La tremenda selezione dei feti. Si o no. Vita e morte

baby-sleeping-2073290_1280
Foto di tung256 da Pixabay

Le diagnosi prenatali, come l’esame del sangue materno per la sindrome di Down o l’analisi dell’intero genoma fetale, sollevano rilevanti interrogativi bioetici.

Un aspetto problematico riguarda la possibile violazione della privacy del feto, in particolare se si esamina l’intero patrimonio genetico prima della nascita, andando oltre la mera identificazione di patologie. Tuttavia, il rischio principale non risiede tanto nella privacy quanto nel fatto che, con l’ampliarsi delle informazioni genetiche ottenibili, tali diagnosi possano non essere indirizzate a una corretta assistenza prenatale o a cure mediche mirate, ma piuttosto a scelte basate su tratti genetici non patologici, come la calvizie o la selezione del sesso, con il rischio di un’inaccettabile discriminazione. In alcuni casi, la preferenza per un sesso piuttosto che per l’altro può portare a fenomeni come il “gendercide”, una selezione sistematica che penalizza il sesso femminile.

Wohlfram Henn, in un articolo pubblicato anni fa intitolato Consumismo nella diagnosi prenatale, avvertiva: «L’abuso dei test genetici per la selezione fetale in base al sesso è già un grave problema. Nell’era della commercializzazione della genetica umana, è banale pensare che nuove possibilità di selezione prenatale più sofisticate non agirebbero secondo la legge della domanda e dell’offerta».

Oggi, i test prenatali sono diventati quasi una norma sociale, con una forte pressione su chi sceglie di non sottoporvisi. Tuttavia, tali esami non sono strumenti che salvano la vita del nascituro; anzi, possono talvolta rappresentare un rischio per la gravidanza stessa. Tali pratiche potrebbero essere giustificate solo se finalizzate a evitare rischi reali per la salute del bambino e a permettere interventi medici tempestivi, ma, nella realtà, il loro impiego spesso non è volto a prevenire malformazioni gravi, quanto piuttosto a selezionare una “perfezione” che non sempre corrisponde a una reale necessità medica.

Inoltre, sono numerosi i casi di diagnosi prenatali erronee, in cui bambini sono nati perfettamente sani nonostante le previsioni di malformazioni o gravi patologie. In molti di questi casi, gli operatori sanitari avevano messo in guardia contro il rischio di far nascere “vite imperfette”, rivelandosi poi completamente errati nelle loro previsioni.

Molti dei test genetici prenatali oggi disponibili sembrano essere influenzati da una logica eugenetica, che mira a impedire la nascita di bambini con disabilità o difetti, anche quando si tratta di condizioni che non comportano una disabilità grave o una malattia invalidante. Questo solleva interrogativi etici fondamentali sulla nostra capacità di accettare e rispettare la diversità umana.

Come possiamo considerarci una società progredita se, di fronte a un semplice esame del sangue, ci prendiamo il diritto di decidere arbitrariamente se una vita debba o meno venire al mondo, in base a una presunta imperfezione, reale o presunta? Si o No. Vita o morte.
Quei bambini, anche con eventuali disabilità, sono perfetti così come sono. Se davvero vogliamo dirci moderni ed evoluti, la scienza e la società dovrebbero concentrarsi sull’accoglienza e sul trattamento di tutti, anche di coloro che, secondo un foglio di laboratorio, potrebbero non rientrare nei parametri della “normalità” o della salute ideale. La vera evoluzione sta nel riconoscere e valorizzare ogni vita, indipendentemente dalle sue caratteristiche genetiche.

Paolo Botti

© Tutti i diritti riservati. Riproduzione consentita solo chiedendo permesso a info@amicidilazzaro.it
(non verrà concesso a siti con pubblicità/ads o per usi commerciali)

© All rights reserved. Reproduction allowed only with permission from info@amicidilazzaro.it
(it will not be granted to sites with advertising/ads or for commercial uses)

the-g1ded25dbc_1280

Le leggi in Europa e nel mondo contro il Burqa

preghiera-gasparino

Credo nella preghiera – Padre Andrea Gasparino