Aborto. Prima e dopo la legge 194

Quando si parla di aborto, si fa spesso riferimento alla necessità di una legge per contrastare l’aborto clandestino e le sue nefaste conseguenze. Tuttavia, le cifre sull’aborto sono spesso interpretate e manipolate. Analizziamo la legge 194/1978 vigente e il prima e il dopo.

Per farlo, riportiamo una storica analisi fornita da un abortista storico, Bernard Nathanson, un medico americano fondatore a New York della “National Abortion Rights Action League” nel 1968. In quegli anni fu direttore del Crash, la più grande clinica per aborti del mondo.

Nathanson effettuò 15.000 aborti (sui 75.000 della sua equipe), ma a un certo punto cambiò idea diventando uno strenuo pro-life. Nei suoi racconti (alcuni sono anche online, tra cui il diffusissimo “L’Urlo Silenzioso” che trovate anche su YouTube) spiegò molto bene le tecniche di manipolazione dei media e dell’opinione pubblica. In particolare, ne segnalava sempre tre:

  1. Sondaggi fittizi in cui si alteravano i dati, sostenendo che la popolazione fosse favorevole all’aborto in modo da renderlo accettabile e “normale”. Nathanson affermò: “Il pubblico, al quale dicevamo che tanti erano per l’aborto, mutò opinione e diventò davvero favorevole all’aborto” (Il Foglio, 23/4/2005).
  2. Falsificare i dati sugli aborti clandestini. Ad esempio, negli USA si parlava di un milione di aborti illegali l’anno, mentre erano meno di 100.000. In Italia, Milla Pastorino in una sua diffusissima ricerca stimava gli aborti clandestini in un milione. Nel 1971, il PSI al Senato italiano affermava che vi fossero tra 2 e 3 milioni di aborti l’anno, un dato ripreso ovunque dai media. Poi, a seguito della legalizzazione, vi furono meno di 200.000 aborti legali annui.
  3. Falsificare i dati delle morti dovute agli interventi chirurgici illegali. L’esempio italiano: si citavano 20-25.000 morti l’anno a seguito di aborti illegali, ma in realtà in Italia morivano in tutto, per tutte le cause di morte, al massimo 10.000 donne l’anno tra i 14 e i 44 anni. Ovvero, era una enorme bugia.

Lo scopo era convincere che:

  • le donne abortivano comunque e quindi era preferibile farlo legalmente
  • era un male minore
  • fingere di sapere esattamente quanti aborti nascosti vi fossero, cosa impossibile.

DIAMO I NUMERI

Culturalmente vi fu una campagna intensissima per arrivare alla legalizzazione dell’aborto. Suggeriamo alcuni testi per comprendere le mistificazioni che venivano diffuse.

In “Da Erode a Pilato” (Marsilio, 1973) di Giuliana Beltrami e Sergio Veneziani, si riportava che vi fossero “donne che hanno abortito già dieci, venti volte”, in modo clandestino, e che vi fossero “quattro aborti per ogni nascita” e donne “che compiono, nel corso della loro esistenza, fino a trenta e più atti abortivi”. Il feto veniva chiamato “uovo” e l’aborto “non è più difficile né pericoloso di un’asportazione di tonsille”.

In “L’aborto, un dilemma del nostro tempo” (Etas Kompass, 1970), dagli atti di un Congresso Internazionale sull’aborto tenutosi a Washington nel 1967, si citano fantomatiche ricerche sugli aborti clandestini negli USA e si ipotizzano da 160.000 a 1.200.000 aborti illegali l’anno. Nello stesso congresso, agli atti si trova Carlo Smuraglia, studioso italiano, che afferma che vi fossero fra uno e due milioni di aborti, una sproporzione rispetto agli USA (quattro volte più grandi dell’Italia di allora).

Un esempio dai giornali: “L’Espresso” del 9 aprile 1967 riportava: “nella sola provincia di Milano gli aborti clandestini sono almeno 50.000 al mese”, 600.000 l’anno e, in proporzione, 4 milioni in Italia?

Arriviamo a una ricerca un po’ più scientifica compiuta da Bernardo Colombo, demografo dell’Università di Padova, e da alcuni docenti di Statistica, i professori Franco Bonarini e Fiorenzo Rossi, in “La diffusione degli aborti illegali in Italia” (1977). Le cifre degli abortisti vengono smontate: per avere 1 milione di aborti clandestini annui è necessario che almeno il 50% di tutte le donne italiane in età feconda abortisca esattamente 5,3 volte nell’arco della propria vita riproduttiva. La cifra che Colombo propone come attendibile è quella di 100.000 aborti clandestini annui tra il 1970 e il 1975, e forse anche meno. Nel 1978 entra in vigore la legge 194 sull’aborto ma nel 1979 gli aborti legali sono ufficialmente, né 1, né 4 milioni, ma 187.752!

Per confermare il numero di donne morte per pratiche clandestine, troviamo i dati del Compendio Statistico Italiano del 1974: nell’intero anno sono morte 9.914 donne in età feconda (tra il 14 e i 44 anni). Nel 1972 le donne decedute in età fertile, dai 15 ai 45 anni, furono 15.116. Di cui 409 morte per gravidanza o parto.
Impossibile quindi che ne fossero morte 20.000 e men che meno 25.000!

