Dio ha creato l’uomo e la donna a sua immagine perche’ siano pienamente felici del loro essere «uomini» e figli di Dio, vale a dire perche’ possano partecipare alla vita intima di Dio e realizzarsi attraverso il dono disinteressato di se stessi.
Ma l’uomo, sedotto dal demonio che lo fa dubitare della parola di Dio, decide da quel momento in poi di non dipendere più da nessuno e di essere luce a se stesso. Deciderà da solo ciò che è bene e ciò che è male. L’uomo volta deliberatamente le spalle a Dio, separandosi così dalla sorgente dell’amore. E’ questo il peccato originale. Dio rispetta la decisione dell’uomo. Ecco allora l’irreparabile rottura, quella dei primi uomini, che, ancora oggi, ha conseguenze su ciascuno di noi e intorno a noi.
La rottura con Dio comporta :
– sicuramente la perdita del rapporto filiale con Lui. Per la prima volta, l’uomo ha paura e si vergogna davanti a Dio. L’uomo si nasconde: «Ho udito il tuo passo nel giardino: ho avuto paura » (Gen 3,10). L’uomo si allontana da Dio credendo che sia Lui ad allontanarsi…
– una malattia della libertà. Utilizzata una prima volta contro l’amore, la libertà rimane da quel momento combattuta tra ciò che è bene e ciò che è male. Coscienza e intelligenza sono annebbiate. A partire da quel momento, l’uomo non sa più come esercitarle in modo ordinato e coerente. Ed anche la volontà, che è lo strumento attraverso il quale si esercita la libertà, è indebolita. «Non quello che voglio io faccio, ma quello che detesto», constata San Paolo (in Rm 7,15). La volontà, infatti, è incapace di imporsi con determinazione ed autorità e si lascia dominare dalle passioni, paralizzare dai sensi di colpa rinunciando al suo compito… In questo modo, spesso disturba la crescita della libertà. Ne deriva la perdita dell’unità profonda dell’essere umano : l’uomo è diviso in se stesso.
– una rottura nelle relazioni. Infatti, la decisione presa dall’uomo di non dipendere che da se stesso e di esistere per sé e non più per l’altro, si ripercuote in tutte le sue relazioni: si accusa l’altro, quello che mi succede è colpa sua. Da alleato, diventa rivale, rappresenta una minaccia. Allora diffido di lui, ne ho paura. Ecco perché lo aggredisco e cerco di dominarlo, oppure lo evito… o, ancora, lo concupisco come oggetto per il mio piacere. Non si vuole più aver bisogno dell’altro. Si vorrebbe, al contrario, che fosse come noi, si rivendica un’uguaglianza che sopprima le differenze… Tutto ciò, però, non soddisfa il bisogno di amore e la chiamata al dono di sé inscritti nella parte più profonda del cuore dell’uomo. L’uomo vive così una contraddizione interiore dolorosa nei confronti di se stesso, di Dio e degli altri. Non conosciamo forse tutti per esperienza qualcosa di questo stato d’animo?
– un deterioramento del rapporto con la creazione. L’uomo, che aveva ricevuto come missione di «sottomettere» il mondo nell’amore e per amore, è fortemente tentato di lavorarvi per manifestare la propria potenza e appropriarsene.
Ma Dio non si arrende di fronte a questo groviglio. L’uomo non può ristabilire da solo la sua relazione con Dio. Dio, allora, prende l’iniziativa straordinaria di inviare in mezzo a noi il proprio Figlio, Dio stesso che si fa uomo (l’incarnazione). Dicendo «sì» ed offrendo fino in fondo la sua vita per noi, il Figlio, Gesù Cristo, ci ha liberato dal peccato. Ogni uomo, accogliendo la salvezza, viene restituito a se stesso perché torna ad essere figlio del Padre. Gesù ci ha reso nuovamente possibile la relazione filiale con il Padre. E’ una nuova creazione.
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