Il Beato Shuster sulla santita’ di Santa Gemma Galgani

St.GemmaGalgani
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Voto, su richiesta di Pio XI, del P. Ildefonso Schuster, 0. S. B., Abate Ordinario di S. Paolo fuori le Mura, poi cardinale arcivescovo di Milano (ora Beato)

E.mo Principe,

il Rev.mo ed Ill.mo Promotore della Fede mi propone alcuni quesiti in ordine alle virtù eroiche della Serva di Dio Gemma Galgani. Procurerò di rispondere innanzi a Dio, secondo che mi detta l’informazione che ho di tutto il complesso dei suoi processi, e la stessa mia coscienza.

I. Nei fatti straordinari che si verificarono in Gemma Galgani, ci poté essere da parte di lei qualche illusione?

I fatti straordinari ai quali si allude, sono principalmente le sue estasi e, generalmente, il suo frequente commercio col mondo invisibile degli spiriti, nonché la sua partecipazione fisica alle pene della Passione di Gesù Cristo.
Osservo quanto all’uno ed all’altro capo, che la vita di Gemma non offre nulla di nuovo che già non si riscontri in molte altre vite di Santi.
È noto il commercio di Santa Francesca Romana coi suoi angeli, che ella vedeva e trattava domesticamente. È noto, che anche san Camillo de Lellis si servì del ministero angelico per recapitare una lettera. È parimenti noto, che Dio ammise molti santi, tra cui san Francesco, Santa Caterina da Siena, la beata Ida da Lovanio ecc., alla partecipazione sensibile e corporea delle pene della passione del Signore.
Quindi, i fatti straordinari attribuiti a Gemma Galgani, per sè non contengono nulla d’inverosimile, né ripugnano alla dottrina ed alla tradizione agiografica della Chiesa Cattolica. S’impone invece la que stione, se tali fatti sono storicamente dimostrati, ed inoltre, se in essi ci poté essere da parte di Gemma Galgani qualche illusione. Assai saggiamente, nei processi dei Santi la legge stabilita da Benedetto XIII a proposito di santa Caterina de’ Ricci e d’una visione da lei avuta a riguardo del Savonarola, prescinde da simili visioni, ed attende formalmente alle virtù eroiche di colui che viene proposto per gli onori degli altari. Come insegna infatti quel Pontefice, la Chiesa non canonizza le visioni, ma le virtù dei suoi Santi.
La ragione poi perché la Chiesa non intende formulare un giudizio diretto e formale sulle visioni ed i fatti attribuiti ai Servi di Dio, va ricercata nella considerazione che, trattandosi, nel caso, di rivelazioni private, non destinate quindi all’intiera Chiesa, molte volte ci mancano gli elementi necessari per poter giudicare dell’origine, dei limiti e della fedeltà obiettive con cui ci vengono riferite simili visioni dei Santi.

Nelle rivelazioni di santa Brigitta sulla Passione, quante discordanze si riscontrano dalle rivelazioni di santa Gertrude, santa Metilde, santa Francesca Romana ecc. Come spiegare tali discordanze?
Coll’osservare, che forse le relazioni a noi giunte non siano sempre esatte, e che queste stesse anime estatiche non abbiano potuto sempre sceverare nelle loro meditazioni, quanto era diretto frutto dell’illuminazione carismatica, da quello che era il risultato della loro intelligenza. È occorso talora agli stessi Profeti, di parlare a nome del Signore, mentre poi Dio, corregendo le loro enunciazioni, ha dimostrato che avevano parlato secondo lo spirito proprio.
Siccome tuttavia lo studio diligente per la discrezione degli spiriti, rientra a parte della prudenza, virtù cardinale, si richiede perciò che colui che viene proposto per gli onori degli altari, abbia usato almeno ogni cautela e diligenza per non andar soggetto ad illusioni in fatto di doni carismatici.