Altri dati:
nel 1969 le donne morte in età fertile per complicazioni da gravidanza, parto e puerperio furono in totale 550 (Annuario statistico italiano, 1971); 481 nel 1970 (Annuario 1972); 460 nel 1971 (Annuario 1973); 370 nel 1973 (Annuario 1975).

LA LEGALIZZAZIONE RIDUCE GLI ABORTI?

Partiamo da alcune affermazioni ancora oggi ritenute veritiere e rigirate dai media:

Professor Flamigni: “La legge 194 è una legge che ha dato buona prova di sé, che ha diminuito il numero degli aborti in modo significativo (erano 234.000 nel 1982 e sono stati 129.000 nel 2005)” (l’Unità, 10/1/2008). Livia Turco (ex ministro della Salute): “Grazie alla 194 le interruzioni di gravidanza tra le donne italiane sono diminuite del 60% dal 1982” (Io donna, 26/1/2008).

La realtà: la legge 194 è entrata in vigore nel 1978. Tra il 1978 e il 1982, dai 68.000 aborti del 1978 (metà anno), si è passati ai 187.752 del 1979 (mentre mantenendo la media dell’anno prima avrebbero dovuto essere 134.000, cioè 68.000 per due), ai 220.263 del 1980, ai 224.377 del 1981, ai 234.377 del 1982.

Dopo il 1982 è iniziata una leggera flessione, sino ai 191.469 aborti del 1987, cifra quest’ultima che si attesta comunque al di sopra del dato iniziale del 1978 e del 1979. Se ne deduce quindi che la 194 ha inizialmente aumentato gli aborti, che sono rimasti a un livello molto alto sino al 1987, e che hanno iniziato a calare significativamente solo più avanti.

Il trend ebbe conferme anche all’estero. Ad esempio in Inghilterra il numero di aborti clandestini stimato dopo il 1967 – anno di introduzione dell’aborto legale – non diminuì.
Lo stesso accadde in Svezia e più in generale per i Paesi scandinavi. Documentate statistiche confermano queste conclusioni per la Germania, il Giappone, la Russia, la Romania e per molti altri Paesi

Si può affermare che gli aborti siano aumentati molto nei primi anni e poi calati negli anni per maggiore consapevolezza, per la conoscenza dello sviluppo fetale e gli studi sul trauma post-aborto, che hanno aumentato la consapevolezza sulla drammaticità dell’aborto.

Inoltre, vi sono stati fattori demografici: la fertilità generale è diminuita, il numero di coppie in età fertile è diminuito e l’uso della “pillola del giorno dopo” ha ridotto i casi visibili di aborto.

Inoltre, gli aborti clandestini persistono nonostante la depenalizzazione da parte della legge 194 ed aumentano gli aiuti delle associazioni a favore della vita (si parla di decine di migliaia di mamme aiutate ogni anno).

In realtà, il tasso di abortività è rimasto alto pur se, dal 1995 circa, il numero totale di aborti è leggermente diminuito in Italia, ma essendosi ridotta notevolmente la platea delle donne fertili, essendo diminuite notevolmente le nascite, i tassi rimangono sostanzialmente alti. Inoltre, non possiamo conteggiare gli aborti dovuti a pillole che impediscono l’annidamento dell’uovo fecondato.

Unendo i dati tra aborti chirurgici, quelli farmacologici e l’uso delle pillole quando usate dopo la fecondazione possiamo affermare che il tasso di abortività (aborti su nascite) non sta diminuendo, purtroppo.

E GLI ABORTI CLANDESTINI?

“Espresso” del 10 novembre 2005: Chiara Valentini scrisse che la relazione del ministro della Salute nell’anno 2005 stima circa in 20 mila gli aborti clandestini. E la stessa cifra è ribadita dal demografo Massimo Livi Bacci. Dunque la 194 è clamorosamente fallita: non ha estirpato neanche la piaga della clandestinità. E lo stesso fenomeno è accaduto in Gran Bretagna, nei Paesi Scandinavi, in Germania, Giappone, Russia Polonia, Romania e via dicendo.
Due ricercatori dell’Università di Trento, Erminio Guis e Donatella Cavanna, hanno fatto uno studio sociologico sulla pratica abortiva legale in Italia, (“Maternità negata”, Milano 1988) e hanno scoperto che il 32 per cento delle donne che hanno abortito non l’avrebbe fatto se non ci fosse stata la legge 194 a permetterlo. Risultati del tutto analoghi in Francia». Il che significa che la legalizzazione fa aumentare e non diminuire il loro numero di aborti, ovvero che la legge incide in modo significativo sui comportamenti: «solo una costante e totalitaria mistificazione ha potuto rendere così invisibile l’evidenza».

Possiamo quindi dire che i dati vanno cercati e letti da fonti attendibili.
Vanno letti su piu’ anni e va sempre sondata il conflitto di interesse di chi riporta affermazioni o dati.

P.B.

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