La libertà delle università nel Medio Evo

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Al contrario di quanto suggeriscono alcuni libri di storia di basso livello e numerosi documentari su canali televisivi e social che millantano cultura, il Medioevo non fu affatto oscurantista. Fu anzi il clima culturale aperto, interessato al nuovo, all’innovazione e alla diffusione della cultura che permise la nascita delle Università medievali.

La nascita delle Università medievali

L’Università medievale può essere considerata il “prodotto autentico, specifico e genuino dell’umanesimo cristiano”. È infatti nella civiltà cristiana del Medioevo che nasce e si sviluppa l’istituzione universitaria. La crescita fu rapidissima: nei primi tre secoli dalla loro fondazione, si contarono più di 80 università, e nel 1602 ce n’erano 106 in tutta Europa.

Questa espansione riguardò esclusivamente l’Occidente cristiano: nessun’altra parte del mondo sviluppò università in questo periodo. Persino in America Latina, le prime due università furono fondate dagli Spagnoli, sbarcati in Perù e Colombia dopo la scoperta dell’America. L’università medievale rappresentava un’innovazione, contribuendo a formare intellettuali e a promuovere il sapere, un fenomeno unico nella storia del mondo premoderno.

Le università medievali hanno prodotto grandi filosofi come Sant’Alberto Magno, San Tommaso d’Aquino, San Bonaventura, Giovanni Duns Scoto e Guglielmo di Ockham. Sorprendentemente, al centro del dibattito vi era il pensiero di un filosofo greco pagano, Aristotele, i cui scritti non erano facili da armonizzare con la verità rivelata. Mentre il re Luigi IX bruciava copie del Talmud ed espelleva gli ebrei dalla Francia, teologi come Tommaso d’Aquino leggevano Maimonide. Le prime università erano tolleranti verso il pensiero non cristiano. La corporazione dei maestri, incaricata di preparare gli studenti per la Chiesa e il governo laico, sapeva bene come incoraggiare la vita intellettuale, rispettando l’autorità. Avrebbero potuto vietare lo studio di Aristotele, come molti suggerivano, ma permisero che “il Filosofo” diventasse parte centrale del curriculum artistico. Avevano la prudenza e la collegialità per creare confini senza imporre cosa dovessero pensare maestri e studenti.

La prima università nacque a Bologna, in territorio pontificio, nell’XI secolo. Seguirono Parigi, dove insegnava Tommaso d’Aquino, Oxford, l’università dei francescani, e Padova, tutte fondate con privilegi concessi dai Papi. L’Università La Sapienza di Roma fu fondata nel 1303 da Bonifacio VIII.

L’organizzazione degli studi medievali

Nel Medioevo, le università non avevano edifici propri come oggi. Le lezioni si svolgevano nelle case dei professori, che spesso accoglievano anche gli studenti. Questo creava un ambiente personale e informale. Le lezioni di chirurgia e anatomia si tenevano nelle case dei professori, con i cadaveri conservati per le dissezioni.

Il rapporto tra studenti e professori era stretto, facilitato dal fatto che i professori erano spesso giovani e, una volta laureati, potevano subito aprire una scuola. Gli studenti pagavano direttamente i professori, e questo talvolta portava a conflitti quando i debiti non venivano saldati. Esistono documenti che raccontano di professori che hanno scioperato a causa dei mancati pagamenti.

Il significato del termine “Universitas”

Il termine “Universitas” deriva dal latino e indicava una comunità o un’associazione di persone unite da uno scopo comune. Nell’università medievale, si riferiva all’insieme di studenti e docenti impegnati nella ricerca del sapere.

La struttura delle università medievali

Nelle università medievali europee, soprattutto in città come Bologna, Parigi e Oxford, l’Universitas era organizzata attorno alla Facoltà delle Arti liberali, un percorso obbligatorio per tutti. Solo dopo aver completato questi studi fondamentali, che includevano matematica, diritto, filosofia, letteratura latina e musica, si poteva accedere a facoltà avanzate come medicina o diritto.

