Testimonianza di Chiara, volontaria di strada

Foto di StockSnap da Pixabay

Sono in super ritardo perché questa cosa della testimonianza, anche se non sembra, mi ha messa in crisi (sì, forse dal tempo che ci ho messo l’avete intuito tutti). Fermarmi e chiedermi: perché vai in strada? Come stai? Cosa ti dà? Insomma, dopo un paio d’anni ho scoperto di andarci anche per abitudine (brutto a dirsi), certo, un’abitudine strana e scomoda. Mi sono scoperta diversa da Pier Giorgio Frassati, di fondo, non animata dalla stessa fede e umanità. Quello che ottengo sempre, quando torno il mercoledì sera dall’attività con voi, è una serenità di fondo. La stessa serenità che ho dopo aver pregato. Ora, non mi ritengo una mistica, però, dopo giorni di riflessioni, credo di poter dire che andare a trovare gli schiavi, come dicevi tu, Paolo, i nuovi schiavi, è come andare a trovare Cristo. Lo sento vero.

Negli anni ho visto tante facce, tante speranze e delusioni. Quello che mi colpisce sempre è la velocità con cui le ragazze tirano su una maschera, una corazza che è come se le rendesse cieche davanti alla realtà di quello che vivono. Noi le vediamo dopo pochi giorni che sono in strada e sono autentiche, poi cambia qualcosa e per ritrovare le vere persone che sono, ci vogliono mesi e tanta fortuna: trovarle in un momento di crisi forte.

Sono molto contenta quando riusciamo a parlare davvero, a raccogliere la storia delle ragazze e ricordarcela, portare avanti un dialogo (per quel che riusciamo) in più sere, ecco, questo a me dà l’impressione di riuscire davvero a creare un rapporto, uno vero, non fatto ad interrogatorio.

Sono felice quando diciamo che preghiamo per Valentina, Jessica, Jennifer (che per me sono sempre lo stesso nome!!), Sofia, Belinda e tutte e poi mi ricordo di farlo davvero, perché ricordarmi di pregare per ognuna di loro, non per la massa, mi lega ai loro volti. Come mi diceva un’amica: “E’ molto importante che la preghiera non sia associata ad una massa indistinta di cristiani più o meno bisognosi. Le preghiere sono fatte con molta più intensità se si associano a dei volti, a delle storie e delle situazioni concrete”.

Voglio aggiungere una cosa… una grande gioia? Quando si ricordano il mio nome, perché penso “allora la mia presenza ha un senso!!”.

Concludo:

Quando mi chiedono un episodio che mi abbia colpito in particolare dell’esperienza in strada mi viene in mente l’inverno di qualche anno fa, quando ero volontaria da poco e andavamo sullo stradone di Moncalieri (dove ora c’è il mega complesso con palestre e cinema). Il gruppo non era numerosissimo, le ragazze erano tante e io ero carica di giudizi pesanti nei confronti delle loro sfruttatrici e dei clienti e di tutti quelli che contribuivano a renderle schiave.

Insomma, abbiamo incontrato una ragazza e il nome, ci penso da giorni, non me lo ricordo, con cui abbiamo parlato del fatto che era sfruttata e che, insomma, la sfruttatrice era cattiva…dopo un po’ lei ha detto “non sono io che devo giudicare questa donna, Dio lo farà”. Ecco, questa per me è stata una lezione enorme, una lezione a livello spirituale. Se lo diceva lei che non poteva giudicare, allora io? Non che si debbano giustificare le azioni di quelle persone, perché sono crimini, ma è vero che noi siamo chiamati ad essere giusti e non giudici. La frase di questa ragazza me lo ricorda sempre.

Beh, spero non vi siate annoiati!

A presto! Chiara

Spose bambine, fenomeno grave anche tra gli immigrati

Adolescenti mandate in Europa da e per la famiglia