Mutilazioni genitali femminili: dati e trends

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Secondo le stime dell’OMS attualmente sono circa 200 milioni le donne che hanno subìto una mutilazione genitale e vivono prevalentemente in 30 Paesi. Tra queste, più di 44 milioni sono bambine e ragazze con meno di 15 anni: in molti Paesi, infatti, “il taglio” viene praticato entro i primi cinque anni di vita della bambina. In Gambia il 56% delle ragazze ha subito la mutilazione prima dei 14 anni di età (cioè negli anni tra il 2000 e il 2015), in Mauritania il 54%, in Indonesia il 49%, in Guinea il 46%, in Eritrea il 33%.
La pratica delle mutilazioni genitali femminili è particolarmente radicata in alcuni Paesi: in Somalia riguarda il 98% delle donne e delle ragazze di età compresa tra i 15 e i 49 anni, in Guinea il 97%, a Gibuti il 93%, in Sierra Leone il 90%. Seguono Mali, Egitto, Sudan ed Eritrea, nella fascia compresa tra l’80 e il 90%. Burkina Faso, Gambia ed Etiopia hanno un’incidenza tra il 60 e il 70%, mentre la Liberia si attesta al 50%.
In termini assoluti, più della metà delle donne e delle ragazze che hanno subìto questa pratica vive in Indonesia, Egitto ed Etiopia.

MUTILAZIONI GENITALI TRA LE DONNE E LE RAGAZZE RIFUGIATE

Secondo le stime dell’UNHCR, nel 2017 sono state circa 66mila le donne e le ragazze provenienti da Paesi a tradizione escissoria che hanno chiesto asilo in Europa (in calo rispetto alle oltre 99mila donne del 2016). Il Paese più rappresentato è l’Iraq (con 21.100 richieste d’asilo presentate da donne e ragazze), Nigeria (15.200), Eritrea (7.400), Somalia (4.800). Al quinto posto, con oltre 3.200 richieste di protezione, si piazza la Costa d’Avorio.
“Complessivamente, si stima che oltre 24mila donne e ragazze potrebbero già aver subito questa pratica al momento della presentazione della domanda d’asilo”, si legge nel documento dell’UNHCR “Too Much Pain”, che analizza l’incidenza del fenomeno delle mutilazioni genitali tra le donne e le ragazze che chiedono asilo in Europa.
Ma quante sono le donne e le ragazze che ottengono l’asilo o una forma di protezione internazionale perché vittime di una mutilazione genitale? Purtroppo non esiste un database a livello europeo. Uno dei pochi Paesi a indicare nel dettaglio il dato è il Belgio: nel 2015 ha ricevuto 3.545 domande di asilo da parte di donne e ragazze provenienti da Paesi a tradizione escissoria. Di queste, 609 hanno posto il tema della mutilazione come base per presentare la propria richiesta di protezione.

MUTILAZIONI GENITALI IN ITALIA

“In Italia sono circa 70mila le donne di origine straniera di prima generazione che hanno subito una mutilazione genitale”, spiega Patrizia Farina del dipartimento di Sociologia e ricerca sociale dell’Università degli Studi Milano Bicocca. Per calcolare questo dato non si tratta di applicare semplicemente il tasso di incidenza della pratica rispetto al numero di donne provenienti da un determinato Paese: “Le caratteristiche socioeconomiche di chi ha scelto di emigrare sono generalmente diverse rispetto alla media del Paese d’origine. Non rappresentano quindi un campione statistico rappresentativo. Spesso le donne che arrivano in Italia non sono mutilate perché vengono da famiglie che non erano interessate a questa pratica già nel Paese di origine”. Ci sono, ovviamente, delle eccezioni. È il caso, ad esempio, delle donne somale costrette a fuggire dal proprio Paese a causa di guerra e instabilità. Oppure delle nigeriane: “Si registra un’incidenza più alta rispetto a quella del Paese d’origine perché queste donne vengono soprattutto dallo stato di Edo, dove l’incidenza di questa pratica è molto elevata”, spiega. L’indagine che Patrizia Farina sta conducendo attraverso delle interviste evidenzia come circa il 70% delle oltre mille donne intervistate abbia dichiarato di non voler praticare il taglio alle proprie figlie. “In senso astratto, la volontà di proseguire questa pratica è ancora abbastanza elevata: riguarda circa il 30% delle donne intervistate. Ma il dato scende al 10% tra le donne che hanno già avuto figli”. All’interno poi della quota di donne che vorrebbero continuare la pratica delle mutilazioni genitali, il 10-12% ha introdotto il tema dell’intervento medicalizzato, oppure di un rito simbolico.
“L’esperienza ci dice che una donna non mutilata non è disponibile a mutilare la propria figlia. Così per ogni bambina sottratta alla mutilazione si garantisce il rispetto di un diritto umano e si crea un circolo virtuoso capace di proteggere le generazioni a venire” .

PROGRESSI IMPORTANTI

Ma a che punto siamo lungo il percorso che ha come obiettivo “Zero Mutilazioni Genitali” entro il 2030? Il report 2017 degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile evidenzia come “questa pratica pericolosa sia diminuita del 24% dal 2000 ad oggi”. In altre parole, se nel 2000 nei 30 Paesi in cui è più diffuso questo fenomeno una ragazza su due subiva una mutilazione genitale, oggi il rapporto è sceso a una su tre nella fascia d’età compresa tra i 15 e i 19 anni.

In questi anni sono stati ottenuti importanti risultati, anche grazie allo sforzo congiunto di Unicef e UNPFA (l’Agenzia delle Nazioni Unite per la popolazione): “I dati dimostrano che questa pratica sta diventando sempre meno comune in più della metà dei 29 Paesi di cui disponiamo di dati. In Paesi come il Burkina Faso, la Guinea e il Mali (dove le mutilazioni sono ancora molto diffuse) l’incidenza del fenomeno è in calo ”. In Burkina Faso, il “taglio” si effettua prevalentemente entro i primi quattro anni di vita della bambina.
Oggi in quella fascia d’età, solo il 5% delle bambine ha subìto una mutilazione genitale. Mentre tra le donne di età compresa tra i 45 e i 49 anni il dato arriva all’89%. “Il basso tasso di prevalenza tra le ragazze più giovani suggerisce che l’abbandono delle mutilazioni genitali è in corso”, sottolinea UNFPA.

Tuttavia, avverte Unicef, la crescita demografica  che si registra in alcuni dei Paesi più poveri al mondo e dove persiste la pratica delle
mutilazioni genitali, minaccia di annullare gli sforzi fatti in questi anni. Solo nel 2015 circa 3,9 milioni di ragazze hanno subìto il “taglio” e secondo le previsioni UNFPA se il trend attuale continuerà, nel 2030 il loro numero arriverà a quota 68 milioni.

 “Entro il 2030, a livello globale più di un terzo delle nuove nascite si registreranno nei 30 Paesi in cui si praticano mutilazioni genitali. Se non ci sarà un’accelerazione nella protezione di questo crescente numero di bambine a rischio, milioni di ragazze subiranno una mutilazione genitale”.

Fonte: Dossier 2018 Progetto “Indifesa” : “La condizione delle bambine e delle ragazze nel mondo” – Terre des Hommes

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