Sulla strada, a cercare chi è solo

Foto di Daniel Reche da Pixabay

Intervista dal Quaderno della Diocesi di Torino, per la Quaresima.

Abbiamo incontrato Paolo Botti, responsabile dell’associazione “Amici di Lazzaro” (tel. 340 4817498, www.amicidilazzaro.it), nella minuscola sede al pianterreno di via Bibiana 29, dove si svolgono ogni giorno le più disparate attività.

Quando e come è nata l’associazione?
Siamo nati nel 1997 da un incontro di preghiera e ascolto con i senza casa nella stazione Porta Nuova. Lì abbiamo incontrato anche le prime nigeriane, che prendevano il treno per andare a prostituirsi in altre città. Adesso ogni settimana due gruppi vanno a portare a queste persone conforto e amicizia. Poi abbiamo organizzato corsi di italiano per ragazze sfruttate, oggi aperti alle donne straniere in generale, e i doposcuola elementari e medie. Successivamente abbiamo iniziato a proporre attività di svago e animazione per bambini di famiglie disagiate o che vivono in comunità. Inoltre, seguiamo circa 100 famiglie in difficoltà, soprattutto ex vittime della tratta.

Perché proprio le nigeriane?
Perché, rispetto ad altre etnie, possiamo incontrarle più facilmente in quanto nessuno le controlla a vista. È più difficile, però, tirarle fuori dal giro a causa delle minacce che subiscono, della paura che venga fatto del male ai loro familiari, anche a quelli che vivono nei Paesi di provenienza. Nel 2013 ne abbiamo seguite 370.
Il vostro impegno prioritario non è quello di portare cibo e coperte a chi trascorre la notte in strada…
Di servizi del genere ce ne sono già tanti a Torino. Noi puntiamo sull’amicizia. Ogni anno incontriamo circa 100 persone senza tetto, molte delle quali non cercano aiuto perché hanno perso interesse per la vita: stando loro vicino, ricominciano a prendersi cura di sé, frequentano le mense e i dormitori, si tirano su. A coloro che si lasciano andare noi offriamo amicizia e preghiera, facendoli sentire “accolti”.

Loro sanno che siamo lì per loro, ci conoscono come persone, non come associazione. Tutte le settimane andiamo in 15 alla stazione Porta Nuova: prima ci sediamo per terra nell’atrio o all’aperto e preghiamo insieme, poi, in piccoli gruppi, raggiungiamo le diverse zone. Certo, ci portiamo sempre dietro una coperta o il tè caldo, ma andiamo soprattutto a parlare con loro, a creare rapporti di amicizia: è più facile, quindi, che portiamo un libro o cioccolatini piuttosto che vestiti.

Chi sono i volontari?
Hanno tutti tra i 20 e i 30 anni, studenti e lavoratori provenienti da ogni parte di Torino. Sono attratti soprattutto dall’aspetto dell’amicizia: in tutte le attività che proponiamo, compreso il doposcuola, l’amicizia si intreccia con gli aiuti concreti (ad esempio i pacchi per le famiglie bisognose) che distribuiamo grazie alle offerte di supermercati, del banco alimentare, di parrocchie, persone che ogni anno organizzano collette all’interno delle aziende in cui lavorano… Conosciamo bene tutte le persone che seguiamo, le loro storie, le loro difficoltà. L’amicizia è importante soprattutto per chi è solo, in particolare le vittime della tratta, che fanno riferimento a noi per tutti i loro bisogni. Per gli operatori di strada proponiamo corsi di formazione per capire il mondo della tratta, per sapere come aiutare queste donne e cosa possiamo e non possiamo fare per loro. Si insiste sul fatto che non devono pretendere che le persone incontrate accettino il nostro aiuto; viene sottolineato l’aspetto della gratuità: donare gratuitamente senza aspettarsi risultati o ringraziamenti. Perché se non c’è gratuità ti scoraggi, patisci le delusioni. È un messaggio che riusciamo a far passare ed è questo che rafforza il volontario e lo spinge a continuare. E la continuità è importante per costruire autentici rapporti di amicizia.

Il servizio che l’associazione svolge è nutrito dalla preghiera, dall’annuncio. Come “curate” questa dimensione?
In sede abbiamo volantini con la catechesi in tutte le lingue; ai bambini del doposcuola ogni anno diamo un dvd o un libro che spiegano il Natale e la Pasqua. Quella volta che abbiamo ricevuto in dono numerosi CD sulla vita di Gesù in arabo, sono venute a chiedercelo tantissime famiglie, conosciute e non. Coltiviamo molto l’aspetto missionario di annuncio agli stranieri. Ogni anno delle suore ci regalano migliaia di rosari di loro produzione (che inviano ai missionari) a cui sono allegati libretti in tutte le lingue. Li vogliono tutti. A Natale e Pasqua, inoltre, distribuiamo alle ragazze prostitute (non solo nigeriane) il Vangelo o preghiere nella loro lingua: sono preghiere scelte da noi per incoraggiarle, per aiutarle a uscire dalla disperazione. E ancora, l’8 marzo regaliamo a tutte le donne con cui entriamo in contatto una mimosa, del cioccolato e la preghiera di Giovanni Paolo II “Grazie a te donna”.
a cura di Patrizia Spagnolo – Quaderni di fraternità, diocesi di Torino

Contro i danni della propaganda queer nelle scuole

Pochi figli. Il problema è culturale