Quali sono queste cautele e diligenze?
Gli autori generalmente le riducono alle seguenti:
a) Non desiderare inordinatamente tali doni.
b) Diffidare del proprio spirito, e sottoporre i doni al controllo del Direttore Spirituale.
c) Umiliarsi ancor più, massime sotto la responsabilità di simili grazie straordinarie.
d) Nell’accettazione e nell’uso di tali doni, dipendere interamente dalla Santa Ubbidienza.
e) Avvertire che simili illustrazioni s’accordino interamente colla dottrina cattolica.
f) Non attaccare l’animo a tali doni, ma servirsene siccome di mezzo per aumentare nelle cognizioni del proprio nulla.
Adoperando siffatti criteri e cautele, non è del tutto escluso che l’anima possa talora scambiare per lume divino quanto è semplice effetto al proprio spirito, come forse accadde a Paolo quando annunciò al presbiterio di Mileto che non l’avrebbero più riveduto vivo ma le illusioni si rendono massimamente improbabili, ed in ogni caso, non possono più considerarsi siccome volontarie ed imputabili all’anima che ha fatto del tutto per non venire ingannata.

È ora questa la condizione di Gemma Galgani? Vediamo.
La Galgani, siccome dimostrano i suoi processi, non volle, né amò i suoi doni carismatici. Li sottopo se sempre, ciecamente, interamente al giudizio dei suoi direttori spirituali, li nascose quanto poté, diffidò sempre del proprio spirito, approfondì vieppiù nell’umile cognizione del proprio nulla, e senza trovar riposo, né gusto nei superni carismi, se ne servì per dispregiare se medesima e le cose create, ed unirsi a Dio bene increato. Tanto attestano il Teologo censore degli Scritti della Serva di Dio ed i suoi stessi Direttori Spirituali.
Al primo quesito, adunque, se per colpa di Gemma Galgani essa poté dar luogo ad illusione, rispondo semplicemente: negative.

II. Nel caso che ci fosse stata qualche illusione può dirsi che questa coinvolge tutti, o la maggior pqrte degli atti della sua vita, in modo da infirmare la eroicità delle sue virtù?

Se le regole della Teologia mistica e la tradizione della Chiesa non soffrono inganno, bisogna pur convenire che Gemma Galgani venne, a dir così, immunizzata contro le illusioni, dalla stessa fedeltà colla quale, sotto la saggia guida dei suoi Direttori Spirituali, adoperò le regole e i criteri che si assegnano per il discernimento degli spiriti. Gemma Galgani pertanto, non poté essere un’illusa.
Ma, facciamo pure la supposizione che talora, per debolezza di natura, possa essere andata soggetta ad illusione, può dirsi che questa coinvolga tutta la sua vita, in modo da infirmare la eroicità delle sue virtù? Osservo, che i Direttori Spirituali della Galgani, e particolarmente Mons. Volpi, nel guidarla, prescindettero interamente dai suoi doni carismatici, verso i quali si mostrarono anzi diffidenti ed austeri.
Sotto la loro guida, la Serva di Dio si consacrò alla pratica eroica delle virtù teologali e cardinali, senza che vi abbiano parte i fatti e le rivelazioni, delle quali anzi i detti Direttori saggiamente astraevano. Fu dietro loro ordine, che la Gemma dové implorare dal Signore l’occultamento delle stigmate, l’arresto dei sudori di sangue ecc. Quanto poco la vita perfettissima della Galgani dipendesse dai suoi ratti e doni gratis dati, lo si argomenti, oltre che dalla sua continua, perfetta e specifica ubbidienza universale ai propri Direttori spirituali, anche dalla diffidenza profonda che nutriva per i propri lumi, come, tra l’altro, lo si deduce da questo brano di lettera al suo Confessore: «Le mie cose non vengono da Dio, ma il tutto viene dal diavolo come gli aveva detto una tal religiosa che ella nomina ; preghi Gesù, lume, lume, babbo mio. È tutto falsa devozione, me ne avvedo troppo bene; è tutto ipocrisia» Positio super revisione Scriptorum, pag. 32 .

Perciò, dato pure che in tutto il complesso dei doni carismatici attribuiti alla Galgani, siasi potuta insinuare talora, senza sua colpa, qualche illusione, né questa poté essere tale da coinvolgere tutta la sua vita, diretta minutamente dall’ubbidienza ai suoi direttori, né poté in alcun modo infirmare l’eroicità delle sue virtù, già dimostrate nei processi con prove dirette et per se stantibus.

