Chi non è comunista non può rendersi conto della sconvolgente portata che ha per un credente nel marxismo, una guerra tra ’società socialiste’. É la smentita più drammatica fra tutte del futuro radioso, per sempre pacifico, che avrebbe dovuto ’inevitabilmente’ instaurarsi tra gli stati usciti dalla rivoluzione.
In realtà scontri armati tra stati ’socialisti’ se n’erano verificati anche prima d’ora: basti pensare all’invasione sovietica dell’Ungheria e della Cecoslovacchia; inoltre i rapporti tra parecchi stati ’socialisti’ sono da tempo rapporti di mera forza: si pensi a quelli tra l’Unione Sovietica e la Cina, o tra l’Unione Sovietica e molti dei suoi satelliti. Fino ad oggi tuttavia, non essendosi tali crudi rapporti di forza concretati in guerre guerreggiate, s’erano con acrobazie varie in qualche modo potuti mascherare, almeno agli occhi dei più disposti a credere (secondo il Vangelo: quelli che “hanno occhi per non vedere”). Non va però dimenticato che se i comunisti – i quali partono da una concezione teorica di per sé umanitaria – sono stati per tanto tempo disposti a compiere stragi d’ogni genere, è appunto perché li sorreggeva la convinzione di fondo che nel mondo nuovo, che sarebbe nato dalla loro azione rivoluzionaria, la violenza sarebbe stata poi per sempre ’scientificamente’ impossibile.
Adesso la guerra tra Viet Nam e Cambogia, e quella tra Cina e Viet Nam, non possono essere mascherate neanche agli occhi dei fedeli più creduli. I quali si trovano così di fronte alla realtà: tutta la complessa e grandiosa costruzione teorica – tanto minutamente congegnata – del marxismo-leninismo, si rivela per quello che è: niente altro che un’utopia […]
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Come mai la guerra? C’è già accaduto di scriverlo in altre occasioni: allo stesso modo che, coi mezzi e coi metodi previsti dal marxismo non è cambiata affatto nelle ’società socialiste’ la coscienza e la natura dei semplici cittadini, così non è cambiata neppure quella dei loro governanti (i quali possono pertanto seguitare a nutrire ambizioni e mire di potenza, e possono essere tentati dalle ricchezze e dai territori altrui, ecc.). Già questo basterebbe a spiegare la conquista della Cambogia da parte del Viet Nam.
Ma c’è di più. Con le due recenti guerre guerreggiate, e specialmente con quella in corso tra Cina e Viet Nam, potremmo trovarci di fronte a un fatto nuovo: l’avvio della repressione tra stati ’socialisti’. Si considerino gli opposti comunicati emessi dai contendenti e dall’URSS: sono intessuti di accuse parossistiche, abnormi, che richiamano singolarmente le accuse rivolte a suo tempo da Stalin prima a Trotsky, poi a Zinoviev, Kamenev, Bukharin, ecc., infine a tutti gli altri ’nemici del popolo’. Si fondano sulla medesima pretesa di correggere – e se del caso annientare – coloro che interpretano il socialismo in altro modo, di riportarli con la forza (atomica magari?) sulla via ’vero’ socialismo.
Se è così, non basta trarre da queste due guerre una conferma del fatto che l’enorme castello della dottrina marxista-leninista non è altro che una congerie d’utopie e di errori. Una guerra, qualunque guerra (anche quella oggi in corso, tra masse di miseri contadini ignoranti e fanatizzati, “vestiti di tela e con le scarpe di tela” come giustamente scrive Luigi Barzini, ma superarmati) si sa come comincia, ma non si può sapere come si svilupperà: potremmo trovarci di fronte a terribili rischi per l’umanità intera.
(*) dalla rivista Il settimanale, 7 marzo 1979. di Eugenio Corti
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[Da “L’esperimento comunista”, Ares, Milano 1991]