Rapporto 2017 sulla tratta nigeriana (e non solo) in Torino e provincia

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Foto di Pexels da Pixabay

L’unita’ di strada dell’associazione Amici di Lazzaro

Dal 1999 l’associazione aiuta ed ascolta le donne vittime di tratta e sfruttamento, incontrandole in strada con una unita’ mobile composta da 5-8 volontari. In strada offre informazioni sui percorsi di fuga creando relazioni di sostegno ed ascolto, che negli anni hanno portato oltre 450 donne a chiedere aiuto e lasciare la strada. Inoltre offre aiuto nell’apprendimento della lingua italiana e nella ricerca di corsi di formazione al lavoro. Non viene tralasciata neanche la proposta di formazione spirituale con momenti di catechesi e la collaborazione con alcune parrocchie e religiosi disponibili alla formazione spirituale e aggregazione parrocchiale. Molte sono le ex vittime che anche dopo molti anni si rivolgono all’associazione e chiedono aiuto e sostegno economico per la perdita del lavoro.

PERIODO E LUOGO DI RACCOLTA DEI DATI
Tra gennaio e dicembre 2017 sono state svolte attività di strada nelle seguenti città:

Torino, Moncalieri, Trofarello, Candiolo, Orbassano, Carmagnola, Piobesi, Settimo T.se, Grugliasco, Collegno, Pianezza, San Mauro, Venaria, Chivasso. La popolazione toccata anche visivamente dal fenomeno in queste città e il loro circondario è di circa 2,1 milioni di persone.
L’associazione va in strada due sere alla settimana e fa uscite straordinarie al sabato, nei periodi estivi e durante le festività per avvicinare le donne di zone meno visibili e non raggiunte da nessuna associazione che fa unità di strada.
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CHI E’ IN STRADA

Sono state incontrate circa 705 ragazze e donne nigeriane, di queste, ben 616 risultano sfruttate e sotto ricatto di “Maman” (sfruttatrici) o di “Bros” (sfruttatori).

Le ragazze sfruttate spesso sono state ingannate o spinte da familiari a venire in Italia.
Abbiamo nuovamente rilevato anche sorelle o zie tra le sfruttatrici.

La percentuale delle ragazze sfruttate è stabile all’ 87% (come nel 2016). Dopo alcuni anni di crescita, il numero delle ragazze sfruttate è leggermente diminuito, dopo il boom del 2016 e nonostante vi siano stati arrivi numerosi nei primi 6 mesi del 2017.

Per quel che riguarda le altre nazionalità presenti sul territorio, abbiamo incontrato 275 donne, di cui circa 130 sfruttate e circa 50 in condizione di grave disagio sociale.
In crescita le albanesi ( circa 70), in calo le romene (60), stabili le maghrebine (30), in crescita le cinesi (20), poche le sudamericane (10) e le italiane (15, quasi tutte con problemi di dipendenza), altre dell’est (50), un’altra ventina (20) erano donne di cui non siamo riusciti a comprendere la nazionalità.

E’ ancora stabile (circa il 9-10%) il numero delle donne nigeriane disperate che tornano in strada dopo anni di vita normale oppure vi finiscono per la prima volta. Spesso sono donne che non hanno competenze lavorative adeguate al mondo del lavoro italiano, sono poco istruite, se non analfabete.
Alcune arrivano anche da altre nazioni (tra cui Germania, Spagna, Grecia, Inghilterra, dove risiedevano e avevano un lavoro che poi hanno perso).

In strada sono le più assidue perché hanno meno clienti che preferiscono le più giovani. Trovare per loro alternative diventa sempre più difficile ma è per noi un obiettivo importante che si pone per il futuro, sono donne distrutte e deluse dalla vita, gli incontri con loro sono davvero dolorosi. Sempre più sovente i volontari si sentono chiedere di dar loro qualcosa da mangiare. Proprio per loro l’associazione ha previsto un centro di ascolto ad hoc che le aiuta materialmente.

In strada abbiamo incontrato anche ragazze che hanno trovato lavoro part time o saltuario e continuano a pagare gli sfruttatori e vanno in strada 1-2 volte la settimana. Grazie al lavoro svolto negli anni, la gran parte delle ragazze in strada ha capito che la lingua italiana è importante per il loro futuro e molte vanno a scuola nei corsi di italiano per adulti nei CPIE statali.
Rimane fondamentale aiutare le ex vittime a comprendere l’importanza di formarsi al lavoro con molti corsi e imparare differenti mestieri, per avere maggiori possibilità di integrazione lavorativa.

