Dammi le anime, prenditi il resto (San Giovanni Bosco)

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Foto di congerdesign da Pixabay

«Padre e maestro della gioventù». Questo il titolo che san Giovanni Paolo II ha solennemente attribuito a don Bosco nel 1988. Infatti, da sempre i giovani hanno confidenza in questo padre e si lasciano educare da tale maestro. In occasione del recente pellegrinaggio dell’urna contenente le sue reliquie, che ha raggiunto tutti i continenti, i giovani, senza distinzione di razza e persino di religione, gli hanno manifestato affetto e riconoscenza.
Quali i motivi? Anzitutto, per la visione della vita che propone, saldamente ancorata ai valori imperituri dell’umanesimo cristiano. In secondo luogo, per quel far sentire amati  i giovani, attitudine che sgorga dalla vita di Grazia che don Bosco ha coltivato. Infine, per quella dedizione con cui si è speso per loro e che ha trasmesso agli educatori che al suo esempio si ispirano. In altre parole, don Bosco è un pedagogista cristiano di primissimo piano, è un santo che ama Dio e vive una spiritualità di altissimo livello, è un apostolo che consuma le sue energie nell’adempimento della missione ricevuta dal Cielo. Passiamo in rassegna questi punti.

La pratica pedagogica “preventiva”
Quando, oramai nella piena maturità della sua esistenza, don Bosco ha spiegato in che cosa consistesse la sua pratica pedagogica, l’ha definita «sistema preventivo». Con l’esperienza a contatto con i ragazzi, sin dai primi anni del suo ministero, comprese che la natura umana dispone di energie per comprendere la verità e per scegliere il bene, ma, indebolita dagli effetti del peccato, se non viene rettamente orientata, conduce ad esperienze negative che finiscono per portare al fallimento esistenziale. Sistema Preventivo significa, al contrario, mettere i giovani a contatto con educatori propositivi ed intelligenti, che, attraverso itinerari di crescita graduali eppure esigenti, per mezzo di esperienze arricchenti e significative, risveglino le forze di bene che ogni ragazzo porta con sé e che vanno stimolate, purificate, maturate, protette.
Ecco perché l’Oratorio di Valdocco e gli ambienti educativi salesiani assomigliano ad un “vulcano” di iniziative che promuovono ora lo sport e il turismo, ora la musica e il teatro, ora la cultura e il volontariato, ora il lavoro e lo studio. Nulla di ciò che è autenticamente umano, virtuoso, buono viene trascurato da don Bosco. L’Epistola scelta dalla Liturgia per la sua festa riporta il noto passo paolino: «Tutto quello che è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato, quello che è virtù e merita lode, tutto questo sia oggetto dei vostri pensieri» (Fil 4,8).
Don Bosco ha affermato, infatti, che il Sistema Preventivo si fonda sulla sintesi di ragione e religione. Che cosa sia la ragione in questa visione antropologica illuminata ed equilibrata lo spiegò il Papa Giovanni Paolo II nella lettera Iuvenum Patris: «La “ragione” indica i valori del bene, nonché gli obiettivi da perseguire, i mezzi e i modi da usare [e Don Bosco] la definisce anche “ragionevolezza” per quel necessario spazio di comprensione, di dialogo e di pazienza
inalterabile in cui trova attuazione il non facile esercizio della razionalità.
Tutto questo, certo, suppone oggi la visione di un’antropologia aggiornata e integrale, libera da riduzionismi ideologici.
L’educatore moderno deve saper leggere attentamente i segni dei tempi per individuarne i valori emergenti che attraggono i giovani». Quanto sia attuale questo messaggio, non sfugge a nessuno. Viviamo in un’epoca di «emergenza educativa», secondo la felice intuizione di Benedetto XVI, perché ad essere in crisi, prima ancora della fede, è la ragione, infelicemente depotenziata e sfiduciata dalla «dittatura del relativismo », dai richiami suadenti del «pensiero debole», dall’abbandono nel nichilismo.
La ragione, però, non è sufficiente. E don Bosco propone il secondo pilastro del suo Sistema Preventivo nella religione, sicché evangelizzazione ed educazione si richiamano felicemente a vicenda.
Come scriveva nell’introduzione del suo vademecum per la vita dedicato ai giovani, Il Giovane Provveduto, per don Bosco la fede permette di dilatare le potenzialità di bene della natura umana e di acquisire un’autentica maturità.
Ecco le sue parole: «Io voglio insegnarvi un metodo di vita cristiano, che sia nel tempo stesso allegro e contento». Comprese bene questo programma educativo il discepolo più famoso di don Bosco, san Domenico Savio, che ai suoi compagni, parlando dell’ambiente educativo di Valdocco, diceva: «Noi facciamo consistere la santità nello stare molto allegri e nell’esatto adempimento dei nostri doveri». Nelle parole di quel ragazzo, passato al cielo quando aveva 14 anni, è compendiato l’origine della gioia cristiana: la vita di Grazia. Don Bosco è un santo allegro e sorridente.
Fede e ragione in armoniosa amicizia: ecco il cuore del Sistema Preventivo, un’antropologia integrale, urgente in un’epoca, come la nostra, in cui la presentazione del Vangelo va preparata ed accompagnata da un’altra operazione: restituire fiducia alle potenzialità del logos smarrito nei tempi della post-modernità, ricostruire la consapevolezza di una natura umana portatrice di valori non negoziabili in un mondo in cui il dominio della tecnica, spesso funzionale ad interessi economici occulti, vorrebbe ridurla a res manipolabile.

