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Garibaldi molto probabilmente fu schiavista

Giuseppe_Garibaldi_Circa_1860

Giuseppe Garibaldi scrisse romanzi nei quali eroi e cattivi si confrontavano apertamente. Da buon massone qual era – fatto ormai noto – inseriva sempre i preti tra i “cattivi”, con particolare astio nei confronti dei gesuiti. Non lesinava parole dure: sosteneva che il prete fosse “il vero rappresentante della malizia e della vergogna, più atto assai alla corruzione e al tradimento dello schifoso e strisciante abitatore delle paludi”, mentre del gesuita diceva che fosse “il sublimato del prete”, chiedendosi indignato: “Quando sparirà dalla faccia della terra questa tetra, scellerata, abominevole setta, che prostituisce, deturpa, imbestialisce l’essere umano?”

Un anticattolicesimo davvero totale, insomma – peccato che, a fronte di tanto zelo morale, il nostro eroe dei due mondi non disdegnasse di trarre qualche tornaconto da attività ben poco evangeliche: come la tratta di lavoratori cinesi, ad esempio.

Mentre combatteva per la liberazione dei popoli dell’America Latina, l’eroe dei due mondi si arrangiava come poteva per sopravvivere: finì persino per subire il taglio dei padiglioni auricolari per furto di cavalli. Ma con il commercio marittimo le cose gli andarono meglio. Il 10 gennaio 1852, al comando della Carmen, nave di proprietà dell’armatore ligure Pietro Denegri, salpò da Callao, in Perù, diretto a Canton: trasportava guano, prezioso fertilizzante naturale. Con la consapevolezza di vivere una vita straordinaria, Garibaldi annotò tutto scrupolosamente nelle sue Memorie: date, carichi, itinerari, difficoltà. Tuttavia, al ritorno dalla Cina con un nuovo carico – l’unico di cui non fornisce dettagli – tacciono sia le sue memorie, sia la documentazione ufficiale. A fornire qualche indizio è lo stesso armatore Denegri, che affermò: “Mi ha sempre portato i cinesi nel numero imbarcato, e tutti grassi e in buona salute, perché li trattava come uomini e non come bestie.”

Il silenzio di Garibaldi su quel viaggio appare ancora più significativo se si considera la sorte della Carmen: la stessa nave fu infatti affondata l’8 marzo 1857 in seguito a una rivolta di 260 cinesi a bordo. Un evento che dimostra come la tratta di esseri umani non fosse un’eccezione ma una pratica frequente. Il fatto che Garibaldi descriva minuziosamente i carichi di tutti i suoi viaggi tranne quello da Perù a Cina e ritorno, è quantomeno sospetto ed ha convinto molti storici della sua piena colpevolezza.

Che Denegri avesse “acquistato” manodopera cinese lo conferma una sua stessa dichiarazione: “Risposta del signor Pedro Denegri – commerciante. Signori. In risposta alla vostra precedente richiesta, dico: che nei tre mesi che ho avuto il cinese che ho acquistato, non ho notato difetti gravi, e per il servizio delle mani a cui l’ho assegnato, funziona regolarmente, capendoci con i segni come i muti, perché fino ad oggi non capisce una parola di spagnolo. Sono onorato di sottoscrive a Voi S. S. – Firmato Pedro Denegri”.

È vero: giudicare il passato con i criteri morali del presente è sempre un esercizio delicato, se non addirittura fuorviante. Tuttavia, non possiamo nemmeno ignorare che, già all’epoca, la schiavitù fosse formalmente condannata in molti paesi e che vi fosse un dibattito vivo – e spesso acceso – sul rispetto della dignità umana. Alla luce di ciò, è difficile continuare a dipingere Garibaldi come un eroe senza macchia o un benefattore disinteressato. Il suo profilo, per quanto epico e rivoluzionario, presenta ombre significative: uomo dei suoi tempi, certo, ma anche attore consapevole in pratiche che oggi – e, in parte, anche allora – suscitavano indignazione. La leggenda non può cancellare la dubbia qualità umana e morale del personaggio.

Paolo Botti

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Bibliografia

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Inmigracion de Chinos y Ventajas que Proporcionan al Pais. Imprenta de José Masias, Lima 1851, pp. 25, 45–46. “Rapporti sui cinesi arrivati due anni fa e lo scorso giugno, e alcune richieste scritte, avvertono che la maggior parte delle richieste sono state avanzate verbalmente”

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