
Nel fenomeno della tratta vi è un elemento in evoluzione legato al viaggio e alle condizioni di sicurezza nei paesi di transito. L’OIM ha infatti constatato che il controllo delle vittime di tratta da parte dei trafficanti durante la loro permanenza nei paesi di transito è reso difficoltoso dalla situazione di instabilità in cui questi Stati versano.
Si fa riferimento in particolare alla Libia, ultima tappa prima della traversata via mare, dove le vittime di tratta rimangono in attesa di imbarcarsi, insieme agli altri migranti, per un periodo variabile.
Se in passato i trafficanti riuscivano a sorvegliare le loro vittime, nell’ultimo anno, a causa di tale instabilità e dell’aumento di gruppi di ribelli, non è possibile nemmeno per i trafficanti avere un controllo totale della situazione.
Da ciò deriva l’aumento dei casi di violenza sessuale perpetrati da soggetti non legati alla rete della tratta ai danni delle donne e minori e di conseguenza un aumento dei casi di donne che arrivano in Italia in stato di gravidanza.
Dalle testimonianze raccolte si è potuto accertare che è possibile che una vittima che sbarca in Italia in stato di gravidanza sia successivamente ri‐trafficata. Infatti, la madame, venuta a conoscenza della gravidanza della vittima, può decidere di ‘abbandonarla’ in Libia, considerato il grande ostacolo al lavoro, e quindi al pagamento del debito contratto, che la gravidanza rappresenta per i trafficanti.
In alcuni casi le ragazze vengono vendute dalla loro madame che si trova in Europa ad una in Libia, che le costringerà ad interrompere la gravidanza e a lavorare in una casa chiusa in Libia. In molti altri casi invece le ragazze incontrate si sono viste costrette ad affidarsi ad un diverso trafficante, disposto a provvedere al loro sostentamento in Libia ed eventualmente alla traversata dalla Libia all’Italia.
La vittima, quindi, viene sottoposta dalla nuova madame ad un secondo rito voodoo e talvolta costretta a prostituirsi anche durante la gravidanza.
Nei casi più gravi, una volta sbarcata in Italia, la vittima verrà comunque costretta ad interrompere la gravidanza, normalmente non attraverso i canali ufficiali ma attraverso l’ingestione di particolari medicinali, quale precondizione per iniziare a prostituirsi, una volta prelevata dal centro di accoglienza in cui è ospitata. Se la ‘medicina’ non ha effetto oppure se la gravidanza è in stato avanzato, la trafficante provvede a far abortire la vittima con l’utilizzo di strumenti invasivi che potrebbero mettere a rischio la vita della donna.
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Tratto da “LA TRATTA DI ESSERI UMANI ATTRAVERSO LA ROTTA DEL MEDITERRANEO CENTRALE: DATI, STORIE E INFORMAZIONI RACCOLTE DALL’ORGANIZZAZIONE INTERNAZIONALE PER LE MIGRAZIONI” di OIM (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni).
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