
Riva di Chieri, Torino, 2 aprile 1842 – Mondonio, Asti, 9 marzo 1857. Ancora bambino decise quale sarebbe stato il suo progetto di vita: vivere da vero cristiano. Tale desiderio venne accentuato dall’ascolto di una predica di don Bosco, dopo la quale decise di divenire santo. Da questo momento, infatti la sua esistenza fu piena d’amore e carità verso il prossimo, cercando in occasione di dare l’esempio. Nel 1856 fondò la Compagnia dell’Immacolata e poco più tardi morì, lasciando un valido e bel ricordo della sua persona ai giovani cristiani.
Domenico nasce nel paese di Riva di Chieri il 2 aprile del 1842. Il Papà si chiamava Carlo, di mestiere faceva il fabbro, la mamma Brigida. Domenico, in famiglia veniva chiamato Minot, aveva due anni quando la famiglia decise di trasferirsi andando ad abitare a Murialdo. La buona condotta di Domenico, la sua conoscenza del catechismo fecero in modo che venisse ammesso alla Prima Comunione all’età di sette anni. Per quei tempi era qualcosa di straordinario se si considera che l’età richiesta per questo sacramento era di 11 – 12 anni. L’8 aprile domenica di Pasqua per la prima volta ricevette Gesù Eucaristia. Alla sera di quello stesse giorno scrisse i famosi propositi. “Ricordi fatti da me Savio Domenico l’anno 1849 quando ho fatto la Prima Comunione essendo di 7 anni. 1° Mi confesserò molto sovente e farò la comunione tutte le volte che il confessore mi darà licenza. 2° Voglio santificare i giorni festivi. 3° I miei amici saranno Gesù e Maria. 4° La morte ma non peccati”.
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Domenico cammina con la storia
Domenico Savio nasce in Piemonte, il re è Carlo Alberto. E’ il 1846 quando è eletto papa Pio IX, è scoperta la nitroglicerina ed il pianeta Nettuno. La prima partita ufficiale di baseball è giocata a New York nel 1847, nello stesso anno il poeta e patriota genovese Goffredo Mameli scrive Fratelli d’Italia. Nel 1848 il re Carlo Alberto promulga la costituzione per lo Stato del Piemonte, Milano insorge contro gli austriaci nelle celebri “5 giornate” è l’inizio della Prima guerra d’indipendenza italiana. Nel 1849, quando Domenico faceva la Prima Comunione la guerra infuria, Venezia si ribella al potere austriaco, Roma insorge contro il potere temporale del Papa e viene proclamata la repubblica, ma nel giro di qualche mese tutto torna come prima. Carlo Alberto sconfitto a Novara abdica in favore del figlio Vittorio Emanuele, ha termine la I guerra d’indipendenza italiana.
Scolaro a Castelnuovo
Nel 1852, Domenico frequenta la scuola di Castelnuovo, dove maestro è don Allora. Per poter andare a scuola Domenico deve percorrere a piedi, tra andata e ritorno, circa 8 chilometri al giorno. Spesso il vento o il gelo non rendevano facile il viaggio, né tanto meno il sole ed il caldo. Nella stagione calda, altri ragazzi erano soliti fare il bagno nel fiume o negli stagni che si trovavano lungo il tragitto. Un giorno due compagni invitarono Domenico a fare il bagno, per trovare un po’ di refrigerio al caldo. Domenico accettò. Tornato a casa raccontò l’accaduto alla madre. La buona madre, spiegò i pericoli ai quali poteva andare incontro. Qualche giorno dopo gli fu rivolto nuovamente l’invito a prendere un po’ di fresco facendo il bagno, questa volta la risposta di Domenico fu diversa dalla volta precedente, in modo fermo e deciso rifiutò l’invito con una chiara motivazione, non voleva venire meno alla promessa fatta alla madre, ed in questo modo onorare la fiducia che i genitori riponevano in lui. Il suo comportamento a scuola era esemplare. Con i compagni studiosi e diligenti allacciava subito buoni rapporti di amicizia, con quelli insolenti e svogliati, che pensavano più ad altro che allo studio, manteneva dei rapporti cordiali senza approfondire il rapporto di amicizia.