Un fenomeno nuovo è il sentire comune delle ragazze nell’affermare di voler pagare gli sfruttatori e voler tornare in Nigeria o spostarsi nel centro-nord Europa.
L’Italia è considerata troppo tassata, troppo costosa e con poco lavoro. Molti sfruttatori spostano infatti molte ragazze in altre nazioni europee, usando l’Italia sono come passaggio verso altre nazioni più benestanti. Concretamente sono già alcune decine le ragazze che sono tornate in Nigeria volontariamente perlopiù autonomamente.

Gran parte delle ragazze che incontriamo hanno dai 19 ai 23 anni. L’età media complessiva delle ragazze è tra i 24,5 anni in forte calo rispetto alla rilevazione precedente, a causa di molti arrivi di ragazze giovanissime. Rimangono però molte donne adulte, anche sopra i 50 anni, segno che lasciare la strada è molto difficile e che anche le nuove arrivate provengono da famiglie bisognose.
La città di provenienza principale è Benin city, ma ormai è Warry ed il Delta State, e altri stati del centro Nigeria a fornire la manodopera agli sfruttatori, altre provenienze sono Jos, Lagos e Uromi.
Rimangono poche le ragazze del Ghana, sfruttate alla stessa maniera delle nigeriane, perlopiù donne provenienti da famiglie immigrate in Nigeria, da cui poi sono arrivate sfruttate, quest’anno non abbiamo incontrato donne di colore di altre nazioni escluso qualche somala e qualche camerunense.

Le presunte minorenni in strada che abbiamo incontrato sono poche, circa 50 su quasi  705 donne contattate in strada. In tali situazioni, segnaliamo i casi alle autorità competenti per intervenire in maniera adeguata, ma spesso le minorenni vengono fatte ruotare e le si riesce ad incontrare solo una volta per cui la segnalazione è pressochè impossibile.

Un aspetto che ci ha fatto riflettere è la presenza di minori nelle case degli sfruttatori. A detta di alcune ragazze sfruttate insieme a loro vivevano bambini e ragazzini che crescendo in un ambiente malavitoso probabilmente riprodurranno quello che hanno vissuto sin dall’infanzia come una cosa normale, sulla scia dei figli dei mafiosi che spesso a loro volta diventano mafiosi.

Per quel che riguarda le altre nazionalità che l’associazione ha incontrato in strada (non con la frequenza settimanale con cui incontriamo le africane) c’è da rilevare il boom delle albanesi e moldave forse a causa dell’abolizione del visto di ingresso. Altro dato significativo è la presenza di donne cinesi oltre i 50 anni, completamente analfabete e incapaci di comunicare in italiano.
Ci ha stupito inoltre ricevere richieste di aiuto da ragazze italiane e romene che hanno rischiato di venire prese nello sfruttamento durante la ricerca di lavori normali. Una giovane italiana segnata da una forte depressione ci ha chiesto aiuto dopo essersi prostituita una settimana per disperazione per pagare il mutuo ai genitori. E’ rimasta molto provata psicologicamente e fisicamente e ha chiesto vari aiuti e sostegno.

E CHI LASCIA LA STRADA
Nel 2017 circa 30 ragazze hanno chiesto aiuto per lasciare la strada.
Mentre almeno 20 hanno chiesto altri tipi di aiuto come supporto economico, aiuto per andare a scuola, sostegno alla maternità.

Solo tre ragazze hanno usato l’art.18 (denuncia degli sfruttatori e conseguente ottenimento del permesso di soggiorno quando le forze dell’ordine hanno verificato che la denuncia è veritiera).
Le altre hanno usufruito delle vie ordinarie per la regolarizzazione degli immigrati. In tutti i casi l’associazione provvede (senza contributi pubblici) alla fuga e all’accoglienza in proprio, anche grazie ad una vasta rete di collaborazioni. Alle donne in difficoltà economica provvede ad un sostegno materiale e morale.

Tutte le altre ragazze aiutate a lasciare la strada lo hanno fatto con già i documenti alle spalle, e solo il lavoro e corsi di formazione interessanti e veramente utili possono convincere una vittima di sfruttamento di mettere se stessa e i propri famigliari in pericolo per lasciare i trafficanti (“madame” o “bros”). Abbiamo incontrato alcune ragazze in stato depressivo, in preda all’alcol e forse a droghe.

LA CRISI CONTINUA, ANCHE IN STRADA
Le ragazze in strada lamentano un continuo calo dei guadagni, fino al meno 50%, i clienti diminuiscono a tal punto che abbiamo incontrato donne che per molte sere non riuscivano a trovarne nemmeno uno.

