manca nelle moderne chiese, depauperate proprio di quelle splendide visioni di “cieli aperti” davanti a cui, per esempio, il famoso storico dell’arte Bernard Berenson, protestante, si convertì al cattolicesimo».

Chi fu Gian Lorenzo Bernini e come espresse la sua arte e la sua fede nel colonnato di piazza San Pietro, nel baldacchino che sovrasta l’altare dell’omonima basilica e, soprattutto, nella sua famosa Estasi di santa Teresa?
«Bernini fu il più grande scultore del nostro Seicento, così come Michelangelo lo è stato per il Cinquecento e Canova per il Settecento.
Bernini ebbe un percorso spirituale e artistico analogo a quello del suo contemporaneo Caravaggio: trattando i soggetti religiosi e immedesimandosi nei loro contenuti, questi grandi artisti non solo si convertivano, ma convertivano anche chi si accostava ai loro capolavori. Per questo motivo Caravaggio volle dipingere per le cappelle di due chiese romane, Santa Maria del Popolo e San Luigi dei Francesi. D’altronde, la funzione dell’arte è proprio quella di fare da tramite tra l’uomo e Dio. Nel baldacchino dorato posto sopra l’altare di San Pietro, Bernini esprime la magnificenza e la gloriosa maestà di Dio, mentre nel colonnato della piazza traduce in forme architettoniche l’abbraccio e lo slancio missionario della Chiesa che, proprio in quegli anni, allargava i confini dei propri orizzonti a nuove terre e a nuovi popoli. Infine, nell’Estasi di santa Teresa Bernini esprime un’esperienza reale di Dio quale egli stesso, soggetto a intense crisi mistiche, aveva sperimentato».

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Torniamo a Caravaggio: quali novità portano nella storia della pittura sacra la Vocazione di san Matteo e la Cena di Emmaus?
«Nella Vocazione di san Matteo la novità è nella luce che, entrando nella stanza insieme a Cristo, diventa protagonista dell’azione e raggiunge Matteo, seduto al tavolo delle imposte. Nella Cena di Emmaus, Caravaggio fa rivivere nel suo Cristo un uomo che è passato attraverso l’esperienza della morte, e ci comunica questo fatto in modo concreto e tangibile: sul limite della superficie pittorica ci sembra di poter toccare la mano del pellegrino che, a destra di Gesù, spalanca le braccia per lo stupore; e, ancora, ci sembra di poter sfiorare il tessuto liso sul gomito dell’altro pellegrino che sta per alzarsi dalla seggiola, vista di scorcio. Caravaggio, con la sua arte, ci fa toccare con mano la realtà dei fatti narrati nel Vangelo».

Cosa rappresentano per la cristianità del Seicento i Sacri Monti, tra cui quello celebre di Varallo Sesia, amatissimo da un gigante della fede come san Carlo Borromeo?
«I Sacri Monti traducono nella dimensione plastica la lezione di Caravaggio:
attraverso statue e oggetti di dimensioni e colori naturali, montati in un impianto scenico concreto, una specie di teatro sacro, il popolo veniva accompagnato fisicamente ed emotivamente a partecipare agli episodi della Passione di Gesù, alla luce della fede».

Quale nuova stagione pittorica apre Giambattista Tiepolo nel primo Settecento, con gli affreschi dell’arcivescovado di Udine che presentiamo in questo volume?
«Il Tiepolo è stato l’artista che, insieme a Canova, ha davvero illuminato e fatto grande il nostro Settecento: è stato un pittore di estrema modernità, il cui contributo chiede di essere ancora approfondito. In sintesi, la sua grandezza si rivela nell’estrema capacità di guardare e rappresentare la realtà con uno sguardo che oggi potremmo definire laico e cristiano insieme».
Alfredo Tradigo

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