Il profilo predominante – benché non esclusivo – tra gli occupati pakistani è quello di uomini impiegati in ambito industriale, e nei trasporti e servizi alle imprese, che svolgono soprattutto lavori manuali non qualificati.
La comunità pakistana in Italia fa rilevare performance occupazionali peggiori rispetto alla popolazione non comunitaria nel complesso: il tasso di occupazione nel 2022 era pari al 49% circa (a fronte del 59,2%), il tasso di disoccupazione si attesta sul 14,3% (per il totale dei non comunitari è del 12%), mentre la quota di inattivi di età compresa tra i 15 e i 64 anni è di poco inferiore al 43%, contro il 32,7%. A differenza del complesso della popolazione non comunitaria, la comunità in esame fa rilevare una leggera diminuzione dell’occupazione (-0,9%, contro +2,7% per i non comunitari) e un aumento dell’inattività (+0,9%, -0,9% per gli extra UE in generale), mentre la disoccupazione è cresciuta impercettibilmente (+0,5%, contro -2,7%). All’interno della comunità persiste un grandissimo divario tra il tasso di occupazione maschile (71,4%) e quello femminile (7,2%), che caratterizza negativamente la collettività. Preoccupante il fenomeno dell’inattività femminile, di
cui la comunità detiene il primato tra le 16 collettività oggetto di analisi: 90,2%.
Per quanto riguarda la distribuzione degli occupati di origine pakistana tra i settori di attività economica, la comunità si caratterizza per una presenza piuttosto trasversale tra i vari comparti: primo settore di occupazione è l’Industria in senso stretto, dove è impiegato poco più di un quarto della comunità (il 27% circa); tra gli occupati extra UE in generale la percentuale si ferma al 20% circa. Secondo settore è Trasporti e altri servizi alle imprese, con un’incidenza del 21,2% (13,8% per i non comunitari), subito seguiti dal Commercio con il 18,4%, settore dove è impiegato l’11% circa del complesso degli occupati extra UE. È impiegato in ristoranti o strutture recettive il 17,5% degli occupati pakistani (11,4% tra i non comunitari), l’8,3% nel primario (contro il 6,5%), il 4,2% in Altri servizi pubblici, sociali e alle persone e il 2,2% in edilizia. Infine, l’1,3% degli occupati pakistani è impiegato in PA, istruzione e sanità.
La comunità pakistana risulta piuttosto attiva in ambito imprenditoriale; nona per numerosità si colloca in quinta posizione per numero di titolari di imprese individuali, seguendo la comunità bangladese e prima di quella egiziana. Al 31 dicembre 2022 i titolari di imprese individuali nati in Pakistan risultano 20.600, ovvero il 5,3% degli imprenditori non comunitari in Italia. Rispetto all’anno precedente il numero di imprenditori pakistani ha fatto rilevare una sensibile crescita: +2,7%, a fronte del lieve calo registrato per il complesso dei non comunitari (-0,8%). Anche nell’imprenditoria individuale emerge una schiacciante predominanza maschile: il 94,6% degli imprenditori individuali pakistani è infatti di sesso maschile.
I dati relativi alla fruizione di alcune misure assistenziali, e, in particolare, alle integrazioni salariali, evidenziano un’integrazione nel tessuto socio-lavorativo italiano della comunità pakistana non ancora matura: il 2,8% dei percettori di integrazioni salariali non comunitari è pakistano, al netto di un peso demografico sulla complessiva popolazione non comunitaria del 3,7%. Sono invece 14.058 i percettori di Naspi di nazionalità pakistana, il 3,5% del totale. È inferiore al peso demografico della collettività sulla popolazione extra UE complessiva anche l’incidenza di fruitori pakistani di pensioni assistenziali (2% circa): nello specifico, per le Pensioni di invalidità civile l’incidenza della comunità sul totale è del 2,4%, dato che nel caso di Pensioni e assegni sociali scende allo 0,6%. Quest’ultima evidenza, in particolare, sottolinea un radicamento della comunità in esame nella società italiana piuttosto acerbo: sebbene infatti si tratti di una misura riservata a persone in condizioni economiche disagiate, tra i requisiti richiesti per fruirne ci sono un permesso di soggiorno di lungo periodo e una residenza stabile, effettiva e continuativa. Infine, i 1.088 percettori di Indennità di accompagnamento e simili rappresentano il 2,6% del complesso dei percettori extra UE di questa misura. Alla luce dei dati appena visti circa le pensioni assistenziali (per le pensioni IVS i dati relativi a cittadini pakistani sono troppo pochi per essere presi in considerazione), la comunità pakistana si trova in una condizione peggiore di quella della popolazione extra UE complessivamente considerata, i cui livelli di integrazione in questo senso sono più avanzati. Per quanto riguarda la fruizione delle misure di assistenza alla famiglia, i dati
evidenziano ulteriormente una stabilizzazione non ancora matura, soprattutto se si considera l’indennità per maternità: l’assenza di dati si spiega con la già vista scarsissima partecipazione delle donne della comunità al mercato del lavoro italiano. Più incoraggiante la quota di beneficiari di congedo parentale (4% circa) e di Assegni al nucleo familiare (3% circa). Per quanto riguarda la collettività pakistana, infine, sono 4.667 i nuclei che beneficiano del RdC o della PdC, ovvero il 2,6% dei percettori non UE.
Testo da
Rapporti annuali sulle comunità migranti in Italia, curati dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali-Direzione Generale dell’immigrazione e delle politiche di integrazione con la collaborazione di ANPAL Servizi SPA,