
Regali di Natale. Da dove nasce l’usanza? L’ha spiegato il Papa nell’Angelus di domenica. «L’usanza si comprende a partire dal fatto che Gesù è dono di Dio all’umanità», ha detto. Di qui «la bella tradizione di scambiarsi doni tra familiari e amici a Natale». Tradizione che «rischia di perdere il suo autentico senso sotto l’urto di una certa mentalità consumistica». Come è passato sulla stampa tutto ciò? Più o meno così: “Il Papa contro il consumismo”
Come è passato sulla stampa tutto ciò? Più o meno così: “Il Papa contro il consumismo”. Non è proprio il momento, rintuzzano gli economisti. I consumi sono già drammaticamente caduti in tutto il mondo, dallo scoppio della bolla speculativa di Wall Street 32 mesi fa. Metti i rincari da euro, le ombre della guerra che s’addensano, le pile scariche della produttività, i prezzi delle merci in calo in tutto il mondo sviluppato (tranne che in Italia, ma questo è un altro discorso). In Usa, questo calo va da meno 5 per cento a meno 20 (computers ed elettronica). Ci sono troppe merci e pochi compratori. O troppo poco potere d’acquisto. La chiamano sovrapproduzione. La chiamano deflazione. Comunque la chiamino, è il risultato di un liberismo finanziario che da decenni ha retribuito il capitale più che il lavoro, ossia ha favorito produzioni gigantesche di merci, ma ha diminuito i salari di chi doveva comprarle. Il commercio mondiale è diminuito di tre punti, il che significa miliardi (di dollari) in meno per industrie e commercio.
La cosa è grave, perché mette in pericolo alla radice il sistema del benessere di massa. Se stiamo tutti meglio rispetto ai nostri bisnonni, se le merci abbondano e costano meno che un secolo fa, se possiamo andare alle Maldive e a Sharm El-Sheik, è perché i grandi volumi di beni e servizi hanno reso accessibili alla popolazione lussi un tempo riservati a pochi. Se andassero in aereo solo quelli che viaggiano per lavoro, i prezzi dei voli sarebbero proibitivi. Lo stesso vale per le auto o i telefonini.
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Così, in tempi di crisi e pile scariche, l’iperconsumo diventa una ricetta. E il governo s’avventa addirittura a fare spot per invitarci a spendere: se le masse si mettono a risparmiare sul superfluo, sono posti di lavoro che scompaiono, e di conseguenza altro potere d’acquisto che sparisce, e la crisi si avvita in una spirale senza fine. Come nel 1929.
Ma come la mettiamo con l’invito del Papa? Egli ha ricordato lo spirito del Natale, che è quello del donare. Saper spendere per coloro che amiamo, e per coloro che dobbiamo amare, ossia per chi ha bisogno. Spendere con intelligenza, non per istinto famelico. L’economia si rimette in moto anche così: saper spendere per sé o per gli altri, per l’economia è lo stesso.
Per l’economia. Per le statistiche. Per il mitico Pil, prodotto interno lordo. Ma vogliamo rivelarvi un segreto: nelle pieghe delle statistiche, che impongono alle masse il dovere dell’iperconsumo, resta spazio per la lieta povertà francescana, la volontaria frugalità. Spazi individuali. Che non intaccano le statistiche. Come consiglia l’Apocalisse: “uscite, popolo mio, da Babilonia”, quella per la cui fine “piangono e gemono i mercanti della terra” globalizzata. Quel “popolo mio”, di sicuro, non sarà una massa. Non lo è mai stato. Non intaccherà le statistiche.
di Maurizio Blondet – Avvenire