Rimborso spese, donatori, Gpa altruistica a parole

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Foto di S K da Pixabay

Nel 1985 la Gran Bretagna offrì alle coppie sposate sterili un metodo innovativo per avere figli con il Surrogacy Arrangements Act 1985.

Il 25 luglio 1978, sempre in Inghilterra, era nata Louise Brown, concepita in provetta, antesignana della procreazione artificiale, ma l’innovazione del 1985, considerata una pessima novità, fu quella di acconsentire all’uso di un grembo esterno alla coppia.

La surrogacy, o maternità surrogata, consiste nell’impianto di un embrione di un uomo e una donna che non riescono a concepire in modo naturale.

Con la portatrice viene stipulato un contratto giuridicamente vincolante sulla vita di altri, gestazione per altri (GPA) ma piu’ correttamente dovremmo dire sulla pelle di altri.

Unico paletto: l’assenza di guadagno economico. Viene infatti chiamata “altruistica”, ma perché una donna dovrebbe sobbarcarsi 9 mesi di gravidanza e poi cedere il bambino che ha portato in grembo?

Può anche essere che esistano rari casi in cui la surrogazione del parto avviene realmente gratis e volontariamente. Ma si tratta di poche decine in tanti anni.

Il divieto di “mercificazione” è comunque aggirato con i rimborsi spese.

Rimane nel Regno Unito, nonostante le pressioni e la proposta di una maggiore diffusione rimuovendo i paletti, la norma secondo cui chi porta in grembo il figlio risulta madre per l’anagrafe.

Tanto che per la legge inglese, dopo il parto, la madre surrogata può rompere l’accordo e tenersi il figlio.
Questo “cavillo” blocca notevolmente la diffusione “interna” della surrogacy, che infatti viene fatta all’estero per aggirare la normativa. I ricchi pagano e vanno all’estero a trovare una “incubatrice naturale” per le gravidanze desiderate. Basta pagare adeguatamente e non rischiare di vedersi togliere il figlio da una partoriente ritenuta ingrata e capricciosa.

Quel che possiamo imparare dall’esperienza inglese è che la procreazione non andrebbe normata come un accordo commerciale. Perché, per quanto si cerchi di evitare che il tutto avvenga per denaro, è chiaro che “rimborso spese” vuol dire tutto e niente.

Il problema dei soldi è solo una parte del problema, perché è aberrante che nel Regno Unito, se la madre surrogata è sposata, lei e suo marito diventino alla nascita i genitori legali del nascituro e i “genitori intenzionali” (altro termine inventato per nascondere la realtà) devono “extinguish the status of the surrogate and her spouse, and reassign parentage to the intended parent/s”, ovvero far cancellare lo status della surrogata e far reassegnare la genitorialità ai genitori intenzionali.

Il bimbo nasce, ha due genitori e poi si va dal giudice per finire la pratica e voilà, c’è una sorta di adozione. Il problema è che il neonato non è orfano. Ma lo diventa per sentenza e per un accordo tra adulti sulla sua pelle. È una cosa ingiusta.

Paolo Botti

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