III. Come si diportò la Serva di Dio di fronte ai fatti straordinari, qualunque sia stata la loro origine e natura?

Oltre ai criteri di prudenza più sopra ricordati, ad un vivo senso del bisogno in cui era di direzione spirituale, Gemma Galgani di fronte a tali fatti straodinari s’inabissò sempre più nel dispregio di se medesima, trasecolando che Dio si degnasse di porre le mani in un siffatto «letamaio». La sua umiltà la porta a forme affatto iperboliche, come quando desidera che i suoi direttori spirituali le recidano il capo. Se è vero che l’albero si conosce massimamente dai frutti, conviene ritenere autentici anche i fatti straordinari della Serva di Dio, perché di essi la Galgani si servì come di mezzi per offrire al Signore l’olocausto della sua ubbidienza, dell’umiltà sua, dell’odio che aveva a proprio riguardo. In tutta la vita e nei Processi della Serva di Dio, non si verifica mai che i fatti ed illustrazioni della Gemma non siano connessi coll’esercizio delle più eroiche virtù. Lungi dal blandire la corrotta natura, tali carismi contribuirono a martorizzare l’Angelica Fanciulla, consacrando quasi la sposa dello Sposo Crocifisso. Al contrario, la pseudomistica, presto o tardi porta alla natura corrotta; anzi, quasi sempre, al senso. Gemma invece fu umile, soprattutto umile; anzi, fu più umile, soprattutto pei suoi doni carismatici, tanto da attribuirli al demonio e da ritenersi cattiva. Quindi, non poté essere ingannata, e scansò perciò le varie e fini arti del demonio che tentava di trarla in errore ed in peccato.

IV. Non si può prevedere il pericolo che, approvando le virtù della Galgani, si possa ritenere dal pubblico, che anche i doni straordinari siano in certo qual modo approvati?

Il pericolo è comune a molti altri santi insigniti di tali doni, quali la beata Angela da Foligno, santa Birgitta, santa Gertrude ecc., le cui estasi e rivelazioni vanno per le mani dei fedeli anche con l’approvazione ecclesiastica, e vengono lette con frutto ed edificazione. L’insegnamento tuttavia della Chiesa a proposito di tali doni è esplicito, né ignoto ai fedeli. L’approvazione ecclesiastica concessa alle rivelazioni di santa Gertrude o di santa Birgitta, non garantisce minimamente l’oggettiva verità di quei racconti, ma dichiara semplicemente, che in quegli scritti non è stato ritrovato nulla che sia alieno all’insegnamento della Chiesa Cattolica. Quest’identica dichiarazione è stata emessa dal censore che, a nome della S. Congregazione, ha esaminato i vari scritti di Gemma Galgani. L’E.mo già Cardinale Billot diceva un giorno, che anche tra le rivelazioni di santa Margherita Alacoque ve ne aveva taluna erronea e falsa. Eppure, la santità dell’Alacoque è stata canonizzata, siccome quella che aveva per base le sue virtù, e non i suoi veri o supposti doni carismatici. Siccome pure la Chiesa nel proporre ai fedeli la devozione al Cuore Sacratissimo di Gesù ha fondato la sua dottrina su basi teologiche ben diversamente solide, di quello che potessero esserlo le rivelazioni di santa Margherita. Come tutte codeste rivelazioni non escono dalla cerchia delle rivelazioni private, ordinate cioè «per sé» alla fede ed alla santificazione di colui che le riceve, così anche dopo la beatificazione della Galgani, si direbbe semplicemente che la Chiesa, nel fatto di codesti doni carismatici, non v’ha scoperto nulla di colposo e nella dottrina che contengono, nulla che volutamente si discosti dall’insegnamento Cattolico. Non si potrebbe, né si dovrebbe dire di più.

V. E non verrebbe con quella approvazione compromessa l’autorità della Chiesa, qualora l’origine e l’indole di quei fatti fosse sospetta?

