Una ricerca qualitativa sul tema del sexting tra i giovani

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Foto di Gerd Altmann da Pixabay

È stato preso in esame un campione di un totale di 130 studenti, dai 14 ai 17 anni (età media 15,19; Maschi 42, Femmine 88), alunni di 6 classi 1^ e 2^ di due Scuole Superiori di una città della  Provincia di Varese.  Nelle ore di lezione è stato somministrato ai ragazzi un questionario anonimo, previo consenso dei genitori.  Le domande (37, sia chiuse che aperte) vertevano sul rapporto tra giovani e nuove tecnologie e sull’utilizzo dei social. Il focus principale era sul fenomeno del sexting, a partire dalla conoscenza del fenomeno, della diffusione dello stesso tra i coetanei, della valutazione delle possibili conseguenze di esso.  Al fine di comprendere nel profondo quali siano le emozioni associate allo scambio di messaggi e contenuti a sfondo sessuale, nel questionario è stata inserita una breve storia di un caso, fornito dalla Polizia Postale:
“Simone ha 15 anni e vive nel Centro Italia. Un giorno, andando a prendere la sorella a scuola, conosce una sua compagna. La compagna di scuola della sorella ha 13 anni e si chiama Alice. Simone scrive ad Alice e i due iniziano a messaggiare, finchè lui le chiede di inviargli sue foto provocanti o senza vestiti ed anche un video di autoerotismo. Alice accetta di mandargli tale video, a patto che lui, dopo averlo visto, lo cancelli. Successivamente, Simone continua ad inviare tantissimi messaggi ad Alice, con la richiesta di inviargli nuovi filmati e selfie simili ai precedenti. La ragazza decide quindi di bloccare il profilo di Simone su WhatsApp, su Facebook e su altri social network. È in quel momento che Simone sceglie di mostrare il video osè che gli ha mandato Alice, inoltrandolo ad amici e compagni. In qualche modo, questo video arriva alle insegnanti di Alice, le quali si precipitano ad avvisare la madre della ragazza e le mostrano il filmato”. 

Tale caso è stato selezionato poiché, oltre a essere rappresentativo di quelli gestiti quotidianamente dai funzionari della Polizia, la vittima della storia (Alice) è minore di 14 anni mentre l’autore di reato (Simone) è maggiore di 14 anni. Attribuendo al ragazzo un’età maggiore di 14 anni, e dunque sopra quella che è la soglia dell’imputabilità nel contesto penale minorile italiano, si è cercato di analizzare quale sia la percezione dei giovani del reato e, in generale, delle possibili conseguenze di azioni di detenzione e diffusione di ciò che può essere catalogato come materiale pedopornografico.  A partire da questo breve racconto, nelle domande successive è stato chiesto ai ragazzi di calarsi nella situazione ed immedesimarsi con i due protagonisti della storia, esprimendo le emozioni, i sentimenti e i pensieri elicitati dalla vicenda.  Dopo la somministrazione, è stata offerta la possibilità di discuterne in classe, coinvolgendo anche l’insegnante, accogliendo le loro riflessioni e gli eventuali dubbi sul tema e altresì fornendo alcune indicazioni sui Servizi a cui rivolgersi in caso di emergenza.

Giovani e social network

 Se, come è comprensibile data l’età, la totalità dei ragazzi possiede uno smartphone (100%), sembra esserci una certa variabilità nei social network che utilizzano. Come si può osservare nel grafico, il 100% è iscritto a Whatsapp, che si classifica come il sistema di instant messaging più diffuso tra gli adolescenti. Facebook, dopo il boom di successo di qualche anno fa, non sembra più essere il social prediletto. Spiccano, infatti, le percentuali di giovani iscritti a due social network relativamente nuovi nel nostro Paese: Instagram (78%) e Snapchat (72%). Tali social, sono accomunati dal comune denominatore di essere piattaforme adibite al caricamento e alla visualizzazione di foto e video. Altrettanto diffusi sono social come Ask.fm (44%), basato sull’interazione domanda e risposta, spesso in un clima di anonimato, e Tumblr (31%). Altre scelte, aggiunte dai ragazzi, sono: Kik, Telegram, We chat, Habbo, Lovoo.  In generale, sembra che le femmine siano più attive dei maschi sui social.

