
“Pregare con tutto il corpo significa amare con tutto il cuore”, afferma in questa intervista rilasciata a ZENIT suor Catherine Aubin OP, religiosa domenicana francese, autrice di un libro sull’argomento.
Laureata in psicologia e in teologia, suor Catherine, che ha abbracciato la vita religiosa nel 1984, ha di recente pubblicato il libro “Pregare con il corpo, alla maniera di San Domenico” (“Prier avec son corps à la manière de saint Dominique”, 2005, Cerf).
Attualmente è docente, a Roma, di Teologica sacramentale e di Teologia spirituale, presso il Pontificio Istituto “Regina Mundi”, l’Istituto di Teologia della Vita Consacrata “Claretianum” e presso l’Università Pontificia San Tommaso d’Aquino (“Angelicum”).
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Come le è venuta l’idea di scrivere un libro di questo tipo?
Suor Catherine: Per dieci anni ho vissuto a Parigi in via Saint Denis dove c’è una comunità di domenicane. Lì ho potuto incontrarmi con persone in cerca di una armonia interiore e di pace, che praticavano tecniche o esercizi corporali come lo zen, la meditazione trascendentale e altri. Allo stesso tempo, come giovane religiosa, scoprivo la spiritualità domenicana e sono rimasta molto colpita dai nove modi corporali di preghiera di san Domenico. In questo contesto mi è venuta l’idea di scrivere un libro il cui messaggio indirizzato a coloro che praticano queste tecniche è che “anche nella tradizione cattolica abbiamo una pedagogia della preghiera con il corpo, che può rispondere a ciò che cercate”.
Cosa intende lei per “pregare con il corpo”?
Suor Catherine: Quando si ama, si manifesta l’amore in gesti, parole, sorrisi… Lo stesso avviene nella preghiera. Di fronte a me, in me, è presente Cristo vivo, allora come gli esprimerò il mio amore? In questo libro, il maestro è san Domenico. La sua preghiera era così affascinante che i suoi primi fratelli trasposero quello che diceva e faceva in nove immagini nelle quali egli appare pregando. Ogni atteggiamento del corpo corrisponde ad un atteggiamento spirituale e consente ad esso di manifestarsi: i gesti rappresentano ciò che è nascosto ed esprimono i moti del cuore. Ad esempio, il gesto di chinarsi corrisponde all’umiltà; quello di inginocchiarsi, la fiducia.
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Ci potrebbe spiegare quali sono questi nove modi di pregare?
Suor Catherine: Il primo modo di pregare è quello di chinarsi. San Domenico si fa umile davanti all’altare nel quale Cristo è vivo sulla croce e dal cui torace sgorga il sangue che ci comunica la sua vita. La disposizione interiore di Domenico è l’umiltà del cuore.
Il secondo modo è quello di prostrarsi. Domenico è prostrato per terra e piange, compunto nel cuore, trapassato dalla coscienza del proprio peccato.
Nel terzo modo di pregare, Domenico si flagella stando in ginocchio. Il suo desiderio è di essere come Cristo nella sua Passione.
Secondo il quarto modo di pregare, san Domenico si inginocchia e si alza, e compare quindi nella sua anima una grande fiducia nella misericordia di Dio per lui stesso, per i suoi fratelli e per i peccatori.
In questi quattro primi modi di pregare, il corpo di Domenico si dirige al suolo. Noi procediamo dalla terra, il luogo delle origini, il luogo dei nostri limiti. Le quattro disposizioni corrispondenti – l’umiltà, la compunzione del cuore, la disciplina, la fiducia – sono disposizioni spirituali che riconoscono la dipendenza da Dio e la sua supremazia. Queste quattro forme possono essere raggruppate in un unico atteggiamento: l’accettazione, l’accettazione della condizione di creature di fronte a Dio, accettazione di Dio come Creatore e Salvatore, accettazione dei propri limiti di fronte a Colui che è infinito.
Nel quinto modo, il santo è in piedi, non appoggiato a nulla, che si eleva come un profeta e come lo stesso Gesù. Il suo atteggiamento è quello della resurrezione, si trova in piedi con il suo corpo e con il suo cuore. Le sue braccia e le sue mani manifestano l’ascolto della Parola. Fa progressivamente silenzio per ascoltare e lasciarsi portare da Colui che gli parla attraverso le Scritture.
Poi le sue braccia si aprono maestosamente nel sesto modo, per abbracciare e imitare il suo Amico che ha dato la sua vita per lui sulla Croce. Il corpo disposto con le braccia a formare una croce rappresenta la vita data da Cristo e la vita ricevuta dal santo. Il gesto del crocifisso-resuscitato, che porta san Domenico a ridare vita al piccolo giovane caduto da cavallo e ai pellegrini inglesi.
Nel settimo modo continua il movimento delle braccia, estendendole decisamente verso il cielo, con le mani un po’ unite e un po’ aperte, come se stesse ricevendo qualcosa dal cielo. La tensione di tutto il suo essere mostra il desiderio di stare con Colui che sta nel cielo e di stare con noi ogni giorno. Il suo corpo, come anche il suo cuore, testimonia la sua supplica che si eleva, che si slancia come una freccia: conosce Colui al quale si dirige e sa che la sua preghiera sarà ascoltata perché corrisponde a quella di Cristo: la promessa di inviarci lo Spirito Santo.
È il momento dell’incontro con Dio in un dialogo faccia a faccia. Questi tre modi di pregare girano intorno ad un atteggiamento: quello dell’incontro con Dio faccia a faccia, come con un amico.
Nell’ottavo modo di pregare, san Domenico è seduto su un tavolo, legge e ascolta ciò che il Signore gli dice attraverso la sua Parola, e nell’ultimo modo lo si vede mentre si mette in cammino con un amico, per trasmettere al mondo ciò che ha contemplato. San Domenico illustra in questo modo l’amicizia di Gesù con i suoi amici. Un’amicizia nella quale ci si prende del tempo per stare seduti insieme, ma anche per incamminarsi lungo le strade condividendo se stessi. Questi ultimi due modi sono preordinati intorno al dono: il dono di Dio nella sua Parola e nella sua vita, il dono di Dio che porta a donare e a donarsi.
I nove modi di preghiera si dividono quindi in tre tappe: l’accettazione, l’incontro, il dono. Ci permettono di entrare in un cammino di salvezza per curarci dal disprezzo di noi stessi e di ascoltare il Signore che ci dice: ti accolgo come sei; tu sei mio amico, sii fecondo, dai frutto.
La preghiera con il corpo può creare una maggiore intimità con Dio?
Suor Catherine: È precisamente il percorso che propone questo libro, ovvero di entrare in un cammino di interiorità, e il corpo rappresenta un aiuto prezioso in questa pedagogia. Ci rendiamo conto che l’antropologia biblica dà alle diverse parti del corpo funzioni specifiche, dinamiche, che simboleggiano anche le intenzioni del corpo. Ad esempio, il collo può rappresentare il luogo dell’onore, del peso, ma anche dell’affetto o dell’umiltà. In questo modo si passa dal “collo del corpo” al “collo del cuore”. Intervista a suor Catherine Aubin OP – Zenit