La continenza (celibato) della Chiesa delle origini

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Nel Sinodo di Elvira, che si tenne intorno al 306, Il canone 33 di Elvira, infatti, stabiliva che vescovi, sacerdoti e diaconi sposati dovessero vivere in continenza perfetta, pena l’espulsione dal clero, rafforzando la pratica della continenza. Tuttavia, questo non rappresentava l’introduzione del celibato clericale come obbligo universale, bensì una conferma di norme già esistenti in alcune comunità. La continenza era considerata un segno di dedizione totale a Dio e all’opera della Chiesa.

il Concilio di Cartagine nel 390 d.C. ribadì la stessa norma, sottolineando che coloro che servivano Dio dovevano condurre una vita di castità. Questi concili dimostrano che la Chiesa primitiva considerava l’astensione sessuale come un elemento essenziale per i chierici.

Un altro punto di riferimento importante è il pontificato di Papa Siricio (384-399 d.C.). In particolare, nel 385 d.C., Siricio scrisse una lettera a Imerio, vescovo di Tarragona, conosciuta come “Directa ad decessorem”. In questo documento, il Papa confermava l’obbligo di continenza per il clero e affermava che questa regola era già in vigore dai tempi apostolici. Siricio sosteneva che la pratica della castità clericale non fosse una novità, ma una tradizione antica che doveva essere rispettata e preservata.

Anche i papi successivi, come Papa Damaso I e Papa Innocenzo I, proseguirono su questa linea, confermando l’importanza dell’astensione sessuale per il clero attraverso i loro decreti. Questi interventi pontifici dimostrano quanto la Chiesa, già nel IV secolo, considerasse la continenza clericale come una parte imprescindibile della vita sacerdotale, ritenendola una tradizione immutabile e risalente agli apostoli stessi.

Le affermazioni dei Padri della Chiesa in Occidente, come Ambrogio, Girolamo e Agostino, concordano ampiamente sull’importanza della continenza per coloro che svolgono un ministero ecclesiastico, inclusi i diaconi, e vedono questa pratica come una tradizione antica e non come un’innovazione. Diverse fonti patristiche mostrano che la continenza clericale, inclusa la verginità e il celibato, era ritenuta parte della tradizione primitiva della Chiesa. Ecco alcune citazioni che supportano questa visione.

Sant’Ambrogio (339-397)

Sant’Ambrogio, vescovo di Milano, è stato uno dei primi a difendere con vigore la continenza per il clero. In più occasioni ha ribadito che questa pratica risale alla tradizione apostolica.

  • Lettera 63 (Indirizzata al vescovo Costanzo): Ambrogio afferma chiaramente che i chierici, compresi i diaconi, devono mantenere una vita di continenza. Secondo Ambrogio, questa non è una nuova prescrizione ma una conferma della tradizione ecclesiastica. “Conviene che coloro che sono al servizio degli altari si astengano dalle necessità coniugali.”

  • De officiis ministrorum 1, 50: “È richiesta continenza perfetta da coloro che amministrano i sacramenti, affinché servano al Signore senza impedimento.”

San Girolamo (347-420)

San Girolamo, noto per la sua traduzione della Bibbia in latino (la Vulgata), è stato un forte sostenitore della continenza clericale, sostenendo che i chierici dovessero vivere in castità come segno di dedizione totale a Dio.

  • Lettera 48, 21 (a Pammachio): Girolamo sottolinea come l’astinenza sessuale per i chierici sia una consuetudine fin dall’epoca apostolica. “Anche nei tempi antichi, i vescovi e i presbiteri sono stati scelti tra i vergini o tra coloro che una volta sposati non vivevano più con le mogli.”

  • Adversus Jovinianum I, 34: Girolamo difende la superiorità della verginità e l’astinenza sessuale come vocazione per il clero. “Essi (i sacerdoti e i diaconi) devono vivere nella continenza perfetta per essere in grado di presentare un sacrificio degno a Dio.”