Gli studenti, che iniziavano intorno ai 15-16 anni, dovevano conoscere bene il latino, la lingua universale dell’epoca. Chi non lo conosceva, lo imparava rapidamente, poiché lezioni e conversazioni si svolgevano interamente in latino. In città come Bologna, anche i cittadini parlavano latino per comunicare con gli studenti. L’uso di altre lingue, anche in contesti informali, era punito con multe, a dimostrazione dell’importanza del latino nella vita universitaria.

Specializzazioni ed evoluzione della medicina

Dopo aver completato il corso di Arti liberali, gli studenti potevano specializzarsi in diritto civile, diritto canonico, teologia, scienza o medicina. Inizialmente, la medicina faceva parte delle Arti liberali, ma col tempo divenne una facoltà autonoma. I corsi di anatomia nacquero sotto l’influenza di Roma, e l’idea che il papato fosse contrario alla medicina è una leggenda.

Un esempio spesso citato, ma erroneamente interpretato, è il caso di Vesalio, condannato a morte per aver rubato e sezionato un cadavere. La punizione riguardava la violazione delle leggi civili, non un’opposizione della Chiesa alla medicina.

Nel Medioevo, molti scienziati cattolici contribuirono allo sviluppo della scienza, dimostrando che la Chiesa non solo accettava la ricerca scientifica, ma spesso la incoraggiava.

Ildegarda di Bingen (1098-1179) è considerata una delle prime naturaliste, con studi di botanica e l’uso curativo delle erbe. La sua ricerca scientifica si univa alla sua profonda fede religiosa, mostrando come scienza e spiritualità potessero coesistere.

Roberto Grossatesta (1175-1253) sviluppò un metodo scientifico basato sull’osservazione e l’esperimento. Il suo approccio scientifico era compatibile con la fede cristiana e influenzò profondamente il pensiero dell’Inghilterra medievale.

Giovanni di Sacrobosco (circa 1195-1256) scrisse il “Tractatus de Sphaera”, un’opera fondamentale di astronomia, ampiamente usata nelle università medievali, che combinava scienza e filosofia.

Alberto Magno (circa 1200-1280) cercò di armonizzare la filosofia aristotelica con la dottrina cristiana. Filosofo, teologo e scienziato, la sua ricerca fu sostenuta dalla Chiesa e influenzò profondamente il pensiero scientifico dell’epoca.

Nel XIV secolo, Mondino de’ Liuzzi (1270-1326) rivoluzionò l’anatomia con dissezioni sistematiche dei cadaveri, lasciando un segno duraturo nella medicina. Pur sostenendo la Chiesa, contribuì alla scienza con un approccio empirico.

Nicola d’Oresme (1323-1382) sfidò talvolta le idee tradizionali, ma ricevette comunque il sostegno della Chiesa, dimostrando come la scienza potesse prosperare in un contesto di fede.

Niccolò Copernico (1473-1543), anche se attivo nel Rinascimento, con la sua teoria eliocentrica mostrò come fede e ricerca scientifica potessero convivere. Fu anche sacerdote e dimostrò come la Chiesa potesse accogliere la scienza.

Sant’Ignazio di Loyola offrì il suo corpo alla scienza dopo la morte, un gesto che sottolinea il sostegno ecclesiastico alla ricerca scientifica. Nonostante le restrizioni civili, la Chiesa favoriva la ricerca, come dimostrato dal supporto a studiosi e alla pratica dell’anatomia.

Studenti e accesso agli studi

Gli studenti delle università medievali erano prevalentemente maschi e provenivano da tutta Europa, rappresentando circa venti o venticinque nazioni. La maggior parte apparteneva all’alta borghesia o alla nobiltà, ma c’erano anche studenti poveri che ricevevano sussidi per coprire le spese. Da qui deriva il termine “borsa di studio”, perché chi la riceveva era chiamato “borsarius”.

