Legislazioni nazionali sulla tratta: Romania

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Le modifiche legislative entrate in vigore il 1° febbraio del 2014 con l’adozione del nuovo Codice penale hanno cambiato la definizione di tratta di esseri umani: adesso alcune forme di sfruttamento previste dalle normative precedenti non rientrano più in questo concetto bensì, a seconda dei casi, in illeciti di altro tipo contemplati dal nuovo testo. La presente analisi considera solo lo sfruttamento del lavoro, per restare pertinente al tema di questo studio.
Il vecchio Codice penale definiva la tratta di esseri umani come lo sfruttamento di una persona tramite “lo svolgimento di lavori o servizi ottenuti con la forza o in violazione delle leggi sulle condizioni lavorative, la retribuzione, la salute e la sicurezza sul lavoro” (art. 2 della legge 678/2001).
La nuova legislazione prevede invece che lo sfruttamento lavorativo si possa considerare tratta solo se avviene “costringendo le persone a svolgere un lavoro o una mansione” (art. 182, comma 1, lettera a, nuovo Codice penale). Confrontando i due testi si nota che lo sfruttamento perpetrato “in violazione delle disposizioni legali sulle condizioni lavorative, la retribuzione, la salute e la sicurezza sul lavoro” non è più considerato tratta di esseri umani nel nuovo Codice, ma rientra in altri e diversi reati.
La legge attualmente in vigore, quindi, identifica la tratta con lo sfruttamento di una persona obbligata a fornire manodopera o servizi. Questo implica che la vittima sia costretta a lavorare contro la sua volontà, e che se avesse libertà di scelta non lo farebbe. La natura della manodopera o dei servizi, il pagamento di un eventuale compenso alla vittima per il lavoro svolto, l’ammontare di questo compenso o la presenza di condizioni lavorative adeguate sono tutti aspetti che non contano al momento di determinare l’esistenza del reato di tratta di esseri umani: quello che conta è che la vittima sia stata costretta a fornire la manodopera o i servizi.
La differenza fra la tratta di esseri umani (sfruttamento attraverso la fornitura obbligata di lavoro o servizi, art. 210 del nuovo Codice penale) e il lavoro forzato o coatto (art. 212 del nuovo Codice penale) consiste nel fatto che il primo illecito è configurabile solo se il trafficante svolge alcune operazioni precedenti allo sfruttamento. Nello specifico, in base all’art. 210 comma 1 del nuovo Codice penale, prima di arrivare al fine ultimo del reato (il lavoro coatto), il trafficante deve effettuare almeno una delle azioni previste dalla legge – reclutamento, trasporto, trasferimento, ospitalità o accoglienza della vittima – ricorrendo a metodi quali la costrizione, il rapimento, l’inganno e l’abuso d’autorità. In assenza di queste condizioni preliminari, si configura il reato di lavoro forzato o coatto (art. 212 del nuovo Codice penale) e non la tratta di esseri umani. Un’altra forma di tratta di persone regolata dalla legislazione vigente è lo sfruttamento mediante riduzione in schiavitù (art. 182, comma 1, lettera b del nuovo Codice penale), che consiste nel rendere un individuo libero totalmente dipendente da un’altra persona e mantenerlo in questa condizione, mentre il trafficante agisce come proprietario della vittima. Perché questa forma di sfruttamento si configuri è necessario che l’azione del trafficante porti alla completa abolizione della libertà individuale della vittima. Come per il reato precedente, la differenza fra la tratta di esseri umani mediante riduzione in schiavitù (art. 210 del nuovo Codice penale) e la schiavitù (definita nell’art. 209 del nuovo Codice penale) consiste nel fatto che nel primo caso il trafficante deve aver svolto una delle azioni previste – reclutamento, trasporto, ecc. – tramite costrizione, rapimento, ecc. prima dello sfruttamento. Nel caso in cui questo non si verifichi, si applica il reato di schiavitù e non quello di tratta. Il nuovo Codice penale dispone sanzioni per chiunque usufruisca volontariamente dei servizi di una persona sfruttata, ovvero di una vittima di tratta. Perché si configuri questo reato, in base all’art. 216 del nuovo Codice penale, il beneficiario dei servizi deve essere consapevole che li sta ottenendo da una vittima di tratta; in caso contrario, non è prevista alcuna responsabilità legale. Inoltre, sempre per la validità del reato, i servizi forniti dalla vittima devono rientrare fra quelli previsti nell’art. 182 del nuovo Codice penale, espressamente e tassativamente considerati dal legislatore come forme di sfruttamento degli esseri umani. Se i servizi in questione non sono presenti nell’elenco del suddetto articolo, non costituiscono sfruttamento delle prestazioni di una vittima di tratta. Il beneficiario di tali servizi può essere una persona fisica o giuridica. Se una persona giuridica usa consapevolmente i servizi di una vittima di tratta, sapendo che chi li fornisce è sfruttato e sottoposto a lavoro coatto, ne risponde penalmente ai sensi dell’art. 216 del nuovo Codice penale. L’ente in questione, in base all’art. 136 del Codice, va incontro a una sanzione pecuniaria variabile tra 3.000 leu rumeni (circa 600 euro) e 3.000.000 di leu rumeni (circa 600.000 euro), a cui possono aggiungersi una o più pene supplementari: scioglimento, interdizione dall’esercizio o dallo svolgimento di un’attività per un periodo compreso fra 3 mesi e 3 anni, divieto di partecipare a gare d’appalto pubbliche per un periodo compreso fra 3 mesi e 3 anni, controllo giudiziario, esposizione o pubblicazione della condanna penale. Se una persona giuridica recluta, trasporta, trasferisce, ospita o accoglie un individuo ricorrendo a metodi quali la costrizione o il rapimento, oppure approfittando della sua condizione di vulnerabilità allo scopo di sfruttarlo per la fornitura di lavoro o servizi, deve rispondere penalmente del reato di tratta di esseri umani. Se invece l’ente svolge le suddette azioni al solo fine di violare le disposizioni legali sulle condizioni lavorative, la retribuzione, la salute e la sicurezza sul lavoro, non si applica il reato di tratta ma quello di frode, appurato che siano presenti tutti gli elementi necessari.

Fonte: Rapporto CILD (Coalizione Italiana Libertà e Diritti Civili) 2019 sulla Tratta

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Rapporto semestrale sulla tratta 2011