
L’incontro con ragazze giovani. Di questo si tratta. Sono spesso coetanee di chi presta servizio in strada, o di qualche anno più giovani; ragazze che si sono viste stracciare la vita davanti agli occhi, eppure ad ogni incontro ci accolgono con un sorriso, tante battute e ottimismo.
A loro portiamo un the caldo, una brioche, la nostra presenza di amici e la proposta di scappare, di riscattare la propria vita non attraverso anni di sofferenza ma riprendendosela in mano e ritornandone padrone. Loro a noi trasmettono un’allegria enorme e riportano le nostre futili preoccupazioni al posto che devono realmente occupare. Questa è la cura che ci riservano ogni settimana.
La fatica maggiore nel servizio sta sicuramente nel sopportare il freddo micidiale che noi affrontiamo ben imbacuccati, al contrario di loro; a livello cerebrale, invece è il ricordare il nome di ciascuna delle decine di ragazze che incontriamo e con cui parliamo e preghiamo solo per pochi minuti.
Talvolta il peso che bisogna portare andando in strada è la sensazione che nulla cambi, che la nostra convinzione che quella sia una vita impossibile, non venga condivisa da chi personalmente la vive ogni giorno e ogni notte; è allora che la disperazione che trapela dagli occhi, dalle parole o dalle lacrime di qualche ragazza ci ridona coraggio nel perseverare in questo nostro servizio.
La figura che trovo che si colleghi bene con la nostra presenza in strada è quella del servo inutile, sebbene ogni tanto possiamo gioire per il coraggio di qualche ragazza che ha deciso di fuggire.
Sonia – volontaria nell’unità di strada contro lo sfruttamento
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