
La posizione della Chiesa – che in questa materia esprime non un articolo di fede ma la verità sull’uomo che l’intelletto può riconoscere – è chiarissima fin dalla Istruzione della Congregazione per la Dottrina della Fede “Donum Vitae” (1987), e ribadita da numerosi altri interventi magisteriali (Pontificia Accademia per la Vita, X Assemblea Generale, Comunicato Finale su “La Dignità della Procreazione Umana e le Tecnologie Riproduttive. Aspetti Antropologici ed Etici”, febbraio 2004; Giovanni Paolo II, Messaggio del Santo Padre Giovanni Paolo II in Occasione della Festa della Famiglia Organizzata dalla Diocesi di Roma, 6 febbraio 1999; Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica “Evangelium VItae” sul Valore e l’Inviolabilità della VIta Umana, 1995, n. 14): la fecondazione artificiale non è mai ammissibile in quanto sostituisce all’atto coniugale degli sposi un atto tecnico di laboratorio. Non può pertanto essere richiesta né dalla donna né dall’uomo.
Le dimensioni unitiva e procreativa proprie del matrimonio, infatti, sono fra loro inscindibili. La tecnologia, che deve essere a servizio dell’uomo, potrà essere validamente utilizzata nel matrimonio a fini procreativi solo nella misura in cui rappresenta un “aiuto” all’atto coniugale e non una sua sostituzione.
“L’intervento medico è rispettoso della dignità delle persone quando mira ad aiutare l’atto coniugale sia per facilitarne il compimento sia per consentirgli di raggiungere il suo fine, una volta che sia stato normalmente compiuto. Al contrario, (…)accade che l’intervento medico tecnicamente si sostituisca all’atto coniugale per ottenere una procreazione che non è né il suo risultato né il suo frutto: in questo caso l’atto medico non risulta, come dovrebbe, a servizio dell’unione coniugale, ma si appropria della funzione procreatrice e così contraddice alla dignità e ai diritti inalienabili degli sposi e del nascituro” (Donum Viae, II, n. 7).
In questo senso, è lecita, ad esempio, la stimolazione ovarica per indurre farmacologicamente l’ovulazione in una donna con cicli anovulatori; in alcuni specifici casi, si può ammettere l’INSEMINAZIONE (non fecondazione) artificiale omologa, ricordando sempre che “se il mezzo tecnico facilita l’atto coniugale o l’aiuta a raggiungere i suoi obiettivi naturali, può essere moralmente accettato. Qualora, al contrario, l’intervento si sostituisca all’atto coniugale, esso è moralmente illecito” (Donum VItae, II, n. 6).
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dottoressa Claudia Navarini