Siamo ancora liberi di dire che il porno è deprimente?

Trecento milioni di utenti visitano quotidianamente 260 milioni di siti pornografici. Il 75% sono uomini, il 25% donne, ma le proporzioni stanno rapidamente equilibrandosi in nome di una parità che in questo caso non fa onore a nessuno. Grazie anche a Internet, ma non solo, l’industria della pornografia è tra le più floride del mondo, visto che nel 2015 ha avuto profitti per 152 miliardi di dollari. Senza calcolare il sommerso. Non solo la parola “sex” è quella più cliccata su internet, non solo il 60% dei siti è di natura pornografica, non solo si calcola che ogni secondo vengano spesi nel mondo 3mila dollari per acquistare contenuti pornografici, ma questa invasione massiccia di sessualità falsa, degradante e banalizzante, ha conseguenze gravissime.

La prima è l’accettazione implicita. Se così fan tutti, vuol dire che dopo tutto è normale e non bisogna scandalizzarsi. Anzi, chi oggi si indigna per una scena di sesso hard, per uno spot carico di erotismo malato, è senz’altro un bigotto che non sta al passo con i tempi. Il senso del pudore è qualcosa che rischia di finire nell’archeologia dei valori. Ed è proprio l’obiettivo perseguito da chi muove l’industria del porno.

La seconda conseguenza è la dipendenza conclamata che vuole dire patologie neuro-funzionali, difficoltà relazionali, ansia, depressione, psicosi e disfunzioni sessuali. Le vittime sono soprattutto giovani e giovanissimi, ma non solo. Ci sono anche adulti che, a causa di questa dipendenza, mandano a rotoli famiglia, lavoro, relazioni. Ma se ne parla troppo poco. Sia a livello scolastico, sia pastorale.

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Per questo un’iniziativa come quella sostenuta da varie associazioni (Puri di cuore, Age, Agesc, Alleanza Cattolica, Felceaf, la federazione dei centri di aiuto alla famiglia) merita di essere sostenuta e promossa. Si tratta di un ciclo di incontri intitolato “Il porno fa male, liberi tutti”. Protagonisti del tour lo psicoterapeuta Usa, Peter Kleponis, e il sacerdote cattolico, anche lui americano, Sean Kilcawley. Tutti gli incontri sono organizzati da “Puri di cuore”, l’associazione messa in piedi da Luca Marelli, 53 anni, imprenditore comasco, 4 figli e un passato di dipendenza dalla pornografia: «Ho lottato per oltre dieci anni con questo male oscuro e ne sono uscito grazie alla misericordia di Dio. Credo che il mio cammino nello Spirito possa essere un aiuto per tutti coloro che stanno vivendo la mia stessa sofferenza». (L.Mo.)

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