Sexting o …Sexmex? La prevalenza di un fenomeno difficile da accertare

La maggior parte dei ragazzi intervistati dichiara di conoscere il fenomeno, definendolo come parte costante della vita di molti conoscenti. Infatti, un consistente 64% lo ritiene un fenomeno particolarmente diffuso tra i coetanei.  Rispetto alla possibilità che il sexting e lo scambio di selfie sessuali possa non sempre avere un lieto fine, il 43% pensa che sia probabile che le immagini finiscano nelle mani di altri, senza il consenso dell’interessato il 37% lo ritiene “abbastanza probabile”.  Il 26% confessa di essersi pentito almeno una volta di qualcosa che ha inviato; lo ammette più la popolazione femminile, rispetto a quella maschile (32% vs 14%).  Tuttavia, la maggior parte dei ragazzi è incerto quando si trova a dover definire il nome del fenomeno. Quasi la metà dei ragazzi (45%) pensa che il termine sia “sexmex” (in realtà inventato) e solo il 34% dà la definizione appropriata di “sexting”.  In ogni caso, il sexting sembra essere un argomento spesso oggetto di azioni di sensibilizzazione e formazione nella scuola e di confronto con i genitori. Più di un ragazzo su due (54%) ci dice che questo tema è stato trattato da un insegnante. Il 61% ne ha discusso con i genitori, confermando come essi costituiscono ancora un punto di riferimento fisso anche nella fase dell’adolescenza.     

 Le motivazioni sottostanti

Abbiamo chiesto ai ragazzi intervistati perchè, secondo loro, i coetanei fanno sexting. A questa domanda, il 68% dei ragazzi intervistati risponde “per fare colpo” e il 59% ammette che “dietro allo schermo è più facile vincere la timidezza”. Emerge in questo modo come, di sovente, l’invio di questo tipo di messaggi nasconda insicurezza e fragilità rispetto alle relazioni amicali ed intime.  Il sexting potrebbe così essere visto come un problema da inquadrare all’interno di una dimensione sociale e interpersonale incerta, tipica della condizione adolescenziale, caratterizzata dalla scoperta delle relazioni sessuali, in cui dietro la sperimentazione e la trasgressione si nascondono timore e timidezza.  In aggiunta, il 42% dei ragazzi pensa all’invio di messaggi, foto e video intimi come un’azione conseguente alla richiesta di questo materiale da parte di qualcun altro.  Non sempre l’Altro è una persona fidata e nelle cerchie più strette, visto che il 21% vede il sexting come lo strumento per “entrare in intimità con persone nuove”.   Una delle domande poste: In base alla tua esperienza, perché i ragazzi della tua età inviano selfie provocanti o a sfondo sessuale?  Nella casella “altro” molti ragazzi (15%) hanno liberamente espresso la loro opinione rispetto alle motivazioni che inducono i giovani a fare sexting. Di seguito, si copiano alcune delle risposte.  “Perché in questo modo mostrano l’aspetto fisico e pensano di piacere di più” (Maschio) “Per dimostrare di avere un bel corpo e essere desiderate da qualcuno” (Femmina) “Per sentirsi grandi” (Femmina) “Per sentirsi importanti” (Femmina). 

Come abbiamo visto nel paragrafo a), snapchat è usato dal 72% degli adolescenti che hanno preso parte al questionario, secondo in classifica dopo Instagram. Questo dato è in linea con le evidenze statunitensi, per cui attualmente queste due applicazioni sono al top della classifica nella fascia di età 14-24 anni. In tutto il mondo, Snapchat è tra le dieci applicazioni più scaricate in cento Paesi. I dati ci dicono che gli utenti hanno un’età media compresa tra i 12 e i 34 anni, per un totale di circa 100 milioni di utenti nel mondo.  Facebook è ormai diventato un mezzo di comunicazione per genitori, insegnanti, politici, istituzioni, dove vengono spesso trattati argomenti “seri”, per cui abbiamo assistito ad un progressivo calo di attrazione da parte dei ragazzi per questo social. Al contrario, Snapchat si presenta come giocoso, easy, leggero in cui si condividono brevi aspetti della propria vita. Per usare le parole del fondatore, Spiegel: “Abbiamo reso molto complicato ai genitori mettere in difficoltà i loro figli. Snapchat serve più a condividere momenti personali che a essere visto da tutti” (Settimanale “Internazionale”, aprile 2016). Un momento dopo aver mandato o ricevuto la foto o il video, questo sparisce, basandosi su un meccanismo di “autodistruzione”: Snapchat è spesso associata al fenomeno del sexting.  Nel campione oggetto della ricerca, il 47% dei ragazzi che usano Snapchat (n=96) ammette di aver incontrato nel social qualcosa che li ha turbati.  Ha incontrato qualcosa che lo ha turbato su Snapchat Il 14% dei ragazzi ci dice di aver nascosto foto all’interno di App protette da codici di accesso. Una di queste, Hide it Pro, è stata oggetto di un recente scandalo nella Canon City School dello Stato americano del Colorado. In questa scuola, centinaia di studenti nascondevano immagini e video di nudo dietro App di questo tipo.

