Scienza e ricerche sulla Sindone

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Giuseppe Enrie, 1931, Public domain, via Wikimedia Commons

Nel 1898 con la prima fotografia iniziò per la Sindone una fase nuova, quella delle indagini scientifiche per rispondere a qualche domanda in piu’ sul telo piu’ famoso al mondo.

Come si è formata l’immagine della Sindone?
Come è possibile che un cadavere lasci un’impronta con caratteristiche simili su un lenzuolo.
Durante i cento anni di ricerca, sono state avanzate diverse teorie e condotti numerosi esperimenti per cercare di riprodurre un’immagine simile a quella presente sulla Sindone, sia utilizzando cadaveri sia attraverso metodi artificiali. Alcuni hanno ipotizzato che l’impronta sia stata generata dalle reazioni chimiche tra i vapori di ammoniaca emessi dal cadavere e le sostanze profumate vegetali come l’aloe e la mirra, utilizzate nell’antichità per onorare i defunti. Altri hanno ipotizzato la presenza di una radiazione proveniente dal corpo stesso o da una fonte esterna. Alcuni esperimenti hanno sfruttato l’energia termica generata da una statua di metallo riscaldata, mentre altri hanno tentato di dipingere un’immagine utilizzando ocra rossa su un lenzuolo.

Tuttavia, nessuno di questi esperimenti è riuscito a produrre un’immagine simile a quella della Sindone in modo soddisfacente. Inoltre, alcune caratteristiche dell’immagine sindonica rimangono ancora irripetibili fino ad oggi. Nonostante ciò, i risultati ottenuti hanno permesso di affermare con certezza che l’immagine è stata prodotta da un processo naturale derivante dal cadavere di un essere umano, escludendo l’intervento di un artista che avrebbe utilizzato tecniche di riproduzione convenzionali.

Nel 1978, il gruppo di ricerca americano chiamato STURP (Shroud of Turin Research Project) ha condotto esperimenti diretti sulla Sindone. Attraverso una serie complessa di esami, gli scienziati hanno stabilito che non vi erano pigmenti o coloranti presenti sul lenzuolo, dimostrando inoltre che l’immagine corporea è assente sotto le macchie di sangue (indicando che si è formata successivamente a esse). L’impronta si estende solo per uno spessore di pochi centesimi di millimetro nelle fibre superficiali del tessuto ed è risultata essere “dovuta ad un’ossidazione-disidratazione della cellulosa”. Il processo di formazione di tale impronta rimane ancora sconosciuto e sicuramente non è stato causato da mezzi artificiali.

Che tracce biologiche si possono trovare?
In due diversi anni nel 1973 e nel 1978, vennero effettuati sulla Sindone, mediante l’applicazione di nastri adesivi, alcuni prelievi di microtracce, rinvenendo granuli di polline appartenenti a 58 piante fiorifere. Poichè alcuni di essi provengono da piante che crescono solo in Palestina e in Anatolia (nell’attuale Turchia) si può concludere che è altamente probabile la permanenza prolungata della Sindone, oltre che in Europa, anche in tali regioni. Ulteriori ricerche, condotte anche da studiosi israeliani, hanno permesso la scoperta di altri tipi di piante, scoperta che ha consentito di confermare la suddetta ipotesi.


Cosa si puo’ sapere dalle macchie di sangue?
L’analisi delle macchie di colore rosso visibili sulla Sindone ha sempre portato a considerarle come macchie di sangue. Tuttavia, per avere una certezza assoluta, era necessario condurre un esame approfondito del materiale presente su tali macchie. Nel 1978, due squadre di ricercatori (una italiana e una americana) hanno prelevato campioni di questo materiale e gli esami condotti negli anni successivi hanno confermato la presenza di sangue umano di gruppo AB.

Cosa ci puo’ dire il materiale del tessuto della Sindone?
La Sindone presenta un tessuto intrecciato su un rudimentale telaio a pedale, con una torcitura a spina di pesce che era comune nell’area siro-palestinese durante l’epoca di Cristo. Le sue dimensioni corrispondono ai cubiti siriani.

Sono state rilevate tracce di “natron” sulla Sindone, una sostanza utilizzata in Egitto per l’imbalsamazione a causa della sua proprietà di assorbire l’acqua. Anche in Palestina, essa veniva utilizzata per la deidratazione dei cadaveri. Inoltre, è stata identificata la presenza di aloe e mirra sul telo, sostanze utilizzate in Palestina durante i tempi di Cristo per la sepoltura dei defunti.

Sulla Sindone sono state trovate anche spore, funghi e acari simili a quelli riscontrati nelle tombe dello stesso periodo.

