
“Dal seguire bene la nostra vocazione dipende la nostra felicità terrena ed eterna.”
Questa frase di Gianna Beretta Molla incarna in modo significativo il motivo per cui questa donna, una santa madre, sposa e medico, ha così tanto da insegnarci.
Gianna Beretta Molla nacque il 4 ottobre 1922 a Magenta, Milano, in una famiglia profondamente cristiana. Era la decima di tredici figli.
Il padre, Alberto, era un uomo di fede profonda: ogni giorno alle cinque del mattino andava a Messa prima del lavoro, così come faceva la madre, Maria De Micheli, che alla Messa quotidiana andava con i figli. Dal 1928, quando fece la Prima Comunione, anche Gianna disse che la Messa era “il suo cibo indispensabile di ogni giorno”. I genitori erano attenti al lato spirituale, all’educazione e all’istruzione dei figli.
Gianna amava le cose belle: la musica, la pittura, le gite in montagna.
Tuttavia, ebbe varie sofferenze e difficoltà che ne potenziarono il carattere e la fede:
- nel 1937 morì la sorella Amalia (26 anni);
- nel 1938, essendo cagionevole di salute, dopo la quinta ginnasio venne tenuta a casa un anno per curarsi, per poi riprendere nel 1939 il liceo classico;
- nel 1942, in poco più di quattro mesi, perse entrambi i genitori.
Nel marzo 1938, Gianna fece degli Esercizi Spirituali (ci è rimasto il quadernetto) che furono per lei fondamentali nel cammino di fede. Scrisse infatti: “O Gesù, ti prometto di sottomettermi a tutto ciò che permetterai mi accada, fammi solo conoscere la tua Volontà…”.
In qualche modo, quegli esercizi posero le basi perché lei seguisse la sua vocazione, che considerava un dono di Dio:
“Dal seguire bene la nostra vocazione dipende la nostra felicità terrena ed eterna.”
Dal 1942 al 1949 seguì gli studi di Medicina, laureandosi a Pavia.
Nel 1950 aprì un suo ambulatorio INAM.
Si specializzò in Pediatria nel 1952.
Tutto ciò senza mai abbandonare la sua Messa quotidiana, la preghiera, i suoi impegni di apostolato in vari ambiti e le sue passioni: musica, sci, alpinismo, pittura.
Inizialmente, Gianna maturò il pensiero di raggiungere il fratello padre Alberto, missionario in Brasile, ma la sua salute era precaria e comprese, con l’aiuto del suo padre spirituale, che quella non era la sua vocazione.
Attese quindi un segno per comprendere che strada seguire nella vita.
L’8 dicembre 1954 ebbe il suo primo incontro con Pietro Molla, ingegnere, anche lui laico impegnato in Azione Cattolica.
Il 21 febbraio 1955 Gianna scrisse: «Vorrei proprio farti felice ed essere quella che tu desideri: buona, comprensiva e pronta ai sacrifici che la vita ci chiederà. […] Ora ci sei tu, a cui già voglio bene e intendo donarmi per formare una famiglia veramente cristiana».
L’amicizia con Pietro Molla portò velocemente al fidanzamento nell’aprile del 1955.
“Carissimo Pietro,
come potrei ringraziarti per il magnifico anello¹? Pietro, in cambio, ti dono il mio cuore e ti amerò sempre, così come lo faccio ora.
Alla vigilia del nostro fidanzamento, penso che ti faccia piacere sapere che tu sei la persona più cara per me. I miei pensieri, affetti e desideri sono costantemente rivolti a te, e non vedo l’ora del momento in cui sarò tua per sempre.
Pietro carissimo, sai che desidero profondamente la tua felicità; dimmi come posso contribuire a renderla completa. Ho fiducia nel Signore e sono certa che mi aiuterà a essere la tua degna sposa.
Mi piace riflettere spesso sul brano dell’Epistola della Messa di Santa Anna: ‘La donna forte, chi la troverà? Il cuore di suo marito può confidare in lei… non gli farà che bene, né mai gli reca danno, per tutto il tempo della vita²’ e così via.
Pietro, vorrei essere per te la donna forte del Vangelo³! Tuttavia, talvolta mi sento debole. In questi momenti, mi appoggerò al tuo braccio forte. Mi sento così sicura vicino a te!
Ti chiedo un favore, Pietro. Se noti che faccio qualcosa che non va bene, dimmelo e correggimi. Ti sarò sempre grata.
