Le presenze moldave in Italia sono un fenomeno relativamente recente, i primi flussi in ingresso sono da collegare alla crisi economica e politica seguita all’indipendenza dall’Unione Sovietica (a seguito del crollo della stessa), che spinse la popolazione a ricercare all’estero occasioni di sostentamento a causa dei crescenti livelli di disoccupazione e povertà. Le migrazioni verso il nostro Paese furono facilitate da diversi fattori: in primis la prossimità geografica e la relativa facilità nel raggiungere i confini italiani; l’elevato livello di benessere e la migliore qualità della vita in Italia; l’origine neolatina che le due lingue condividono nonché la vicinanza con la cultura romena, di cui l’Italia ospita un gran numero di immigrati. Proprio la presenza di una forte comunità romena rende tutt’oggi difficile stimare la reale entità della comunità moldava in Italia, a causa del fenomeno diffuso della doppia cittadinanza: si stima che circa 300mila cittadini moldavi acquisirono la cittadinanza romena prima del 2001, anche in vista dei vantaggi per la circolazione nell’Unione Europea.
La comunità moldava risulta decima per numerosità, tra le principali di cittadinanza non comunitaria, i moldavi regolarmente soggiornanti in Italia al 1° gennaio 2022 sono infatti 113.579, un numero in lieve calo rispetto all’anno precedente (-0,5%), in controtendenza con il generale andamento delle presenze extra UE (+5,6%).
La popolazione moldava è fortemente concentrata nel Nord del Paese, dove si trova il 77% della comunità, in particolare nel Veneto, prima regione, che ne accoglie il 26,5% (per il complesso dei non comunitari la quota scende al 10%); segue l’Emilia-Romagna, dove si trova il 22% dei cittadini moldavi, e la Lombardia, con una percentuale pari a 16,2%. Si trova nel centro Italia un quinto della comunità, con una significativa presenza nella regione Lazio (11,3%). La presenza nel Mezzogiorno, invece, riguarda il 3% della popolazione moldava.
La popolazione moldava in Italia è molto sbilanciata sotto il profilo del genere: le donne rappresentano più del 67% e gli uomini il restante 33% circa. Tale netta prevalenza femminile evidenzia, con ogni probabilità, la mancanza di progetti migratori di tipo familiare, a favore di un modello circolare: chi ha intrapreso il percorso migratorio mantiene un legame forte con il Paese di origine, dove è rimasto il nucleo familiare e ne supporta il sostentamento attraverso le rimesse.
Con un’età media pari a 39 anni e una quota di over 60 pari al 14%, la comunità moldava risulta decisamente più matura della complessiva popolazione non comunitaria nel Paese (età media 36, over 60: 10,2%).
Si registra in particolare una significativa concentrazione nella fascia di età più adulta: il 39% circa ha un’età superiore ai 45 anni (a fronte del 32% circa rilevato sul complesso dei non comunitari). Inferiore alla media dei non comunitari è la presenza di minori, che pur rappresentando la classe di età prevalente nella comunità– coprono una quota pari al 16,8%, a fronte del 20,9% rilevato sul totale dei cittadini extra UE, caratteristica riconducibile alla debole presenza di nuclei familiari. Lo sbilanciamento verso il genere femminile, la ridotta quota di minori e il basso tasso di natalità (7,2
per mille a fronte di 12 del complesso dei non comunitari) sono dati da collegare alle caratteristiche assunte dalla migrazione moldava nel nostro Paese, che ha generalmente visto quali principali protagoniste donne inserite nei servizi di cura alle famiglie e alle persone, settore che rende piuttosto complesso il ricongiungimento o la costituzione ex novo di nuclei familiari.
Testo da
Rapporti annuali sulle comunità migranti in Italia, curati dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali-Direzione Generale dell’immigrazione e delle politiche di integrazione con la collaborazione di ANPAL Servizi SPA,