Sexting e emozioni

Con lo scopo di capirne di più rispetto ai sentimenti e agli stati d’animo associati al sexting, è stato presentato ai ragazzi un elenco di emozioni, chiedendo mettendosi nei panni di Alice in differenti situazioni di spuntare come si sarebbero sentiti al suo posto.  Le situazioni erano le seguenti: Domanda 5) Come pensi si sia sentita Alice quando Simone ha chiesto il suo numero e l’ha contattata per la prima volta?  – Domanda 6) Come pensi che si sia sentita Alice quando Simone ha iniziato a chiederle di mandare video di sé nuda o di autoerotismo?  – Domanda 7) Come pensi si sia sentita Alice quando ha saputo che sua madre e le sue insegnanti avevano visto il video?  Dai dati raccolti, la maggioranza dei ragazzi, alla domanda riguardante il primo contatto e il corteggiamento quasi 1 ragazzo su 2 (domanda 5) risponde: incuriosita (81%), felice (63%), lusingata (56%) imbarazzata (47%).  Quando viene fatta la prima richiesta di invio di materiale pornografico (domanda 6), i ragazzi immaginano che Alice si sia sentita: imbarazzata (86%), nervosa (44%), eccitata (43%), spaventata (42%), sexy (34%).  Una volta che il video è stato divulgato a madre e insegnanti, ritengono probabile che si sia sentita: umiliata (95%), imbarazzata (78%), sconvolta (74%), disperata (74%), arrabbiata (59%), delusa (46%), triste (46%).  Si passa gradualmente dalla curiosità e dalla gratificazione per l’interesse allo sconforto e alla delusione per il torto e l’umiliazione subiti.

La valutazione del fatto e la percezione del reato

La totalità dei ragazzi intervistati (100%) giudica sbagliato il comportamento di Simone, mostrando così di non condividere il comportamento di diffusione del video di Alice. In aggiunta, il 93% del campione non ritiene che l’azione di Simone possa essere uno scherzo, dato che contrasta nettamente con la dimensione ludica che viene spesso apportata come giustificazione per atti di questo tipo.  Quanto i giovani comprendono il rischio che il sexting sfoci in un reato punibile dalla legge?  La devianza in età adolescenziale è quindi un fenomeno di notevole complessità, connesso a un ventaglio di fattori di rischio differenti, che variano dalla dimensione individuale, a quelle sociale e culturale, spesso interagenti fra loro. Alla devianza “tradizionale”, che risulta più spesso inserita in realtà di grave emarginazione sociale, negli anni recenti sono andate ad aggiungersi manifestazioni devianti espressioni di nuovi tipologie di problematica e disadattamento. Tali manifestazioni possono spesso sfociare in atti devianti e comportamenti criminali, che necessitano di approcci seri e definiti. Negli atti devianti messi in atto con le nuove tecnologie, sono molto spesso coinvolti giovani appartenenti a famiglie benestanti, che frequentano scuole superiori di livello. Allo stesso tempo, ad un’analisi più approfondita, il contesto familiare di questi ragazzi si rivela disgregato e conflittuale.  Secondo l’art. 600-ter del codice penale, è punito per il reato di Pornografia minorile chi, con qualsiasi mezzo, anche per via telematica, distribuisce, divulga, diffonde o pubblicizza il materiale pornografico di minori degli anni 18. Per pornografia minorile intendiamo appunto ogni rappresentazione, con qualsiasi mezzo, di un minorenne coinvolto in età sessuali esplicite, reali o simulate, o qualunque rappresentazione degli organi sessuali di un minore di anni 18 per scopi sessuali.

Dalle risposte dei ragazzi del campione si evince una certa consapevolezza del fatto che l’azione di diffusione da parte di Simone del video di autoerotismo di Alice costituisca un reato. Lo afferma il 98% dei ragazzi, portandolo anche come argomento di discussione in classe dopo aver terminato il questionario, consci sia del fatto che il problema coinvolga sia il tema della violazione della privacy, sia la minore età di Alice.  Nel questionario si è cercato di indagare se i giovani ritenessero il fatto di salvare immagini pornografiche dell’amico/a minorenne, anche se inviate da quest’ultimo/a con consenso, potesse costituire in un reato penale. Infatti, secondo l’art. 600-quater c.p., chiunque consapevolmente si procura o detiene materiale pornografico di un minore di anni 18 va incontro a sanzioni penali. Tuttavia, il 71% dei ragazzi afferma che Simone, salvando sul suo telefono il video di Alice, non ha commesso un reato.

