Pochi giorni fa, aprendo il programma di posta elettronica, ho trovato l’invito a partecipare a una webinar, una conferenza trasmessa su una piattaforma on-line. Argomento proposto era l’impatto che l’ideologia gender avrà sul modo di rappresentare le persone nei media. Queste le euforiche parole di presentazione: «Stiamo assistendo ad un’incredibile evoluzione nell’identità di genere e ci stiamo allontanando rapidamente dai vari “o….o”. Che effetto avrà questo annebbiamento dei generi sulla pubblicità, sui media e sulla cultura quando entrerà nel mainstream?».
Nessun cenno, ovviamente, al conflitto che ciò sta generando all’interno delle società (non si deve disturbare il business). Pam Grossman, direttrice di Getty Images Visual Trends, nucleo di esperti che si occupa dell’analisi e dell’anticipazione delle tendenze future dei trend visivi, spiega nella conferenza cosa ci aspetta anche in termini, sostiene lei, di “opportunità”. Getty Images è una delle più grandi banche immagini del mondo, le cui fotografie appaiono su giornali, riviste e pubblicità e contribuiscono a modellare il modo di concepire la realtà. In particolare, il concetto centrale è quello di Genderblend cioè la “sfocatura dei generi” e, ancora, tradotto dalla neolingua, mescolanza di maschile e femminile o creazione di un linguaggio visivo androgino.
Secondo questa tesi tutto ciò può avere effetti positivi sulle campagna pubblicitarie: «scopri come il tuo branding visivo e le tue campagne possono trarre vantaggio dalla sfocatura della linea tra i generi».
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Il Genderblending è, nell’ideologia del gender, la ribellione ai ruoli sessuali definiti e l’intrapresa consapevole di una strada di liberazione dal genere che porta al travestitismo e a tutte le forme di attivismo queer cui ci stanno catechizzando ossessivamente da qualche anno.
Qui si prospetta un passo ulteriore. Si spiega agli investitori e alle aziende come potranno lucrare dagli effetti di queste campagne e come si stiano preparando le grandi aziende che forniscono immagini e video e disegni pronti per le campagne pubblicitarie o per i corredi iconografici di libri e periodici. In occasione di tali conferenze si forniscono esempi chiari, lampanti: la foto di un maschietto vestito come una star androgina, con occhiali “glitter” e trucco femminile; un altro vestito da fatina o da angioletto (non si comprende), molte persone dal sesso indecifrabile ma ammiccanti, felici, nella loro nuova situazione androgina.
Insomma, gli arsenali visivi delle majors delle immagini si dotano di un’ulteriore potenza di fuoco per invadere ogni spazio dell’informazione visiva da riversare sui nostri figli negli anni.
Tutto questo è già in atto nella gran parte dei canali televisivi della fascia infantile, pieni di trasmissioni dove i bambini non sono più chiaramente maschi o femmine ma genderblender.
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L’assalto alla ragione sembra ormai una campagna militare, purtroppo. Così scrivendo riporto anche le mie preoccupazioni di papà.
Mario Iannacone – Avvenire