Con affetto sincero, ti abbraccio e ti auguro una Santa Pasqua.
Gianna”
«Pietro, potessi dirti tutto ciò che sento per te! Ma non sono capace, supplisci tu. Il Signore proprio mi ha voluto bene. Tu sei l’uomo che desideravo incontrare, ma non ti nego che più volte mi chiedo: «Sarò io degna di lui?». Sì, di te, Pietro, perché mi sento così un nulla, così capace di niente che, pur desiderando grandemente di farti felice, temo di non riuscirvi. E allora prego così il Signore: «Signore, tu che vedi i miei sentimenti e la mia buona volontà, rimediaci tu e aiutami a diventare una sposa e una madre come Tu vuoi e penso che anche Pietro lo desideri». Va bene così, Pietro?».
Il 24 settembre 1955 Gianna e Pietro si sposarono.
Il Signore esaudì presto il suo grande desiderio di diventare mamma di tanti bambini: il 19 novembre 1956 nacque Pierluigi, l’11 dicembre 1957 Maria Zita (Mariolina) e il 15 luglio 1959 Laura, tutti e tre nati nella casa di Ponte Nuovo.
Gianna riuscì, con grande forza e maturità, a portare avanti i suoi doveri di madre, di moglie e di medico a Mesero e a Ponte Nuovo (Magenta, in provincia di Milano), con la sua grande gioia di vivere.
Nel settembre 1961, durante la sua sesta gravidanza, Gianna scoprì di avere un voluminoso fibroma all’utero. Prima dell’operazione per rimuoverlo, all’Ospedale San Gerardo di Monza, chiese con determinazione al chirurgo di salvare la vita del bambino, affidandosi alla preghiera e alla Provvidenza. L’intervento riuscì e la gravidanza continuò.
Nei mesi successivi, affrontò la situazione con forza d’animo, temendo per la salute del nascituro e pregando Dio. Poco prima del parto, dichiarò con fermezza al marito Pietro: “Se dovete decidere fra me e il bimbo, nessuna esitazione: scegliete – e lo esigo – il bimbo. Salvate lui”. Pietro, pur consapevole delle dolorose conseguenze, rispettò la sua scelta.
Gianna vedeva nel bambino lo stesso diritto alla vita dei suoi altri figli e si affidava alla Provvidenza per la loro crescita. La sua decisione fu il frutto di una profonda fede, dell’amore materno e della convinzione che la vita fosse un bene sacro.
Il 20 aprile 1962, Venerdì Santo, Gianna fu ricoverata all’Ospedale di Monza. Il parto naturale non ebbe successo, così il mattino del 21 aprile, Sabato Santo, nacque Gianna Emanuela con un cesareo. Subito dopo, per Gianna iniziò una dolorosa agonia a causa di una peritonite settica.
La sorella, Madre Virginia, racconta: “Gianna ha rifiutato ogni calmante per essere sempre consapevole di quanto avveniva e presente a se stessa.” Nonostante le sofferenze, trovava conforto nella fede: “Sapessi quale conforto ho ricevuto baciando il tuo Crocifisso!… Oh, se non ci fosse Gesù che ci consola in certi momenti!…” Pregava incessantemente: “Gesù, ti amo… Gesù, ti adoro… Gesù, aiutami… Mamma, aiutami… Maria…”
Le sue condizioni peggiorarono, ma desiderò comunque ricevere l’Eucaristia. A causa del forte vomito, riuscì solo a sfiorare l’Ostia con le labbra. Suo fratello Ferdinando, incapace di avvisarla dell’imminente fine, chiese a Madre Virginia di farlo. Lei le sussurrò: “Coraggio, Gianna, Papà e Mamma sono in Cielo che ti aspettano: sei contenta di andarvi?” Madre Virginia ricorda: “Nel movimento del suo ciglio si poté leggere la sua completa e amorevole adesione alla Volontà Divina”.
Il 28 aprile, Sabato in Albis, Gianna fu riportata nella sua casa di Ponte Nuovo, dove morì alle 8 del mattino. Aveva 39 anni. Ai funerali, che si svolsero tra Ponte Nuovo e Mesero, partecipò una folla commossa in preghiera. In attesa della costruzione della cappella di famiglia, fu sepolta provvisoriamente nella cappella dei sacerdoti. Tre anni dopo, il suo corpo venne traslato nella cappella di famiglia, dove riposa tuttora.
Paolo Botti
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