Domanda 14) Simone, salvando il video sul suo telefono, ha commesso un reato punibile dalla legge? E domanda 15) Simone, diffondendo il video, ha commesso un reato punibile dalla legge?  Sempre ad avvalorare questa tesi, il 92% del campione riconosce le conseguenze negative che potrebbe subire la vittima, ma ha poco chiaro lo scenario che si prospetta per chi ha diffuso la foto (reato di  pornografia minorile – art. 600-ter), per chi la salva e la condivide (reato di detenzione di materiale  pedopornografico – art. 600-quater), si raggiunge rispettivamente una percentuale del 13% e del 35%.  In generale, abbiamo chiesto ai ragazzi di valutare la probabilità delle conseguenze, su una scala da “decisamente” a “per niente”.  Quali pensi potrebbero essere le conseguenze per Simone?  Sospensione da scuola 31% 49% 21%  Castigo da parte dei genitori 11% 89% 0%  Perquisizione domiciliare da parte della  Polizia 38% 20% 42%  Essere indagato per un reato 41% 11% 48%  Nessuna conseguenza legale perché  Simone è minorenne 50% 32% 18%  Nessun tipo di conseguenza negativa 33% 4% 63%        I ragazzi del campione sembrano aspettarsi delle conseguenze più sul piano delle “punizioni infantili”,  ovvero una sospensione da scuola (“decisamente” nel 49%) o un castigo dei genitori (“decisamente”  nell’89%), piuttosto che delle conseguenze sul piano legale. Il 48%, infatti, non ritiene probabile che chi chiede/detiene/diffonde foto o video venga indagato penalmente, soprattutto perché minorenne.

Le differenze di genere

 Alcuni ricercatori inglesi hanno evidenziato come il genere della vittima abbia un effetto notevole sulla valutazione dell’accettabilità dell’atto di fare sexting e sull’attribuzione di responsabilità agli attori in gioco.  Ciò che emerge da queste indagini è quello che viene definita l’aderenza ai “sexual double standards”, secondo cui per i giovani, ma anche per la società in generale, sarebbe più accettabile che un ragazzo faccia sexting, rispetto ad una ragazza. In questo studio di Ringrose e collaboratori (2013), tutti i giovani, maschi e femmine intervistati, ammettevano che i maschi che facevano sexting erano più facilmente definiti com “cool”, anziché derisi o additati. D’altro canto, le ragazze erano più facilmente giudicate come “sluts”.  “Alice porterà per sempre l’etichetta della ‘poco di buono’” (Femmina) “Per Alice ci sarà il rischio di essere derisa, presa in giro e umiliata; di rovinare la sua reputazione e dignità” (Femmina) “Tutti la considereranno una persona poco seria e facile da ingannare” (Femmina). E’ fondamentale fare delle considerazioni sulle dinamiche di gruppo, in cui l’adolescente si identifica e  grazie al quale spesso non valuta negativamente il proprio comportamento delittuoso o quello dei coetanei.  Entrano in campo, in questi casi, meccanismi di disimpegno morale. Al di là delle azioni individuali, son assai più frequenti le azioni riconducibili al “gruppo”, nel quale l’autonomia individuale si annulla sino alla completa aderenza alle norme dettate dal gruppo dei pari. Inoltre, l’influenza dei pari devianti è probabilmente il più forte fattore di rischio per il comportamento antisociale, anche in età adulta (Ripamonti, 2011).  Un’altra questione riguarda l’attribuzione di responsabilità nei casi di sexting. Quando ai ragazzi (di entrambi i generi) viene chiesto se secondo loro la colpa sia di chi ha inviato le foto, oppure di chi le ha diffuse, è più frequente che diano più peso alle azioni della ragazza o comunque, di chi ha dato inizio lo scambio, inviando le prime foto (Ringrose et al., 2013). Nello stesso studio, i ricercatori riportano la testimonianza di una ragazza di 10 anni: “I don’t know. I think she took the picture, she sent it to her boyfriend and then he was just being very stupid and just showed it around to everyone. I mean I think she was stupid because why would you send your  naked pictures to a boy that you have just been going out with for a week or two? “. In quest’ottica è chiaro che si perda il focus sulla la fase che precede l’invio dei materiali, caratterizzata da insistenza e pressione psicologica in escalation, che termina con l’invio dell’immagine da parte della minorenne (o del minorenne) per fiducia o addirittura esaurimento.  L’attribuzione di una buona parte della responsabilità a quella che poi sarà la vittima è particolarmente evidente nel caso in cui il contatto iniziale avesse un seguito nella vita offline. Molti ragazzi danno per scontato che dietro l’invio da parte delle ragazze di selfies provocanti ci sia un desiderio di incontrarsi di persona e concedersi sessualmente (Ringrose, 2013).