Sant’Agostino (354-430)

Sant’Agostino, vescovo di Ippona, ha anch’egli affermato chiaramente la necessità della continenza per il clero, inclusi i diaconi, vedendo questa pratica come una parte della tradizione apostolica.

  • De bono coniugali 20, 23: Agostino difende la scelta della continenza per i chierici e afferma che ciò fa parte dell’antica tradizione della Chiesa. “Coloro che sono al servizio del sacramento devono vivere continenti affinché preghino senza ostacoli.”

  • Lettera 211 (Ad Aurelio): Agostino ribadisce che la continenza è stata praticata dai chierici fin dall’inizio. “Tutti coloro che esercitano un servizio divino, dal giorno della loro ordinazione, sono obbligati a vivere in continenza.”

Testimonianza di Alfons Maria Stickler

Il cardinale Alfons Maria Stickler, noto storico della Chiesa, ha scritto molto sulla disciplina del celibato e della continenza nella Chiesa primitiva. Egli sottolinea che, anche nei documenti più antichi, non esistono riferimenti a un’innovazione riguardante il celibato clericale, ma piuttosto è presentato come una prassi costante della Chiesa primitiva. La continenza perfetta, specialmente per sacerdoti e diaconi, era vista come parte integrante della tradizione apostolica, e non un’innovazione tardiva.

Purtroppo, ci sono studiosi, anche di rilievo, che ripropongono spesso la vecchia propaganda luterana e calvinista, secondo cui la continenza clericale sarebbe stata introdotta solo nel 1139, con il Secondo Concilio del Laterano. In realtà, il canone 7 del concilio stabilisce: “Stabiliamo che nessun chierico, dall’ordine suddiaconale in su, osi contrarre matrimonio. Se lo fa, dobbiamo considerare tale unione nulla.”

Quindi, i matrimoni contratti dai membri del clero non erano solo illeciti, ma anche invalidi, cioè nulli, come se non fossero mai avvenuti. Stickler osserva: «Questa severa sanzione è un’ulteriore conferma dell’obbligo alla continenza che esiste da sempre».

E le Chiese d’Oriente?

E le Chiese d’Oriente, dove solo i monaci e i vescovi sono tenuti alla continenza assoluta, mentre preti e diaconi possono vivere il matrimonio, a patto che sia il primo e unico, e sia stato contratto prima dell’ordinazione? Tutti i documenti indicano chiaramente che per molti secoli anche in quelle comunità l’astensione praticata in Occidente era la norma. Le eccezioni spesso citate derivano in realtà da fonti falsificate.

Nella Chiesa orientale convocato dall’imperatore bizantino, al Concilio Trullano, ufficialmente noto come Concilio di Costantinopoli IV, si tenne nel 691-692 d.C. a Costantinopoli, venne stabilita la disciplina ancora oggi vigente tra gli ortodossi. Tuttavia, si trattò di una vera e propria resa: la Chiesa d’Oriente, priva di una struttura gerarchica solida come quella d’Occidente, non aveva gli strumenti per contrastare efficacemente gli abusi, che erano sempre più diffusi. Infatti, il Canone 13 del Concilio Trullano afferma: “Poiché abbiamo appreso che in alcune zone d’Oriente e d’Occidente i presbiteri e i diaconi, dopo aver ricevuto l’ordinazione, si separano dalle proprie mogli… noi dichiariamo che… sia sufficiente che si astengano dall’unione coniugale nel periodo in cui servono l’altare.”

Inoltre, la Chiesa orientale, sottomessa all’Imperatore bizantino, cedette alle pressioni politiche: i governanti trovavano più facile controllare un clero che “teneva famiglia”. Si tentò comunque di salvaguardare il principio della continenza, imponendo l’astinenza sessuale almeno durante il servizio all’altare e riservando la castità assoluta a vescovi e monaci. Una situazione forzata, ben lontana dall’ideale, come lamentarono molti in Oriente, e come ancora oggi molti lamentano. È curioso notare come alcuni, ora, vedano in questa prassi un modello auspicabile anche per l’Occidente.

Paolo Botti

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