Amava tutti con amore soprannaturale
Il Sistema Preventivo, come ha spiegato bene don Pietro Braido, grande studioso di don Bosco, è inconfondibile per la relazione che caratterizza il rapporto dell’educatore con i ragazzi. È l’amorevolezza salesiana. Don Bosco affascinava, avvinceva, conquistava, come una calamita. E non tanto e non solo per il suo carattere affabile e gioioso e per le qualità di intelligenza, memoria, tenacia di cui disponeva. Don Bosco convinceva e attraeva perché amava. Con quale
amore? Amava di amore soprannaturale, amava ispirato ed infiammato dalla carità divina, come tutti gli autentici santi. Nel 1934, anno della sua canonizzazione, un suo ex allievo, diventato santo pure lui, don Luigi Orione, dichiarava ai suoi chierici: «Quel santo non ci riempiva la testa di sciocchezze, o di altro, ma ci nutriva di Dio, e nutriva se stesso di Dio, dello spirito di Dio. Come la madre nutre se stessa per poi nutrire il proprio figliuolo, così Don Bosco nutrì se stesso di Dio, per nutrire di Dio anche noi. Egli poi tutto volgeva al cielo, tutto volgeva a Dio, e da tutto traeva motivo per elevare i nostri animi verso il cielo, per indirizzare i
nostri passi verso il cielo».

Un prete santo, non un organizzatore sociale
In altre parole, il segreto di don Bosco è la sua santità. E la sua santità era intrisa di vita soprannaturale, della grazia divina e delle sue perfezioni. Sbaglierebbe chisi limitasse a pensare a don Bosco come ad un attivista, un organizzatore sociale, un imprenditore dell’educazione. Era un prete che pregava regolarmente, che celebrava la Messa con devozione, che si confessava settimanalmente, devotissimo della Madonna, che mai e poi mai
avrebbe rinunciato al Rosario quotidiano, come aveva appreso dalla sua mamma, la Venerabile Mamma Margherita. Perciò è stato definito «l’unione con Dio». Quando agiva e quando lavorava, il suo cuore riposava in Dio. Anni dopo la sua morte, l’abbé Chautard, nel suo indimenticabile trattato L’anima di ogni apostolato, cita don Bosco come esempio di azione intrisa di contemplazione. Solo a questa condizione l’apostolato diventa efficace, per diffusione e attrazione operata dalla grazia divina che inabita un’anima tutta di Dio. Questa è la spiritualità di don Bosco: pregare bene, essere in Grazia di Dio, ricevere i Sacramenti frequentemente e con le giuste disposizioni, e poi compiere il proprio dovere quotidiano.

Lo zelo apostolico
E il dovere quotidiano di don Bosco è stata la sua azione apostolica. Per i giovani ha fatto di tutto: ha reinventato l’Oratorio come luogo di aggregazione e protagonismo giovanile, ha avviato al lavoro, ed ecco l’“epopea” della scuola professionale, ha creduto fortemente nell’istruzione classica, e ha fondato le scuole, ha intuito l’importanza dirimente dei mezzi di comunicazione, e si è fatto scrittore ed editore, ha pensato in grande e ha inviato i suoi figli e le sue figlie come missionari nel mondo, ha compreso la dignità del laicato e ha fondato i Cooperatori, ha tessuto relazioni con tutti, con un sano pragmatismo che mai abdicava ai principi, e si è fatto benvolere anche dagli anticlericali del suo tempo.
Il medico che l’ha assistito negli ultimi giorni ha sentenziato: don Bosco si è consumato per il lavoro. Il motto che ha scelto per la sua Congregazione l’ha messo in pratica coerentemente, quotidianamente, eroicamente: «Da mihi animas, coetera tolle »: “dammi le anime, prenditi il resto”.

Amore per la Chiesa
Questo apostolo della gioventù suscitò l’ammirazione di molti ai suoi tempi. Lo stimarono tantissimo il Papa Pio IX, con cui ebbe un rapporto di devota amicizia, e il suo successore Leone XIII che, a don Bosco oramai anziano, chiese un lavoro immane: portare a compimento la costruzione della chiesa del Sacro Cuore, a Roma, ostacolata dalla Massoneria. Don Bosco accettò: «Ogni desiderio del Papa è per me un ordine» e questa devozione al Successore di Pietro egli ha trasmesso ai suoi figli. Quando i Liberali, nel 1848, gridavano «Viva Pio IX», don Bosco rispondeva: «Viva il Papa». Una lezione da non dimenticare, mai.
Dio ha messo la firma per autenticare la bontà del sistema pedagogico, l’autenticità della spiritualità, la bellezza del lavoro apostolico di don Bosco: sono le decine e decine di santi, beati, venerabili, servi di Dio, martiri e confessori, preti e laici, uomini e donne, giovani e vecchi, che hanno raggiunto gli onori degli Altari, ispirandosi a lui e seguendone gli esempi. Un firmamento di santi splende nel Cielo, attorno alla luce di don Bosco, stella luminosissima. ■

IN GITA CON I CARCERATI
Una volta don Bosco chiese di condurre liberamente a passeggio i giovani carcerati. Il Ministero della Giustizia alla fine cedette: acconsentì ad esaudire la strabiliante richiesta, ma solo se un congruo numero di poliziotti avesse sorvegliato i giovani reclusi. Don Bosco rifiutò e «si rese lui stesso garante di persona che avrebbe riaccompagnato in carcere tutti i giovani. Alla fine il permesso fu accordato e don Bosco uscì con una schiera di giovani carcerati in aperta campagna e nei boschi circostanti la città. La giornata passò tra giochi e divertimenti e la sera don Bosco ricondusse i giovani in carcere: nessuno aveva tentato la fuga. […] solo la personalità carismatica di don Bosco poteva compiere un’azione simile. Egli irradiava immediatamente un senso di fiducia tale che i giovani non potevano sottrarvisi. Fiducia genera fiducia». (www.donboscoland.it)

 
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