Il sospetto può cadere sull’oggettività del dono carismatico, o sul modo di diportarsi della Serva di Dio in ordine ad esso.
Quanto al primo quesito di Gemma Galgani, meglio che risolverlo essa stessa era in dovere di sottoporlo sinceramente e di farlo risolvere dai suoi direttori spirituali, siccome essa fece costantemente. Sicché, dato che ci fosse stato inganno o illusione diabolica, di questa sarebbero stati vittima, non già l’umile Vergine lucchese, ma i suoi Direttori; cosa che è massimamente improbabile, attesa la loro prudenza, esperienza di teologia mistica e sommo riserbo che adoperarono.
Se invece il dubbio verge sul modo col quale la Serva di Dio si comportò in ordine a tali doni carismatici, osservo che codesto dubbio è stato escluso da quello che abbiamo osservato dianzi. Non è dubbio, ma certo è dimostrato giuridicamente dai processi, che la santità di Gemma Galgani non ebbe per origine o motivo le sue estasi o rivelazioni, alle quali essa non prestò che troppo scarsa fede, ma s’appoggiò sulle solide basi dell’ubbidienza, dell’umiltà, della mortificazione.
L’approvazione data dalla Chiesa alle virtù eroiche della Serva di Dio, non comprometterebbe quindi punto l’autorità della Sede Apostolica, qualora potesse dimostrarsi sospetta l’origine e l’indole dei fatti carismatici di cui fu adorna; perché il giudizio della Chiesa verge direttamente sulle virtù eroiche, ben stabilite e dimostrate giuridicamente, ed astrae, come dalle visioni d’origine soprannaturale, così ancora dalle possibili debolezze psichiche, a cui anche un santo può andar soggetto senza sua colpa.
Ad esempio del divin Redentore che dal diavolo venne condotto al pinnacolo del tempio, e prima ancora, con una visione panoramica irreale, aveva visto tutti i regni del mondo, colla loro gloria, anche i Santi poterono, senza alcuna loro colpa, subire esteriormente l’influenza del padre della menzogna. L’agiografia è piena di esempi, e basterà citare quello di san Benedetto che col segno della Croce dissipò l’illusione fantastica dell’incendio della cucina, che il diavolo aveva prodotto tra i suoi monaci.
Si sa che la Vergine sant’Eustochio fu ossessa durante tutta la sua vita, ed è parimenti noto, che parecchie profezie di santi, per es. San Pier Damiani, Santa Birgitta ecc. non si verificarono punto. Quindi, anche nel caso massimamente improbabile che potesse dimostrarsi sospetta l’origine o l’indole dei fatti carismatici di Gemma Galgani, l’autorità della Chiesa non correrebbe alcun pericolo perché in tal caso anzi rifulgerebbe di più la santità eroica della Vergine Lucchese. Si direbbe allora che Gemma, nonostante un temperamento eventualmente isterico, di cui il demonio cercava di approfittare per trarla in inganno, per mezzo dell’ubbidienza e dell’umiltà ha confuso Satana, ha superato l’infermità del corpo e la debolezza del sesso, dando prove ancor più mirabili di virtù cristiana, che sole e non già codeste tentazioni ha inteso di approvare la Chiesa con la di lei beatificazione.
Del resto, la supposizione dell’origine poco legittima delle rivelazioni e dei doni carismatici di Gemma Galgani, a quello che insegna la teologia mistica, cade, quando si rifletta all’ubbidienza della Serva di Dio ed alla saggezza dei suoi direttori spirituali. Se nella condotta della Vergine Lucchese dovesse riconoscersi errore o colpa, queste ricadrebbero non solo sui suoi Direttori, ma sulla stessa dottrina degli autori mistici, giusta la quale Gemma regolò fedelmente la sua condotta sotto il continuo controllo dei suoi superiori. In tal caso si potrebbe facilmente dire: «Domine, si error est, a Te decepti sumus». Ma non può esservi errore dove è vera ubbidienza e umiltà, secondo che insegnano i Santi.

Un ultimo quesito. La Serva di Dio non fu ella un’isterica?

Premetto, che simile accusa, con grande apparato scientifico, venne mossa anche sul conto di santa Teresa d’Avila, di santa Teresa del Bambino Gesù ecc.
Di più, essendo l’isterismo una malattia che, seppure attenua, non toglie tuttavia il libero giudizio dell’intelletto e della volontà, e quindi neppure la responsabilità degli atti umani, può essa benissimo comporsi anche con una santità eroica, ogni qualvolta cioè un Servo di Dio per il fedele uso della grazia reagisce e supera l’infermità della natura.

