La caratterizzazione della migrazione cinese nel nostro Paese è resa particolarmente evidente da un’analisi dei dati sul mercato del lavoro, che evidenziano il marcato inserimento della comunità nel settore commerciale (il 30% dei lavoratori della comunità vi è impiegato) e nel settore ricettivo, che occupa circa il 28% dei lavoratori cinesi in Italia. Anche il settore industriale in senso stretto è molto rilevante, riguardando circa il 28% dei lavoratori della comunità.
Un’analisi dei principali indicatori sul mercato del lavoro rivela performance occupazionali migliori di quelle registrate per il complesso della popolazione non comunitaria: il tasso di occupazione è pari al 68% circa (a fronte del 58,8% registrato per il complesso degli extra UE), il tasso di inattività è del 27,7% (per il complesso della popolazione non comunitaria l’indicatore è pari al 33% circa), mentre il tasso di disoccupazione si attesta sul 6%, contro il 13% relativo alla popolazione non comunitaria nel complesso.
Un’analisi di genere mostra un buon protagonismo della componente femminile della comunità: nel caso della comunità cinese, infatti, lo scarto tra i livelli occupazionali maschili e femminili è piuttosto contenuto, con tassi superiori alla media non comunitaria, tanto per gli uomini che per le donne. Il tasso di occupazione è pari al 73% circa per gli uomini (impercettibilmente inferiore a quello registrato per gli uomini non comunitari, 73,5%), mentre per le donne è del 61,9% (43% per le donne non comunitarie) e i tassi di inattività e disoccupazione sono decisamente meno elevati rispetto alle rispettive medie.
Nonostante l’elevata quota di studenti universitari cinesi, la comunità si contraddistingue per un livello di istruzione tra gli occupati inferiore alla media non comunitaria: la quota di laureati cinesi è di circa il 5% (contro il 10,5% della media non comunitaria), i diplomati sono il 18,2% (rispetto al 32,8% degli extra UE), mentre il restante 77% circa ha al massimo la licenza media.
Per quanto riguarda le tipologie professionali, prevalgono gli impiegati, gli addetti alle vendite e i servizi personali (61,2%). Il lavoro manuale specializzato riguarda il 28% dei lavoratori della comunità, quello non qualificato il 6,5%, mentre il 4,2% ricopre posizioni di dirigenti e professionisti nel campo intellettuale e tecnico.
La comunità cinese ha un ruolo significativo nel settore imprenditoriale, posizionandosi al secondo posto, tra le comunità non comunitarie, per numero di titolari di imprese individuali (dopo la comunità marocchina). Al 31 dicembre 2021, vi sono 51.9264 titolari di imprese individuali di origine cinese, rappresentando il 13,2% degli imprenditori non comunitari in Italia, con un lieve calo rispetto all’anno precedente (-1,4%). Le donne costituiscono il 47% degli imprenditori individuali cinesi, posizionando la comunità al terzo posto per incidenza femminile tra le principali comunità non comunitarie. La distribuzione regionale delle imprese guidate da cittadini nati in Cina è parzialmente sovrapponibile alla distribuzione territoriale della comunità. Le principali regioni di insediamento imprenditoriale cinese sono la Toscana (21%), la Lombardia (circa il 20%) e l’Emilia-Romagna (9,5%). A livello provinciale, Milano rappresenta il 10,8% degli imprenditori individuali cinesi, seguita a breve distanza da Prato (10,7%) e Firenze (7,6%).
Il settore prevalente per le imprese cinesi è il commercio al dettaglio e all’ingrosso, con una quota del 35,3%. Il 10% delle imprese individuali non comunitarie nel settore commercio è di origine cinese. Il secondo settore di investimento per le imprese cinesi è il manifatturiero, coinvolgendo oltre un terzo delle imprese individuali cinesi. Il 56% delle imprese manifatturiere individuali gestite da cittadini extra UE è di origine cinese. Segue il settore ricettivo, con una quota del 14,2%. Le imprese cinesi rappresentano il 30,6% delle imprese non comunitarie in questo settore.
L’elevata quota di occupati nella comunità cinese si riflette anche sui livelli di fruizione di alcune misure di welfare. L’incidenza della comunità tra i fruitori di integrazioni salariali risulta piuttosto elevata, con un percettore extra UE su dieci di origine cinese. La percentuale sale quasi al 20% per la Cassa Integrazione Guadagni in Deroga (CIGD), un dato giustificato dalle numerose attività commerciali a titolarità cinese, soprattutto di carattere familiare, che hanno subito le conseguenze della pandemia. Tuttavia, l’incidenza della comunità tra i percettori di pensioni e di misure assistenziali a carattere familiare, come congedo parentale e assegni al nucleo familiare, risulta molto bassa. Le 1.133 percettrici di maternità cinesi rappresentano il 4,5% del totale delle percettrici non comunitarie di questa misura.
Testo da
Rapporti annuali sulle comunità migranti in Italia, curati dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali-Direzione Generale dell’immigrazione e delle politiche di integrazione con la collaborazione di ANPAL Servizi SPA,