Domenico e la sua famiglia si trasferisce a Mondonio, di conseguenza dovrà cambiare anche scuola, suo nuovo maestro sarà don Cugliero. La sua permanenza alla scuola di Mondonio è ricordata in particolare per l’episodio della stufa. Don Cugliero una mattina era in ritardo, approfittando di questo, alcuni compagni di classe misero della neve nella stufa a legna che riscaldava l’aula, una nube di fumo riempì quell’ambiente. Il maestro, giunto in classe, chiese chi fosse il colpevole, venne accusato Domenica, il quale però non si discolpò. Quando la verità venne a galla, don Cugliero chiese a Domenico il perché di quel gesto e lui così rispose: “Quel tale, essendo autore di altre monellerie sarebbe stato cacciato di scuola. Io invece speravo di essere perdonato, visto che era la mia prima mancanza. Del resto Gesù, non venne anche accusato ingiustamente?”.
E’ il 1850 quando il governo piemontese vara la Legge Siccardi contro i poteri della Chiesa. Nel 1852 quando la famiglia Savio trasloca a Mondonio, il conte Camillo Benso di Cavour diventa Primo Ministro del Regno del Piemonte. L’opera riformatrice di Cavour porterà nel piccolo stato sabaudo una ventata di modernizzazione. Negli Stati Uniti viene pubblicato il romanzo La capanna dello zio Tom, che denuncia le persecuzioni razziste a cui sono soggetti i neri.
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Incontro con Don Bosco
Nel 1854, nel mese di ottobre, don Bosco con i suoi ragazzi si trovava presso la sua casa dei Becchi. Don Cugliero gli aveva parlato di un ragazzo desideroso di studiare e molto buono. Lunedì 2 ottobre di buon mattino, Domenico accompagnato dal papà si presenta a don Bosco. Don Bosco voleva conoscere questo ragazzo di cui don Cugliero diceva un gran bene, si misero un po’ a discutere su vari argomenti, al termine della chiacchierate Domenico chiese a don Bosco: “ebbene, cosa gliene pare?”. “Mi pare ci sia della buona stoffa” rispose don Bosco. Domenico riprese: ” A cosa può servire questa buona stoffa?”, la risposta del santo dei giovani fu a tema, si poteva fare un bell’abito per il Signore. Domenico riprese: “Io sono la stoffa, lei ne sia il sarto, mi prenda con lei e farà un bell’abito per il Signore”. Don Bosco volle provare le capacità di studio di Domenico, prese un libretto, le letture cattoliche, scelse una pagina e gli disse di studiarla, e quando si sarebbe sentito pronto di ripetergli il contenuto. Don Bosco intanto si trattenne a discutere col papà di Domenico, dopo circa 10 minuti il giovane tornò pronto per ripetere la sua lezione. Don Bosco non ebbe più alcun dubbio, ed accettò quel ragazzo con se a Valdocco.
La vita all’oratorio
Giunto all’oratorio, Domenico fece visita a don Bosco nel suo ufficio. Rimase colpito da una scritta che faceva mostra di se su una tabella appesa ad una parete: “Da mihi animas caetera tolle”. Don Bosco gli spiegò che era una frase latina ed era una sorta di preghiera che rappresentava il motto del suo operare: “Dammi le anime e tieniti tutto il resto”. Quella breve spiegazione fu subito recepita da Domenico: aveva capito che lì si faceva commercio di anime e non di soldi. Un giorno accadde qualcosa che all’inizio lo sconvolse, due suoi compagni di scuola litigarono a tal punto da sfidarsi a colpi di pietra. Quando i due contendenti si posero l’uno di fronte all’altro con le pietre in mano, pronti a scagliarsele, Domenico si pose in mezzo tenendo in mano bene in alto il crocefisso che portava al collo poi disse ai due: “Gesù Cristo innocente morì perdonando i suoi crocifissori, io peccatore voglio offenderlo e fare solenne vendetta”. Quella azione colse di sorpresa i due sfidanti, che volevano bene a Domenico, si pentirono di quanto stavano per fare e si riappacificarono.
Il gioco piaceva tanto a Domenico.