Se è stata possibile la santità perfino nello stato abituale d’ossessione, perché non lo potrà essere in una semplice condizione patologica?
Però, anche ammesso che, tra gli altri miracoli della divina potenza, la santità che supera e vince il temperamento isterico rappresenta una vittoria della grazia ancor più gloriosa, non mi sembra tuttavia che questo sia il caso di Gemma Galgani.
Conosciamo bene i segni diagnostici dei temperamenti isterici. Bugiardi, volubili, egoisti, facilmente sensuali, egocentrici, finti, facilmente eccitabiliin una parola, deboli e ripiegati in loro medesimi.
Gemma Galgani in tutta la sua vita diede continue e costanti prove di qualità precisamente opposte alle note che distinguono i temperamenti isterici.
Ella, che nelle sue lettere apparisce d’una limpidezza cristallina, nulla più abborrisce che la finzione e l’inganno; e nelle sue relazioni coi direttori spirituali, coi benefattori, coi parenti, è continuamente preoccupata d’apparir loro quale riteneva fermamente d’essere, una povera creatura, un essere degenerato, un letamaio. Chiede continuamente lume per sé e pei suoi direttori.
La Galgani nel suo cammino ascensionale verso la santità e lo stato di completa immolazione, fu costante, nonostante tutti gli artifici e le sevizie dei demoni, tutte le contradizioni e le critiche degli uomini, nonostante le sue stesse continue ed atroci sofferenze. La sua eroica virtù non conobbe alti e bassi, tregue e riprese, periodi di fervore che si succedono e stasi di debolezze: Gemma fu sempre fervorosa, né mai altro desiderò e cercò, che il talamo dello Sposo Verginale, il legno della Croce.
La Serva di Dio, lungi dall’essere egoista ed egocentrica, amava per se stessa il nascondimento ed il volontario dispregio, per essere invece tutto zelo e carità verso gli altri. I doni mangerecci che riceveva, passavano ai membri della famiglia Giannini; ed ella, tuttoché malata, faceva da mammina coi bambini della sua benefattrice. Anche nelle estasi e nelle preghiere, apparisce continuamente preoccupata del bene degli altri, per la cui salvezza e salute temporale non esita perfino d’offrire al Signore la propria vita.
Gemma, non solo non adombrò il proprio giglio con alcun attacco meno che puro; ma anzi la sua vita, specialmente dopo il dono delle stigmate e la partecipazione ai dolori della Passione del Redentore, fu un prolungato martirio durato sino all’estrema agonia.
Morì ad immagine del Salvatore, desolata, ma serena; morì d’eccesso di dolore: Gesù mio, disse, ora non ne posso più . Detto questo, allargò le sue braccia e reclinando il capo spirò d’amore e di dolore, come Gesù Cristo in Croce.
La fortezza di Gemma risplende in tutta la sua vita; fortezza, non soltanto nel sostenere impavida, anzi, amare le sue sofferenze mistiche che le straziarono il corpo e l’immolarono sulla Croce nel primo fiore della sua giovinezza; ma soprattutto nel sostenere serena, ma ferma, le catastrofi materiali della sua famiglia, i disagi delle malattie, della povertà, il furore e l’ossessione del demonio, e tutto questo senza un lamento, senza un rimpianto, senza un compromesso o una cessione alla natura, al mondo, all’inferno. Evidentemente, chi ha potuto compiere tali eroismi, non solo non può essere un temperamento isterico, insufficiente, malato; ma, siccome tanta fortezza che fa ricordare quella della beata Angela da Foligno, di santa Rosa da Lima, di santa Caterina da Siena, sorpassa di molto la possibilità della nostra comun povera natura, accusa evidentemente un’origine più alta, siccome è scritto: « Fortis ut mors dilectio, dura sicut infernus aemulatio; lampades eius lampades ignis atque flammarum». Quae omnia dicta sint sub censura etc.

Monte Cassino, 7 marzo 1929.

+ Ildefonso
Ab. di S. Paolo e Ordinario

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