Sposare una marocchina senza conversione all’islam

Non è necessario convertirsi all’islam per sposare una donna di un paese musulmano. Non ha senso neanche simulare una conversione perché poi si possono avere problemi con i parenti o con altri islamici che scoprano che non si pratica l’islam.

Schema per la risoluzione del problema inerente alla conversione forzata all’Islam della parte cristiana nei matrimoni misti cristiano-islamici.

La legge della maggior parte degli Stati del Maghreb prescrive che una donna musulmana possa sposarsi solo con un uomo musulmano, inoltre spesso è anche necessario il permesso scritto del padre della donna, o se deceduto quello del fratello maggiore; non vale invece l’obbligo in senso contrario (uomo musulmano e donna di altra religione). Se il futuro sposo non soddisfa questo requisito è richiesta la conversione all’Islam, adempimento che per un cristiano è difficilmente praticabile in coscienza e che si ridurrebbe comunque ad un atto ipocrita. La conversione all’Islam diventa agli effetti obbligatoria anche per un italiano che desideri sposare una donna immigrata da un paese del Nord Africa: per celebrare il matrimonio (sia religioso che civile), il Comune italiano di competenza richiede infatti il nulla osta dell’ambasciata per la donna; l’ambasciata però rilascerà il nulla osta solo se la donna sposa un musulmano e nel caso in cui il promesso sposo sia italiano, richiederà un certificato di conversione rilasciato (in Italia) dalla sola Moschea di Roma o da altre strutture islamiche ad hoc.

A questo punto si porrà per lo sposo cristiano l’angosciosa prospettiva di dover effettuare una conversione non sentita e che risulterà sicuramente ripugnante, non per disprezzo verso l’Islam, ma per rispetto della propria fede e per l’obbligo disumano cui si è sottoposti.

In effetti, è possibile una via di uscita, ma occorre pazienza e accordo tra i futuri sposi; inoltre, per una donna musulmana può essere importante che la sua famiglia almeno comprenda e tolleri le difficoltà dello sposo e non eserciti pressioni eccessive per concludere il matrimonio entro pochissimi mesi. Per questo motivo è importante per lo sposo cercare di curare i rapporti con la famiglia della donna e sapere guadagnare la sua fiducia ed il suo rispetto.

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Per aggirare l’obbligo burocratico di conversione occorre agire secondo i seguenti punti:

•    Recarsi in Comune e dichiarare la propria volontà di contrarre matrimonio, spiegando al contempo le difficoltà che impediscono di presentare il nulla osta dell’ambasciata per la donna. Il funzionario comunale, che spesso avrà già esperienza di questo caso, redigerà una sorta di certificato di rifiuto del Comune ad effettuare le pubblicazioni di matrimonio per mancanza dei documenti necessari e ne consegnerà subito una copia alla donna interessata.

•    Recarsi presso la sede del tribunale, nella sezione Volontaria Giurisdizione e inoltrare ricorso contro la decisione del Comune in base all’articolo 98 del Codice Civile. Occorre in generale allegare i seguenti documenti (ma è bene impiegare un po’ di tempo ed assumere informazioni direttamente in tribunale): certificato di rifiuto della pubblicazione, certificato di stato libero dei ricorrenti, certificato di nascita dei ricorrenti, certificato di cittadinanza dei ricorrenti. Questa fase può richiedere anche alcuni mesi se i certificati della donna si trovano nel paese di origine (farseli spedire con un corriere sicuro!) o se devono ancora essere emessi dalle autorità competenti (caso in cui diventa importante l’aiuto di parenti in loco).

Al fine del buon esito del ricorso è già risultato utile allegare ai documenti una copia della legge che prescrive l’obbligo per la donna musulmana di sposare un musulmano; non è facile ottenere questo testo di legge stando in Italia, ma in realtà su Internet sono presenti i diritti di famiglia di alcuni paesi del Nord Africa (effettuare la ricerca in lingua francese o inglese, a seconda del Paese).

Un altro problema è che il giudice potrebbe volere una prova del fatto che l’ambasciata interessata effettivamente non è intenzionata a rilasciare il nulla osta alla donna se l’uomo non si converte; questa attestazione di rifiuto del nulla osta è molto difficile da ottenere (di solito i funzionari dell’ambasciata straniera sono anche personalmente ostili all’idea che una donna del loro paese sposi un italiano, per di più non convertito) in quanto viene risposto che in assenza del certificato di conversione la domanda di nulla osta non verrà neanche presa in considerazione.

Può essere utile allora inviare all’ambasciata una raccomandata a ricevuta di ritorno con cui si richiede gentilmente il nulla osta, spiegando che la conversione dell’uomo per il momento non è possibile per motivi di coscienza e richiedendo, nel caso il rilascio non sia possibile, una spiegazione sui motivi di legge che costituiscono impedimento. Nel caso estremamente improbabile che l’ambasciata risponda argomentando in base alla legge del proprio paese, si disporrà di un testo ufficiale da allegare ai documenti del ricorso al tribunale italiano, che testimonia dell’obbligo di conversione per l’uomo; nel caso quasi sicuro che l’ambasciata non risponda, si deve allegare ai documenti di ricorso la ricevuta di ritorno della raccomandata ed una fotocopia del testo spedito; il giudice potrà così, dopo circa due mesi dall’invio della raccomandata, in base al silenzio-diniego, concludere che l’ambasciata non è intenzionata a rilasciare il nulla osta.

Dato che la legge italiana rifiuta il concetto di obbligo alla conversione a qualunque religione e difende la libertà di culto, il ricorso dovrebbe avere buon esito, anche se può essere utile farsi appoggiare da un avvocato; di fatto, è stato utile nei casi in cui il giudice si è trovato per la prima volta alle prese con questo caso, mentre non è necessario dove il giudice ha già un’esperienza specifica (il problema è che è difficile saperlo prima). Quando il ricorso viene accettato, il tribunale stabilisce che, data la situazione specifica, il matrimonio può avvenire anche senza la presentazione del nulla osta per la donna ed ingiunge al Comune di effettuare immediatamente le pubblicazioni. Il Comune ovviamente a questo punto non pone più ostacoli.

COSTI: stimare dai 300 ai 1.000 € almeno, a seconda che ci sia o meno il supporto di un avvocato e in base al numero di copie originali dell’esito del ricorso che si ritirano in cancelleria

TEMPI: il ricorso non dovrebbe richiedere più di due – tre mesi, ma occorre prevedere un tempo più lungo (anche sei-otto mesi) se i documenti della donna da allegare al ricorso non sono celermente disponibili; infatti l’emissione del certificato di stato libero e specialmente di quello di cittadinanza del paese di origine, il loro ritiro e la loro spedizione in Italia a volte richiedono procedure lunghe e l’aiuto di parenti.

—->  QUI SCHEMA SEMPLIFICATO  <————

NOTA IMPORTANTE: La procedura di ricorso ha già funzionato in moltissimi casi; tra l’altro è una procedura che è stata portata avanti con successo anche quando la donna non aveva permesso di soggiorno in Italia. Occorre considerare tuttavia che il matrimonio contratto non avrà valore legale nel Paese d’origine della donna.

Anche la Comunità di Don Benzi contro la legge sull’omofobia

Serve inutili (testimonianza di Sonia)