Marta, 22 anni. Il martirio della Goretti spagnola

E’ in corso il processo diocesano della causa di beatificazione della giovane Marta Obregón, assassinata a Burgos nel 1992 per aver resistito a una violenza carnale, il postulatore diocesano della causa, è Saturnino López.

Marta, era studentessa del 5° anno di Giornalismo, al momento della morte, ha difeso i valori e le virtù cristiane non cedendo di fronte all’aggressione, “la santità è per le virtù o per il martirio”. “E il martirio è per aver difeso la fede sotto due aspetti: per odio alla fede o per difesa di virtù, come nel caso di Santa Maria Goretti”.

Tra le testimonianze raccolte sulla web della causa, la sua amica Rosi scrive: “Il tuo martirio non è qualcosa di vano, ma è un grido di Dio al mondo che non valorizza più la grandezza della Santa Purezza”.

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Marta Obregon

L’Arcivescovado di Burgos ha dichiarato: “Sottoponendo i dati al parere di Santa Madre Chiesa, tutto ci suggerisce che la giovane studentessa di Giornalismo Marta Obregón ci abbia lasciato un bell’esempio, sia in una vita grata all’amore e alla misericordia di Dio che nella sua morte coraggiosa”.

Marta Obregón nacque a La Coruña il 1° marzo 1969. Era la seconda di quattro sorelle di una famiglia cristiana. A causa del lavoro del padre, la famiglia visse un anno a Barcellona, e nel dicembre 1970 si stabilì definitivamente a Burgos.

Ragazza spontanea, di carattere aperto e di bell’aspetto, Marta studiò con profitto presso il Colegio de Jesús María. Nell’infanzia frequentò insieme alla sorella il Club Arlanza di Burgos, della prelatura dell’Opus Dei.

Debolezza e riconversione

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Nel 1988 iniziò la sua prima relazione con un ragazzo “con il quale sperimentò la debolezza di fronte alla passione, fino a che una volta arrivò il pericolo nello stesso luogo in cui in un altro pomeriggio offrì la sua vita piuttosto che offendere Dio e permettere che la sua dignità venisse degradata”.

Marta iniziò gli studi universitari a Madrid sperando di diventare una giornalista famosa. In seguito modificò le sue aspirazioni e confessò apertamente che pensava solo a Dio e a fargli piacere.

Durante le vacanze estive del 1990 partecipò a un viaggio a Taizé organizzato da un gruppo neocatecumenale.

A Taizé ebbe luogo una prodigiosa riconversione di Marta, che al ritorno decise di confessarsi. Si sentiva ancora “sporca” per ciò che era avvenuto più di due anni prima.

Per motivi sconosciuti, però, il confessore non l’assolse, il che le provocò una grande sofferenza e una lotta tra la sua volontà di donarsi a Dio e il suo sentimento di abbandono da parte Sua.

Poco dopo, un incontro casuale con un sacerdote del Cammino Neocatecumenale che l’ascoltò le permise di sperimentare il perdono e la misericordia di Dio.

Da quel momento iniziò a difendere i valori cristiani con coraggio, in privato e in pubblico, con gli amici, all’università e nei mezzi di comunicazione.

Conobbe un altro giovane cattolico, con cui intrattenne un bel rapporto e con il quale volle essere missionaria itinerante, ma poco dopo egli ruppe la relazione senza darle spiegazioni.

Dopo la morte di Marta, il ragazzo ha riconosciuto: “Dio l’allontanò affettivamente da me, perché la mia sofferenza non fosse maggiore”.

“Fiat”

Per il postulatore, è molto importante il fatto che Marta ripetesse spesso “Signore, fiat”. “Era la sua ricerca della vocazione, lo ripeteva molto emozionata”, spiega.

Nel suo ultimo anno di vita, si recava ogni pomeriggio a studiare al centro dell’Opus Dei che aveva abbandonato per qualche anno. Terminava sempre la giornata con mezz’ora di preghiera in ginocchio davanti al Santissimmo.

Il giorno del suo sacrificio, chiese che lasciassero i libri sul tavolo di studio con l’intenzione di tornare la mattina dopo per seguire la Messa, comunicarsi e continuare la preparazione per gli esami di febbraio.

Non tornò più. Verso le 22.00, una sua vicina sentì un grido lacerante, ma visto che non si ripeteva non uscì a vedere cosa fosse accaduto.

Cinque giorni dopo, il cadavere della Serva di Dio Marta Obregón venne rinvenuto coperto di neve a circa cinque chilometri da Burgos. Aveva 22 anni.

Il rapporto forense indica che Marta morì nelle prime ore del 22 gennaio, festa del martirio di Santa Agnese, cercando di sottrarsi a una violenza.

Il suo corpo presentava numerosi colpi e 14 ferite di arma bianca tipo bisturi, una delle quali le penetrò il cuore.

Colui che è stato condannato per il crimine, ancora in carcere, ha fatto capire che se avesse ceduto all’aggressione, come varie vittime precedenti, non l’avrebbe uccisa.

Serenità e perdono

Moltissime persone, profondamente commosse, parteciparono all’ultimo saluto a Marta. Il dolore si mescolava a gioia e pace.

Alcuni testimoni che videro il volto della ragazza affermano colpiti che era sereno e dolce, come se non avesse subito il terrore dei colpi e le pressioni che apparivano sul suo corpo.

Molti altri rimasero profondamente colpiti dalla serenità della famiglia di Marta e dalle parole di perdono della madre.

“E’ la forza dello spirito”, sottolinea il postulatore. “Chi non ha sofferto umanamente per la morte di una persona cara e allo stesso tempo si è sentita più vicina di prima a quella persona?”. Per López bisogna “continuare a pregare per l’aggressore perché è colui che ne ha più bisogno”.

Quanto alla testimonianza dei familiari di Marta, sottolinea che la ragazza “è stata loro sottratta per un tempo determinato, ma per fede hanno la certezza che è già passata per il mistero pasquale”.

“Se è morta per essere fedele a Cristo e difendere una virtù”, afferma, “questo dà forza ai suoi genitori”.

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