Era il primo nelle ricreazioni, anche se a volte per far fare i compiti a qualche compagno ne faceva a meno. Gioco preferito era “Cirimella”, i compagni facevano a gara per averlo in squadra. Domenico usava il gioco come strumento, era facile che nel bel mezzo della partita chiedesse al compagno: “Verrai con me sabato a confessarti?”. Il compagno, preso dalla foga diceva subito di si, poi Domenico faceva il resto, al sabato gli ricordava l’impegno al quale andavano assieme. Era quello che oggi potremmo definire un leader, un animatore. Quando riusciva a procurarsi qualche premio, magari vinto da lui, faceva delle piccole gare a quiz sul catechismo, interrogava quei ragazzi più discoli e poi provvedeva a premiarli e così a farseli amici. Una sera, durante le preghiere, fu colpito dal pensiero che don Bosco stava dando come impegno di vita, invitava tutti a farsi santi. Questo è quello che Dio vuole da ciascuno di noi, ed un gran premio è preparato per ognuno che riuscirà. L’idea di farsi santo gli tornava spesso in mente, cercava in tutti i modi di comprendere quale poteva essere la strada per arrivare a questa ambitissima meta per un cristiano. Iniziò col fare delle penitenze come ad esempio dormire ad inverno inoltrato senza coperte. Quando don Bosco lo venne a sapere lo richiamò. Non era quello il modo corretto, pensò lui a dargli la ricetta: 1° Esatto adempimento dei propri doveri; 2° far del bene agli altri e del male a nessuno; 3° sempre allegri. Don Bosco chiese a Domenico come stile di vita, per farsi santo, una moderata e costante allegria. Domenico prese alla lettera quella ricetta migliorandosi ogni giorno.
Il ragazzo che parlava con Dio
E’ questo un argomento che lascia le persone ammirate e piene di interrogativi ogni volta si citano alcuni fatti. Domenico entrava in intenso dialogo con Dio, a tal punto da dimenticare tutto il resto. Un giorno mancò per tutta la mattinata, lo cercarono da tutte le parti ma senza risultato. Avvisarono don Bosco, che forse intuì dove poteva essere. Lo trovò in chiesa dietro l’altare nei pressi del tabernacolo, se ne stava come assorto quasi in un altro mondo, Don Bosco lo chiamò, gli fece notare che l’ora del pranzo era già passata, Domenico era rimasto lì diverse ore senza rendersene conto. Successe anche che un giorno Domenico si presenta nell’ufficio di Don Bosco dicendogli: “Venga con me, c’è una bella opera da fare”. Don Bosco lo seguì quasi in silenzio, i due uscirono dall’oratorio, e giunsero ad una casa davanti alla porta della stessa, Domenico disse: “E’ qua che deve entrare” e quindi andò via. In quella casa c’era un moribondo che desiderava confessarsi dopo tanti anni, don Bosco riuscì a raccogliere la sua sincera confessione, a dargli il perdono di Dio Misericordioso, e l’uomo spirò in pace. Qualche giorno dopo questo fatto, don Bosco chiese a Domenico come facesse a sapere di quella persona, Domenico lo guardò con aria triste e scoppiò a piangere, don Bosco non gli chiese più nulla, aveva capito che quel ragazzo aveva uno speciale rapporto con Dio. In oratorio ognuno era amico di Domenico, a questi diceva una frase che è il riassunto della ricetta di don Bosco per diventare santi: “Noi qui facciamo consistere la santità nello stare molto allegri”. In un’altra occasione Domenico chiese a don Bosco che voleva andare a casa, la mamma aveva bisogno di lui. Don Bosco gli chiese come sapesse di questa malattia, Domenico rispose che lo sapeva e basta, poi aggiunse: “La madonna vuol guarirla”. Don Bosco intuì che c’era in lui qualcosa di straordinario, di non umano, ed acconsentì. Domenico si recò a fare visita alla madre, giunto a casa, le vicine cercarono di non farlo entrare nella camera della madre, ma lui riuscì a farlo. La madre era meravigliata della sua presenza inaspettata, nel salutarla le appese al collo un nastro di color rosa a cui era appeso un pezzetto di seta cucito come un abitino. La mamma guarì il 12 settembre, in quello stesso giorno dava alla luce Caterina, sorellina di Domenico. A motivo di questo Domenico Savio è protettore delle partorienti.