Il calo è così evidente che in alcune zone le ragazze hanno smesso di andare la domenica,  lunedì e martedì, per risparmiare sul joint (l’affitto del marciapiede che si paga alle organizzazioni che controllano i territori) inoltre, spesso, nelle zone industriali le ragazze vanno via alle 2 di notte per non restare sole, e anticipano l’arrivo al tardo pomeriggio.
Nei quartieri di Torino nord fino ad agosto 2017 si è registrato una sorta di turnazione delle ragazze che gestivano lo stesso territorio dividendosi i giorni.

Il calo degli introiti allunga notevolmente il numero degli anni di sfruttamento da una media di 3 anni si arriva abbastanza facilmente a  5-6 anni di sfruttamento con punte di  7-8 anni nei casi più gravi.
Alle ragazze nigeriane viene infatti chiesto di pagare dai 20 ai 40.000 euro per potersi affrancare e tornare libere. Esistono però casi in cui la richiesta arriva fino a 65.000 euro.

Questo allungamento si ripercuote sulla salute psicofisica delle vittime che nel tempo ne pagano le conseguenze, a causa del freddo e delle pessime condizioni di vita che affrontano.

Tra le ragazze appena uscite dalla tratta, dopo aver pagato lo sfruttatore o dopo aver denunciato ed iniziato un percorso in comunità di accoglienza, vi è una sorta di desiderio di riscatto con gravidanze cercate anche in condizioni economiche precarie e talvolta anche senza un rapporto stabile.
Molti mediatori culturali ed esperti del settore concordano che non si tratta di gravidanze indesiderate, ma desiderate al di fuori di un contesto famigliare solo per poter compensare le grandi sofferenze vissute negli anni di sfruttamento. Ovviamente la conseguenza è il perpetuarsi di una condizione di povertà e difficoltà economiche e sociali.

GRIDA DALLA STRADA
Negli ultimi anni, l’associazione ha intrapreso alcune iniziative di contatto anche con le donne dell’Est, le asiatiche e le maghrebine che vanno in strada a prostituirsi.
Alcune ragazze dell’est segnalano che ormai anche nella prostituzione romena esistono sfruttatrici donne che comprano altre ragazze che “smistano” in varie nazioni europee.

Tra le richieste incontrate, che per noi sono come “grida di aiuto”, c’è il bisogno immenso di percorsi di formazione e reinserimento che molte donne desiderano per potersi reinventare e uscire dalla strada.
Inoltre tra le donne, vi è la percezione netta che lo stato italiano faccia poco contro gli sfruttatori. È purtroppo una percezione che riflette la realtà: a fronte di centinaia di donne che negli anni hanno denunciato, sono in proporzione molto pochi gli arresti, basse le pene, poche le inchieste davvero efficaci e basso l’impatto della magistratura e delle forze di polizia sul sistema della tratta.

In strada sempre più spesso si trovano giovani uomini di colore che passeggiano controllando le ragazze, le quali a detta loro sono ospiti di centri per richiedenti asilo, arruolati per controllare e a volte per spacciare droga.

Altre “grida” che anche quest’anno abbiamo ascoltato, parlando con alcune donne, riguardano le nuove frontiere della tratta come:

– la prostituzione multimediale: la pornografia per cui le donne vengono “comprate” (talvolta anche in maniera inconsapevole) per realizzare video da rivendere via internet.

-la prostituzione da riproduzione: la compravendita di donne dell’est da usare per la maternità surrogata (utero in affitto) con fecondazione eterologa, dirette in altre nazioni europee (Grecia, Ucraina, Spagna)

– la prostituzione da matrimonio: la compravendita di donne asiatiche o di origine araba per i matrimoni combinati e per la jihad sessuale (quest’ultima in calo nel 2017 rispetto ad alcune segnalazioni del 2016)

Si tratta di nuovi scenari che andrebbero approfonditi, specialmente dalle istituzioni a livello politico e giudiziario.

RIASSUMENDO:

  • le ragazze sfruttate sono quasi l’80% del totale delle donne che si prostituiscono
  • lo sfruttamento è ovunque presente
  • l’età media è in calo a circa 24,5 anni
  • molte delle donne non sfruttate sono in strada per pura disperazione
  • continua il calo delle denunce degli sfruttatori
  • in diminuzione le minorenni in strada
  • pochi e con meno soldi i clienti con un allungamento degli anni di sfruttamento

Per informazioni 3404817498  info@amicidilazzaro.it
Per sostenere l’associazione ccp 27608157

SCARICA IL PDF DEL RAPPORTO 2017 sulla tratta nigeriana

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