
Se oggi mi permetto di prendere la parola riguardo a quello che sta accadendo al signor Vincent Lambert è perché il suo caso, così particolare, è emblematico della società nella quale vogliamo vivere.
Anzitutto, il mio cuore di prete mi porta a pregare per lui, sottoposto
a tante pressioni, e la cui vita non può che dipendere da decisioni
fuori dal suo controllo. Già qualche anno fa aveva subito un arresto
dell’alimentazione e dell’idratazione al quale era sopravvissuto in modo
sbalorditivo. Quest’uomo di quarantadue anni, cerebroleso in seguito a
un incidente automobilistico, è attualmente severamente handicappato,
tetraplegico e degente in un letto al CHU di Reims. Il suo caso è assai
vicino a quello di Michael Schumacher, che per un trauma cranico ha
riportato gravi lesioni cerebrali, e anch’egli è in stato
pauci-relazionale. Malgrado la celebrità del campione di Formula 1, i
media non hanno messo le mani sul suo caso clinico ed egli può tuttora
godere di cure specialistiche molto attente in un contesto privato. Nel
caso specifico del signor Vincent Lambert, constatiamo che ha gli occhi
aperti, che respira normalmente, che è stabile, tutto fuorché in fin di
vita. Ha bisogno di un assistente e di un’infermiera che assicurino il
nursing e il cambio di posizione, di un kinesiterapeuta per evitare le
piaghe. La nutrizione e l’idratazione si fanno per gastrostomia o per
sondino nasogastrico.
La decisione di interrompere le cure di
comfort e di nutrizione di base in un paziente handicappato va contro la
legge Léonetti. Nessuno ha fatto menzione del fatto che egli presenti
sofferenze insopportabili che necessitino di una sedazione profonda,
salvo evidentemente il caso in cui l’arresto dell’idratazione da parte
dei medici comporti il crudele dolore della morte per sete. Non si
tratta di “accanimento terapeutico”, poiché non parliamo di interventi
curativi per una malattia incurabile, ma semplicemente di interventi
corporali e nutrizionali di base, che sono dovuti anche a persone
anziane degenti, emiplegiche, e ai neonati che non sono ancora autonomi.
Si citano fino alla nausea i paesi a minor coefficiente etico come il
Belgio o i Paesi Bassi. È giocoforza constatare che in questi paesi si
dà un’anestesia totale della coscienza. Sentiamo bambini parlare in modo
naturale dell’eutanasia dei loro genitori, come se si trattasse di
un’eventualità normale. Un membro del governo belga, seduto di fronte a
me durante un incontro con il Presidente della Repubblica, era molto
fiero del fatto che il suo Paese fosse “avanti”, come diceva. Perché non
si citano mai i Paesi con un tasso etico più alto, come la Germania o
l’Italia? C’è sempre da fare una scelta di civiltà molto chiara: o
consideriamo gli esseri umani come dei robot funzionali che possono
essere eliminati o mandati alla rottamazione quando non servono più a
niente; o consideriamo che lo specifico dell’umanità si fonda non
sull’utilità di una vita, ma sulla qualità delle relazioni tra le
persone che rivelano l’amore. Non è questo che accade, quando una mamma
si china in modo elettivo verso quello dei suoi figli che soffre o che è
più fragile? È la scelta davanti alla quale ci troviamo. Cristo ci ha
rivelato la sola maniera per crescere in umanità: «Amatevi gli uni gli
altri come io vi ho amati». E ci ha dato l’unica maniera di esprimere
questo amore: «Nessuno ha un amore più grande di chi dà la vita per
quelli che ama».
Una volta di più, ci troviamo a confrontarci con una scelta decisiva: la civiltà dello scarto o la civiltà dell’amore.
(Mons. Michel Aupetit)