Papa Urbano V manteneva 1400 borsisti, e tutta la società medievale si impegnava a offrire accesso all’università anche ai più poveri. Nella bolla che emana, nel 1388, per esprimere il proprio consenso alla fondazione dell’università di Colonia, il papa Urbano VI scrive che gli obiettivi principali della nuova istituzione saranno quelli di diffondere la scienza per scacciare le nubi dell’ignoranza (“scientia per quam pelluntur ignorantiae nubila”), di porre gli atti e le opere “in lumine veritatis”, alla luce della verità, e infine ciò che definisce la missione sociale dell’università: essa dovrà essere utile “tanto alla comunità quanto ai singoli” (“tam publica quam privata res geritur utiliter”) e “accrescere il benessere degli uomini” (“prosperitas humanae conditionis augetur”)» (pp. 5-6).

Lo Studio nel Medioevo

Nel Medioevo, soprattutto nei secoli XII e XIII, lo studio era considerato una parte fondamentale della vita intellettuale, con una forte passione per l’apprendimento e la ricerca della conoscenza. L’idea di un Medioevo “oscuro” è, infatti, un pregiudizio errato. Durante questo periodo, vi era una sete di sapere paragonabile a poche altre epoche storiche, alimentata dalla rinascita intellettuale avvenuta nelle università.

Gli studenti medievali dedicavano moltissimo tempo allo studio, trascorrendo spesso notti intere a discutere di argomenti filosofici, scientifici e teologici, e leggendo testi classici e contemporanei. L’approccio allo studio era profondamente razionale e c’era una fiducia quasi illimitata nelle capacità della ragione umana, della scienza e della logica. Questo è evidente nella scolastica, una metodologia che cercava di conciliare la fede con la ragione e che era molto influente nelle università medievali.

Le Principali Discipline di Studio

Le principali discipline di studio includevano le arti liberali, che erano divise in due cicli:

  • Il trivium (grammatica, retorica e dialettica o logica)
  • Il quadrivium (aritmetica, geometria, musica e astronomia)

Dopo il completamento di queste materie di base, gli studenti potevano accedere agli studi più avanzati in teologia, diritto (canonico e civile) e medicina.

Lezioni Universitarie nel Medioevo

Le lezioni universitarie si svolgevano seguendo una struttura ben definita e articolata in due momenti principali:

  • Lezioni del mattino (“lectio”): La mattina era dedicata alle cosiddette “letture”, in cui il maestro leggeva e spiegava i testi classici o teologici, spesso i grandi autori come Aristotele o i Padri della Chiesa. Questo era il cuore dell’inse

gnamento, basato sulla spiegazione dettagliata dei testi e sull’analisi critica. Le letture si svolgevano in un clima di ascolto, e gli studenti prendevano appunti per seguire le argomentazioni e studiare successivamente.

  • Ripetizioni del pomeriggio (“repetitio”): Nel pomeriggio si tenevano le sessioni di ripetizione, durante le quali si rivedevano e si consolidavano i concetti appresi la mattina. Questo serviva a rafforzare la comprensione e a preparare gli studenti per il confronto dialettico.

La Disputa: Metodo di Insegnamento Medievale

Oltre alle lezioni, una parte fondamentale del metodo di insegnamento medievale era la disputa, un vero e proprio dibattito su temi filosofici e teologici organizzato dai maestri. Il maestro introduceva un tema di discussione, che poteva essere provocatorio o non ortodosso, con l’obiettivo di stimolare una riflessione critica e approfondita. Le dispute erano obbligatorie per tutti gli studenti: chi non partecipava non poteva accedere all’esame finale.

Le dispute medievali seguivano uno schema rigoroso. Prima si formulava una “quaestio” (questione), poi si esaminavano le diverse posizioni attraverso un dibattito in cui gli studenti dovevano intervenire attivamente, difendendo o confutando le varie tesi con argomentazioni razionali. Questo metodo didattico, tipico dei grandi teologi come Tommaso d’Aquino, aveva lo scopo di sviluppare capacità critiche, dialettiche e argomentative.

