Tentativi di legalizzare lo “sfruttamento più antico del mondo”

Foto di Engin Akyurt da Pixabay

L’opinionista David Aaronovitch, del quotidiano Times di Londra, ha affermato di non vedere nulla di male nel sesso a pagamento fra adulti. Già da qualche tempo le autorità britanniche stanno discutendo su possibili modifiche alla normativa sulla prostituzione, anche se ogni intervento sembra essere stato per il momento messo da parte.

D’altra parte, sulla stampa inglese sono apparsi anche numerosi articoli contrari ad ogni forma di legalizzazione. Il Times ha riferito di un libro, pubblicato in Francia, scritto da una persona nota come Laura D., di 19 anni. Questa ragazza si è pagata il suo primo anno di università lavorando come prostituta e ha scritto questo libro per ammonire le altre a non seguire il suo esempio.

Nel libro, riferisce il Times, l’autrice descrive la sua esperienza come sgradevole e assimilabile ad una forma di dominazione economica. Racconta poi che, anche dopo aver lasciato l’attività, risulta difficile avere una relazione con l’altro sesso.

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Janice Turner, ha osservato che la gran parte delle donne coinvolte nella prostituzione desidera venirne fuori. Peraltro, secondo Turner, le case chiuse legalizzate in Olanda sono come dei “magneti per il crimine organizzato e gli spacciatori di droga”. La situazione, ha aggiunto, non è diversa anche nei centri legalizzati per la prostituzione nel Nevada, dove molte donne vengono spesso trattate in modo cruento.

Intanto, sul quotidiano canadese National Post è apparsa una risposta all’articolo di Jeet Heer. Secondo Barbara Kay, che ha firmato l’articolo, la prostituzione non può assolutamente essere considerata come un qualsiasi altro lavoro. “Le prostitute compiono un qualcosa che è essenzialmente disumano, per soddisfare istinti che in un mondo veramente ‘migliore’ sarebbero incanalati in relazioni più degne e feconde”, ha affermato Kay.

“Vendere il proprio corpo non è un comportamento di cui andare fieri perché, per la struttura psicologica del genere umano, il senso di autostima di una donna è invariabilmente legato al suo comportamento sessuale”, ha aggiunto.

Le vittime

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Nello stesso periodo in cui si parlava del caso Spitzer è stato pubblicato in Gran Bretagna un libro sulle politiche statali in materia di prostituzione. Il testo, dal titolo “Prostitution, Politics and Policy” (Routledge-Cavendish), scritto da Roger Matthews, riporta le conclusioni di 20 anni di ricerca e studio sul fenomeno della prostituzione.

Matthews, docente di criminologia presso la London South Bank University, evidenzia una serie di svantaggi legati alla prostituzione e alla sua legalizzazione. Coloro che favoriscono la sua depenalizzazione, osserva, considerano la prostituzione un reato senza vittime. Ma questa, secondo l’autore, è un’affermazione quanto meno superficiale.

Le persone coinvolte nella prostituzione, soprattutto le donne che la praticano ai bordi delle strade, rappresentano uno dei gruppi sociali più vittimizzati, sostiene Matthews. Molte delle donne coinvolte hanno un passato di abusi e di abbandono e una buona parte di loro sono tossicodipendenti. Le stime variano – osserva l’autore -, ma dagli studi svolti in diversi Paesi risulta che tra il 50% e il 90% delle prostitute da strada ha subito abusi e abbandoni nell’infanzia.

Queste donne sono anche le più esposte a problemi di alloggio, disoccupazione e povertà. La loro debolezza e bassa autostima spesso le rende vulnerabili allo sfruttamento da parte di chi le instrada alla prostituzione, aggiunge Matthews.

Contrariamente a coloro che dipingono la prostituzione come una libera scelta o un mezzo di liberazione per le donne, il docente sottolinea che molte donne la praticano per pagarsi la droga o altre necessità pressanti. Secondo i dati citati nel libro, sarebbero circa il 10-15% le donne costrette dai propri aguzzini a prostituirsi.

I media presentano spesso un’immagine accattivante della prostituzione, ma secondo Matthews “dietro l’apparente indipendenza e autonomia si cela un gran numero di donne disilluse, il cui senso di autostima è sempre più ridotto”. Un problema che diventa più grave via via che le donne avanzano nell’età e la loro attrazione sbiadisce.

Superficialità

Togliere le prostitute dalle strade e legalizzare la prostituzione può sembrare una soluzione, ma lo è solo da un punto di vista superficiale, spiega uno dei capitoli del libro.

Matthews prende in considerazione la situazione dello Stato australiano di Victoria e rileva che la legalizzazione della prostituzione non solo ha portato a una proliferazione delle case chiuse, ma anche a un aumento della prostituzione illegale. Le condizioni di lavoro, in molti casi, non sono migliorate. Anche la violenza sulle donne – un altro problema legato alla prostituzione – risulta aumentato con la legalizzazione.

Gli stessi problemi si sono verificati nei Paesi Bassi, osserva Matthews, tanto che recentemente le autorità hanno deciso di chiudere molti bordelli legali. Dall’esperienza tedesca, secondo l’autore, si può rilevare che la legalizzazione, anziché aver ridotto la diffusione della prostituzione da strada, l’ha incrementata.

Riguardo ai controlli sanitari che vengono svolti regolarmente nelle strutture legalizzate, Matthews sostiene che in realtà la loro efficacia risulta comunque scarsa, visto che non vengono effettuati sui clienti. Si tratterebbe quindi di verifiche di scarso valore, che potrebbero peraltro suscitare nelle persone un falso senso di sicurezza.

Offesa alla dignità

L’insegnamento della Chiesa sulla prostituzione è chiaro. Il Catechismo della Chiesa cattolica osserva che le persone coinvolte nella fornitura di questi servizi sono offese nella loro dignità, venendo ridotte a mero strumento di piacere sessuale. Il n. 2355 critica anche le persone che pagano, perché peccano gravemente contro se stesse.

Negli ultimi tempi la Chiesa ha posto una particolare enfasi sulla violazione della dignità umana procurata dalla prostituzione. Il documento conciliare “Gaudium et spes” elenca una serie di offese contro la vita e l’integrità della persona umana, tra le quali figura la prostituzione. Tali offese “guastano la civiltà umana”, afferma il documento (n. 27).

Nell’enciclica “Veritatis splendor”, il Papa Giovanni Paolo II riprende l’elencazione delle offese contenuta nella “Gaudium et spes“, considerandole come atti che sono per loro natura “intrinsecamente cattivi”, e quindi sempre gravemente illeciti (n. 80).

Giovanni Paolo II poi, anche nell’enciclica “Evangelium vitae“, richiama la stessa lista di delitti e attentati contro la vita umana, dicendo a trent’anni di distanza: “Ancora una volta e con identica forza li deploro a nome della Chiesa intera” (n. 3).

Benedetto XVI ha parlato dei problemi della prostituzione nel discorso che ha rivolto all’Ambasciatore della Thailandia presso la Santa Sede, richiamando la preoccupazione della Chiesa per “la piaga dell’AIDS, la prostituzione e il commercio di donne e bambini che continuano ad affliggere i Paesi della regione” del sud-est asiatico.

Il Pontefice ha deplorato la trivializzazione della sessualità nei mezzi di comunicazione sociale, che conduce al degrado delle donne e anche all’abuso dei bambini. Affrontare questi crimini porterà a una svolta decisiva di speranza e di dignità per tutti gli interessati, ha sostenuto il Papa. Sentimenti condivisi da molte persone preoccupate della sorte delle donne intrappolate nella prostituzione.

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