Sara e Rachele. Quando la serva dava i figli, quasi come oggi.

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da CanvaPro

Nella Bibbia vi sono alcune storie narrate che hanno qualche analogia ma anche tante differenze con la maternità surrogata.
Rachele che non riusciva ad avere figli disse a suo marito Giacobbe: ‘Unisciti a lei, che partorisca sulle mie ginocchia, e anche io possa avere figli da lei'” (Genesi 30:3).
Si riferiva alla serva Bilhà che rimase così incinta di Giacobbe.
In seguito, Rachele disse: ‘Il Signore mi ha giudicato e ha anche ascoltato la mia voce e mi ha dato un figlio” (Genesi 30:6).

La similitudine con la maternità surrogata non regge.
E’ vero che si ricorre ad una donna esterna alla coppia per avere un figlio.
Ma in realtà Bilhà sarà considerata moglie di Giacobbe
“Egli era giovane e stava con i figli di Bila e i figli di Zilpa, mogli di suo padre.” (Genesi 37:2)

Anche Sara, moglie di Abramo, nonno di Giacobbe, non avendo figli invia al marito Hagàr, la sua serva con la speranza di avere figli da lei; Abramo obbedisce, la mette incinta e a questo punto si crea un conflitto tra le due donne fino a mandare via Hagàr, che poi tornerà e partorira’.
La Bibbia descrive bene cosa accadde:
«Abramo chiamò il nome di suo figlio che aveva generato Hagàr, Ismaele»
Quindi nessuna confusione. Ismaele era figlio di Giacobbe ed Hagar.

Nella surrogata («in affitto ») la madre biologica scompare del tutto di scena, nella storia biblica la madre affronta diverse vicende: Bilhà resta in famiglia, fa un altro figlio e alla morte di Rachele diventa la favorita; Hagàr entra in contrasto definitivo con Sara che la caccia via di nuovo e per sempre (almeno finché vivrà Sara); quanto ai figli, altra differenza essenziale: quelli di Bilhà, benché Rachel dica «mi ha dato un figlio», restano figli della madre biologica, divenuta «moglie» (Gen. 37:2), e quello di Sara rimane legato al destino di Hagàr e per questo vittima di una violenta reazione di rigetto («caccia via questa amà e suo figlio», ibid. 21:10).

Abbiamo quindi due casi in cui la madre non scompare mai e anzi specie nel secondo caso si mostra perfino che tali pratiche portano a conflitti e problematiche.
Il nascituro comunque sta sempre con la mamma biologica.
Inoltre ricordiamo che si trattava di serve in cui non vi era libertà di rifiutare.
Ecco forse l’unica vera similitudine con la pratica dell’utero in affitto.
Molte donne acconsentono per mancanza di libertà economica o sociale e per denaro, anche nascosto con la scusa dei rimborsi spese, acconsentono a diventare portatrici di figli per altri e a sottoporsi a impegnativi e talvolta rischiosi trattamenti ormonali per la fecondazione artificiale.
Possiamo quindi dire che essendo passati migliaia di anni non possiamo censuare ora usanze arcaiche come quello dell’usare le serve per sopperire all’infertilità della moglie.
Ma possiamo ora censurare i tentativi odierni di usare la maternità surrogata procedendo anche alla lesione del diritto dei bambini ad avere padre e madre certi.
Chi nasceva dalla serva sapeva che quella era sua mamma.
Chi nasce oggi tramite surrogazione quasi sempre non conosce e non puo’ stare con la sua mamma.

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