Cosa si puo’ dedurre dall’immagine studiata con i mezzi moderni?
Nel 1977, un gruppo di scienziati americani ha sottoposto l’immagine della Sindone a un’elaborazione elettronica, effettuando una scansione speciale. Questo processo ha rivelato che l’immagine contiene caratteristiche tridimensionali uniche, non presenti nei dipinti o nelle fotografie tradizionali. Un anno dopo, un team di studiosi torinesi ha ottenuto indipendentemente immagini tridimensionali ad alta definizione, rivelando numerosi dettagli altrimenti invisibili. Ad esempio, sono state evidenziate le tracce sulla palpebra destra, lasciate da un oggetto che molto probabilmente corrisponde a una moneta romana coniata nella prima metà del primo secolo d.C.

Inoltre, sono state ottenute immagini del volto privo di ferite e colature di sangue, permettendo di ricavare una rappresentazione realistica del volto dell’uomo della Sindone. In seguito, gli studiosi hanno condotto un’elaborazione elettronica comparativa tra il volto dell’uomo della Sindone e le principali icone che raffigurano il volto di Gesù risalenti al primo millennio dell’era cristiana. Questo confronto ha evidenziato un elevato numero di somiglianze, suggerendo fortemente che il volto dell’uomo della Sindone potrebbe essere stato usato dal VI secolo come immagine di riferimento per le icone.

Che ricerche si possono fare sulla datazione?

Nel 1988, sono stati prelevati tre campioni di tessuto dalla Sindone al fine di sottoporli alla datazione mediante il metodo del radiocarbonio, comunemente noto come C14. I risultati ottenuti da tre laboratori incaricati dell’esame hanno indicato che il tessuto della Sindone risaliva a un periodo compreso tra il 1260 e il 1390 d.C. Tuttavia, questi risultati sono ancora oggetto di un ampio dibattito tra gli studiosi riguardo all’affidabilità dell’uso del metodo del radiocarbonio per datare un oggetto con caratteristiche storiche e chimico-fisiche così particolari come quelle della Sindone.

La datazione medievale ottenuta contrasta con vari risultati ottenuti in altri campi di ricerca. Inoltre, è difficile stabilire se nel corso dei secoli si sia verificato un accumulo di nuovo C14 rispetto a quello presente al momento del taglio del lino utilizzato per tessere la Sindone. Studi condotti su tessuti antichi hanno ulteriormente riaperto il dibattito scientifico sulla datazione della Sindone, rilevando che contaminazioni di natura tessile, biologica e chimica possono alterare in modo significativo l’età radiocarbonica di un tessuto.

Dato che la Sindone è stata chiaramente soggetta a contaminazioni di natura biologica (come dimostrato dalle microtracce rinvenute) e chimica (a causa dell’incendio subito a Chambéry), i suddetti risultati sperimentali meritano un’attenta analisi e verifica attraverso un ampio programma di ricerca e nuovi esami. Ciò consentirebbe di valutare il problema dell’introduzione di un adeguato fattore di correzione alla datazione radiocarbonica del tessuto sindonico.

Che sistemi di conservazione vengono adottati ad oggi?

Nel 1992, una commissione internazionale di scienziati fu incaricata di sviluppare un nuovo e moderno sistema di conservazione per la Sindone. Dopo anni di studio e verifica, furono progettate due nuove teche: una di massima sicurezza, utilizzata per le ostensioni del 1998, 2000 e 2010, e una più leggera per la conservazione ordinaria.

Nella teche, la Sindone è posizionata in orizzontale, completamente distesa, immersa in argon, un gas inerte. È protetta dalla luce e mantenuta in condizioni climatiche costanti di temperatura, umidità e pressione, monitorate da un sistema computerizzato. La conservazione all’interno di un gas inerte come l’argon, che non reagisce con gli elementi chimici comuni, è essenziale per prevenire lo sviluppo di batteri e rallentare l’ingiallimento progressivo del tessuto causato dall’ossidazione naturale dovuta all’ossigeno atmosferico. Questo ingiallimento è responsabile della diminuzione graduale della visibilità dell’immagine.

Le due nuove teche hanno la forma di un parallelepipedo, con le superfici laterali e inferiori realizzate in una lega metallica e la superficie superiore in vetro antigraffio.

Nel 2002, la Sindone è stata oggetto di un importante e indispensabile restauro. Le toppe cucite nel 1534 per coprire i danni causati dall’incendio sono state rimosse, e il tessuto d’Olanda utilizzato per la cucitura è stato sostituito. Questo restauro ha permesso di rimuovere i materiali inquinanti presenti sotto le toppe, i residui dell’incendio di Chambery del 1532, che sono stati accuratamente raccolti in contenitori sigillati e catalogati.

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