Pensa che la situazione sia in parte colpa di Alice (domanda 12). “Alice avrebbe potuto evitare di inviare le foto” (Femmina) “Dovrebbe imparare a prendersi le proprie responsabilità: prima di agire come ha fatto Alice ci penserei”  (Femmina)  “Non credo che Simone verrà escluso del gruppo di amici. No, più che altro per gli amici non ha molto valore negativo quello che ha fatto” (Maschio) “La maggior parte dei ragazzi fa sexting per non perdere la stima degli amici” (Maschio)

 La differenza è notevole anche sul fronte della reputazione: se l’87% dei ragazzi percepisce la reputazione di Alice come “rovinata”, solo il 35% di essi pensa lo stesso di Simone. Tale percentuale è uguale tra Maschi è Femmine, che mostrano di valutare la situazione nello stesso modo.

Le richieste di aiuto

E’ stato chiesto ai ragazzi cosa altro avrebbe potuto fare Alice, oltre a bloccare Simone sui social, con lo scopo di conoscere quali strategie metterebbero in atto nel caso si trovassero in una situazione simile. I risultati sono controversi, poiché i giovani – come d’altronde ci si aspetta nel tumulto adolescenziale –  ondeggiano tra il domandare un supporto a qualcuno di fiducia e il “cavarsela da soli”.  Infatti, l’87% vede come soluzione il chiedere aiuto a qualcuno, mentre il 62% cercherebbe di risolvere evitando il coinvolgimento di terzi, incontrando Simone e cercando di chiarire (percentuali simili sia per maschi che per femmine).  Grafico 9: Domanda 8) Cos’altro avrebbe potuto fare Alice, oltre a bloccare il contatto di Simone?  Come è intuibile, soprattutto nella fase adolescenziale, le distanze intergenerazionali rendono difficoltosi il dialogo e la comunicazione fra genitori e figli, a maggior ragione se il tema implica l’area della sessualità (Ripamonti, 2011). Man mano che la dipendenza emotiva dai genitori diminuisce, il gruppo dei pari e degli amici acquista importanza.  In generale, in adolescenza, il gruppo dei pari offre un supporto emotivo ed affettivo in periodo di transizione, volto alla formazione di un senso d’identità autonoma da quella dei genitori. Gli amici aiutano ad affrontare ansia, paure, conflitti interni ed esterni. Come è intuibile, man mano che l’identità si fortifica, i gruppi di coetanei diventano meno vitali e quindi meno desiderabili (Ripamonti, 2011).    Per questi motivi, abbiamo chiesto ai ragazzi intervistati a chi chiederebbero aiuto se si trovassero in una situazione simile a quella di Alice. I risultati possono essere osservati.

“A chi chiederesti aiuto se ti trovassi nella situazione di Alice?” (1° scelta 2° scelta)

A nessuno 12% 12%

Amico 54% 24%

Fratello/sorella 3% 1%

Genitore 28% 39%

 Polizia 2% 10%

Psicologo 1% 14%

Da questa domanda si evince come i ragazzi tendano a rivolgersi prima di tutto agli amici (54%),  probabilmente visti come fidati confidenti e non giudicanti. Tuttavia, come seconda scelta il 39% dei ragazzi opterebbe per chiedere aiuto ai genitori, mostrando come l’adulto rimane una figura di riferimento, nonostante questi problemi possano implicare un senso di vergogna e senso di colpa, come dice una ragazza: “Credo che Alice proverà senso di colpa nei confronti dei genitori, per quello che ha fatto”.

“Sexting: una ricerca sul fenomeno, dal punto di vista degli adolescenti” di Francesca Scandroglio      

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Aldo Trento: Sono tornato per aiutarvi ed essere aiutato a guardare il volto tenero di Cristo.

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La tratta in Italia: casi studio