Stalin a Togliatti: colpire i cattolici

Nel dicembre 1949, duran­te le celebrazioni del set­tantesimo anniversario di Stalin, si radunarono a Mosca tutti i dirigenti dei paesi del blocco sovietico e del movimen­to comunista internazionale.
Stalin ebbe incontri personali con i più importanti tra loro, e tra questi il 26 dicembre ricevet­te Togliatti.

Il verbale di questo incontro non si trova negli archivi di Mosca, perché esso si svolse in russo, e non richiedeva quindi la presen­za di un traduttore, che ne a­vrebbe trascritto il verbale. Il contenuto dell’incontro ci è noto per la sintesi fattane da Togliatti, il cui testo si trova nelle carte di Togliatti, presso la fondazione dell’Istituto Gramsci. Il docu­mento è stato ampiamente cita­to in un saggio del 1992 da Silvio Pons, che però in quel periodo non poteva essere certo dell’i­dentità dell’interlocutore di To­gliatti, indicato soltanto con la lettera S2.

L’importanza del documento è data dal fatto che questo fu il pri­mo incontro tra Togliatti e Stalin dopo quello avvenuto prima del­la partenza di Togliatti da Mosca nel marzo 1944. I due leader discussero sia la situazione interna italiana che quella internaziona­le. Anche se i contenuti del colloquio sono riportati da Togliatti in modo sommario, e nonostante l’andamento altalenante del di­scorso che passa più volte dalla situazione interna del Pci e del­­l’Italia a quella internazionale, sono chiari i temi dominanti.

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Nel caso italiano, la conversazio­ne verte sulla questione dei rap­porti di forza all’interno del pae­se e sulle prospettive di una par­tecipazione comunista al gover­no e di un’eventuale presa del potere. Di fronte all’eterna alter­nativa tra un’azione insurrezio­nale e la crescita graduale del consenso popolare attraverso metodi legali, è Togliatti a porre la domanda cruciale: «Si può for­zare?», per mostrare la sua di­sponibilità di fronte alla costante pressione dell’ala estremista del partito rappresentata da Secchia; ed è Stalin a indicare, invece, l’o­biettivo di un «governo borghese con partecipazione comunista» come «primo passo», e aggiunge: «Un vero governo democratico si può avere solo con azione extra­parlamentare – oggi non realiz­zabile ». Entrambi sono concordi nella strategia di puntare sulla parola d’ordine di un «governo di unità nazionale», cioè di tornare alla situazione esistente prima del­l’estromissione delle sinistre dal governo nel 1947. Secondo Stalin, la forza politica più pericolo­sa per i comunisti è la Chiesa cattolica, e per colpire questo temibile «avversario» suggerisce di «non attaccare» direttamente la religione, ma le sue organizzazioni.
Il tono ottimista dell’incontro si spiega con il cambiamento della «correlazione delle forze» a favo­re del blocco sovietico, avvenuto proprio nei mesi precedenti con l’acquisizione della bomba ato­mica da parte dell’Urss e la vittoria comunista in Cina.

Il secondo documento rappre­senta una parte del telegramma del ministro degli Esteri sovietico Andrei Vyshinsky all’ambasciato­re sovietico in Italia Mikhail Ko­stylev che contiene la lettera del Politburo a Togliatti del 21 giu­gno 1952. Il Politburo, in seguito alla richiesta di Nenni di essere ricevuto da Stalin, chiede a To­gliatti di chiarire le vere intenzio­ni del leader socialista. Da tem­po Togliatti, con grande abilità, ’curava’ i rapporti tra Mosca e il Psi: forniva dettagliate informa­zioni sulla situazione all’interno del Partito socialista, suggerendo come rafforzare la posizione di Nenni nella Direzione e consi­gliando come meglio sfruttare la nota ’vanità’ del leader sociali­sta.
La decisione sovietica nel 1952 di insignire Nenni del pre­mio Stalin fu discussa con To­gliatti, ricevendo la sua piena ap­provazione.

Ogni autonoma mossa del leader socialista non concordata con Togliatti diventava nota a Mosca, provocando immediatamente sospetti. Così fu quando Nenni, nel marzo 1952, incontrò De Ga­speri senza informare Togliatti sul contenuto dell’incontro. La successiva richiesta di Nenni di essere ricevuto da Stalin a Mosca dopo la cerimonia del conferi­mento del premio diede luogo alla decisione del Politburo di mandare, attraverso l’ambascia­tore Kostylev, questa lettera a To­gliatti per ricevere da lui chiari­menti su scopi e contenuti del­l’incontro di Nenni con De Ga­speri. Mosca indicò a Togliatti che qualsiasi apertura del Psi verso il governo sarebbe stata ac­cettata da Mosca soltanto «a condizione che le basi america­ne sul territorio italiano vengano liquidate». Il Politburo chiedeva a Togliatti di assicurare che Nen­ni avrebbe condiviso questa im­postazione e non l’avrebbe rin­negata nel corso delle trattative con De Gasperi. Solo dopo le ras­sicurazioni di Togliatti a Nenni venne concesso l’incontro con Stalin. Nenni fu così l’ultimo po­litico occidentale ad incontrare il dittatore sovietico al Cremlino e ad avere con lui un lungo collo­quio.

Il resoconto stenografico del col­loquio non è stato ancora rinve­nuto negli archivi di Mosca, ma Nenni nei suoi Diari ne ricostruì il contenuto. La visita del luglio si svolse in un’atmosfera di gran­de cordialità e di unità di vedute. «Un segno tangibile dell’apprez­zamento di Stalin fu la decisione del Politburo del 29 luglio 1952 di concedere al Psi nuovi finan­ziamenti in aggiunta a quelli già stanziati per il 1952».

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La lettera dal vertice sovietico a Togliatti getta luce sul rapporto tra Stalin, Togliatti e Nenni, confermando, tra l’altro, la diffiden­za che la leadership del Cremlino continuava a nutrire verso il lea­der del Psi, malgrado tante di­mostrazioni della sua affidabilità nel mantenere l’unità d’azione con il Pci e nel seguire la linea della politica estera staliniana.

di Elena Aga-Rossi e Victor Zaslavsky – Avvenire 2007

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