La compagnia dell’Immacolata
Il Papa Pio IX, proclamava l’8 dicembre 1854 il dogma della Immacolata Concezione. Domenico voleva onorare la Madre di Gesù. Chiese aiuto a qualche compagno più grande, ed insieme a loro tracciò un regolamento per un gruppo speciale che in onore della madonna seguisse la via verso la santità. Si impegnavano ad aiutare i propri compagni, ad osservare le regole dell’oratorio, e di occupare con saggezza il tempo. Loro impegno era, oltre la frequenza assidua dei sacramenti, lo scegliersi tra i ragazzi dell’oratorio, quelli più “difficili”, specialmente tra i nuovi arrivati, e quindi impegnarsi nel condurli al Bene. Diversi compagni dell’oratorio testimonieranno che era proprio di Domenico pronunciare frasi del tipo: “Vorrei conquistare a Dio tutti i miei compagni”. Stilarono il regolamento e l”8 giugno del 1856 lo proposero a don Bosco il quale lo approvò. Era nata la Compagnia dell’Immacolata.
Al termine della vita
Ma qualcosa non andava bene nella salute di Domenico. Spesso si sentiva fiacco, con poca forza, ed era costretto a restare a letto. Don Bosco chiese un consulto medico. Si pensò di farlo andare a casa, forse il respirare l’aria del paese natio gli avrebbe fatto bene. Giunto a casa, sembrò che le cose andassero per il meglio, ma ben presto fu costretto a rimettersi a letto. Fu chiamato il medico, questi come rimedio gli praticò dei salassi (fuoriuscita del sangue dalle vene ottenuta con delle incisioni). La pratica dei salassi non era certo una cosa piacevole, il medico lo esortò ad avere pazienza, Domenico rispose: “Cosa vuole che sia un taglietto in confronto ai chiodi piantati nelle mani e nei piedi di Gesù”. La situazione si aggravò. Gli fu amministrata la comunione e ricevette l’olio dell’unzione. Chiese al padre di aiutarlo a recitare le preghiere del cristiano. Terminate le preghiere parve addormentarsi, ma poi si destò e con voce chiara e serena esclamò: “Oh! Che bella cosa io vedo”, e senza fare alcun movimento spirò. Era il 9 marzo del 1857, Domenico non aveva ancora compiuto 15 anni.
In questi ultimi due anni della vita terrena di Domenico Savio, la scena politica italiana è caratterizzata dallo sviluppo industriale dello stato dei Savoia. Il Primo Ministro Camillo di Cavour, da abile tessitore sta preparando il terreno che porterà alla nascita del regno d’Italia, proclamato da Vittorio Emanuele II nel 1861.
Oltre la morte
La notizia della morte di Domenico, fu comunicata a don Bosco dal papà del Savio. Un’ondata di tristezza si abbatté su Valdocco. Tanti compagni lo piansero. Il ricordo di Domenico era l’argomento di discussione tra i suoi compagni. Nel maggio del 1857, appena due mesi dopo la sua morte, durante le preghiere della sera, un giovane chiese a don Bosco: “Quale fu il mezzo usato da Domenico Savio per diventare così buono?”. Don Bosco ci pensò su un attimo, poi diede una risposta semplice e breve: “Ubbidienza e gran confidenza nel direttore spirituale”. Risposta semplice e breve ma non facile da vivere. Domenico aveva il suo direttore spirituale a cui apriva il suo cuore perché lo aiutasse a farsi santo. Era ubbidiente, sia ai genitori, come agli educatori, cosa non sempre facile da vivere. Il cammino verso la santità riconosciuta dalla Chiesa, è scandito da alcune tappe. Il 4 aprile del 1908, sì da inizio al processo di canonizzazione Il 9 luglio del 1933 è dichiarato Venerabile, l’anno dopo don Bosco è proclamato santo. Il 5 marzo del 1950 la Chiesa lo proclama Beato. Il 1950 è anno di grazia per la famiglia salesiana, infatti, Madre Mazzarello è proclamata santa. Il 12 giugno del 1954 è sabato, nella basilica di San Pietro in Roma, Pio XII dichiara Santo Domenico Savio. E’ il più giovane santo non martire della Chiesa Cattolica nei suoi 2000 anni di storia.