«I corsi iniziavano con una lezione pubblica (principium) che era inframmezzata da dispute (disputatio temptatoria) incentrate su diversi temi delle Sentenze [raccolte da Pietro Lombardo], seguite da una “disputa generale su un qualsiasi argomento” (de quodlibet) e proposta da chiunque, in cui l’estro aveva libero sfogo. Poiché si dava per acquisito il sapere, restavano la sottigliezza dell’analisi, la sua profondità e la capacità di difendere brillantemente la tesi proposta. Nessuno poteva essere ammesso a un esame preparatorio alla licenza se non aveva frequentato dispute per un anno o per la maggior parte dell’anno e partecipato attivamente a due dispute, in presenza di un maestro (statuto di Parigi, 1366). Altre dispute si tenevano nel pomeriggio (le “meridiane”) o alla sera (le “vespertine”). Il successo di queste disputationes era grande, con ascoltatori appassionati che assistevano persino dalle finestre. A Parigi erano pressoché giornaliere.

La libertà vera

Il dibattito nelle università medievali poteva affrontare temi molto audaci, con una libertà di discussione sorprendente per l’epoca. Si discuteva di questioni teologiche, filosofiche, scientifiche e morali, inclusi argomenti delicati come l’autenticità della religione cristiana. Queste dispute non erano solo esercizi accademici, ma servivano a coltivare una profonda capacità di ragionamento e di esplorazione intellettuale.

L’Università di Padova arrivò a proteggere così tanto il professore Pietro d’Abano, accusato di stregoneria, che l’Inquisizione poté condannarlo al rogo solo dopo la sua morte. Allo stesso modo, John Wycliffe (1324-1384), professore a Oxford, che aveva adottato le posizioni critiche di Marsilio da Padova (1275-1343) e di Guglielmo d’Occam, francescano inglese, mise in discussione la dottrina tradizionale dell’eucaristia, attaccò il papato, il sacerdozio e la devozione ai santi, e criticò la ricchezza della Chiesa con una violenza rara nelle polemiche religiose. Nonostante ciò, Wycliffe morì pacificamente nel suo letto. La sua dottrina ispirò movimenti sociali come quello dei Lollardi, influenzando figure come Jan Hus.

Gli Esami nel Medioevo

Gli esami nel Medioevo, per ottenere il titolo di dottore, erano processi lunghi e impegnativi, durando da due a quattro settimane. Lo studente doveva dimostrare di aver appreso tutto ciò che aveva studiato in circa dieci anni, con uno sforzo di memoria straordinario, poiché non era permesso prendere appunti durante le lezioni. Alcuni arrivavano a conoscere a memoria testi come la Bibbia.

L’esame finale si svolgeva attraverso una disputa pubblica, strutturata in base a quattro caratteristiche principali:

  • Durata e intensità: La disputa poteva protrarsi per settimane, richiedendo una profonda conoscenza delle materie studiate e un forte impegno intellettuale.
  • Memoria: Lo studente doveva richiamare alla mente tutto ciò che aveva appreso, senza il supporto di appunti, dimostrando una capacità mnemonica eccezionale.
  • Formato della disputa: Lo studente rispondeva a domande su vari temi e doveva argomentare e difendere le proprie tesi, confutando eventuali obiezioni.
  • Natura pubblica: L’esame era un evento pubblico, a cui partecipavano altri studenti e docenti, e lo studente doveva dimostrare il proprio valore intellettuale davanti a tutti.

Questo processo somigliava a una discussione di tesi moderna, ma copriva un vasto spettro di conoscenze, mettendo alla prova sia la preparazione teorica che la capacità di dibattito dello studente.

La Libertà Accademica nelle Università Medievali

Le università medievali godevano di una libertà di insegnamento quasi totale. Erano istituzioni autonome che non accettavano alcun tipo di controllo esterno, nemmeno da parte delle autorità civili o religiose. Questa indipendenza si estendeva non solo all’insegnamento, ma anche alla gestione interna dell’università stessa.

Uno degli aspetti chiave di questa libertà era che toccare uno studente, o interferire con la sua vita accademica, era considerato un attacco alla libertà dell’università. Gli studenti, inoltre, erano tutti considerati chierici, anche se non intraprendevano una carriera religiosa. Questo status li proteggeva dalla giustizia civile, che all’epoca era spesso severa e brutale, sottoponendoli invece alla giustizia clericale, che era più lenta e indulgente. Questo contribuiva a garantire la loro indipendenza e una maggiore tutela dei diritti accademici.

Paolo Botti

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