Il somaro di Brina (dalle Memorie di Don Bosco)

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Sono un somaro, lo ammetto, non godo di buona fama, a torto, eppure mi ritengo molto più intelligente del mio cugino cavallo, tutto muscoli e poco cervello che però si muove sempre circonfuso da un’aureola di gloria. Fu proprio grazie ad un cavallo molto pauroso che ritrovai quella persona eccezionale di cui vi voglio raccontare. In quell’anno 1841, c’era un giovane prete, Giovanni Bosco, ordinato da poco, che faceva da vice parroco.

Il giovane don Bosco era ricercatissimo per le prediche e così era invitato in tutti i paesi dei dintorni. Una domenica, per predicare in un paese piuttosto lontano decise di servirsi di un cavallo. Ma la sua cavalcata durò poco. Spaventato da uno stormo di passeri, quello scemo di un cavallo si imbizzarrì e scaricò don Bosco su un mucchio di pietre. Dall’alto della mia collina, me ne accorsi e ragliai più forte che potevo. Il mio padrone accorse e insieme portammo in casa il povero don Bosco privo di sensi. Il padrone lo adagiò su un letto e cercò di farlo rinvenire.

Don Bosco, appena aprì gli occhi disse: «Dio vi compensi di tanta carità, o mio buon amico. Qui dove mi trovo?». «Ella è sulla collina di Bersano, in casa di Giovanni Calosso, soprannominato Brina suo umile servitore. Ho anche io girato pel mondo, ed anch’io ho avuto bisogno degli altri. Parecchi anni or sono, di autunno, io era andato ad Asti col mio somarello a fare provvigioni per l’inverno. Nel ritorno, giunto nelle valli di Morialdo, la mia povera bestia, carica assai, cadde in un pantano e restò immobile in mezzo la via. Ogni sforzo per rialzarla tornò inutile. Era mezza notte, tempo oscurissimo e piovoso. Non sapendo più che fare, mi diedi a gridare chiamando aiuto. Dopo alcuni minuti, mi si rispose dal vicino casolare. Vennero un chierico, un suo fratello, con due altri uomini portando fiaccole accese. Mi aiutarono a scaricare la giumenta, la tirarono fuori dal fango, e condussero me e tutte le cose mie, in casa loro. Io era mezzo morto; ogni cosa imbrattata di melma. Mi pulirono, mi ristorarono con una stupenda cena, poi mi diedero un letto morbidissimo. Al mattino prima di partire ho voluto dare compenso come di dovere. Il chierico ricusò tutto dicendo: Può darsi che domani noi abbiamo bisogno di voi! Se sapessi che cosa fare per quella buona famiglia! Che buona gente!» «Come si chiamava» chiese il giovane prete visibilmente emozionato. «Famiglia Bosco, detta volgarmente Boschetti. Ma perché si mostra tanto commosso? forse conosce quella famiglia? Vive, sta bene quel chierico?» «Quel chierico, mio buon amico, è quel sacerdote che state ricompensando mille volte di quanto ha fatto per voi. È quello stesso che sta qui in casa vostra, in questo letto. La divina Provvidenza ha voluto farci conoscere con questo fatto, che chi dona riceve». Sarò solo un somaro, ma io l’avevo riconosciuto. Don Bosco racconta l’episodio nelle Memorie Biografiche II, 19-21.

Bruno Ferrero dal Bollettino Salesiano

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