Il Fuoco Santo di Gerusalemme

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La tradizione narra che il Fuoco Santo sia un miracolo che si verifica durante la Veglia Pasquale. Secondo la leggenda, il fuoco appare miracolosamente nella piccola cappella all’interno della Chiesa del Santo Sepolcro, dove si crede che Gesù Cristo sia stato sepolto e risorto. Il Patriarca Greco-Ortodosso di Gerusalemme, entra nella cappella da solo e prega intensamente. Si dice che il fuoco appaia spontaneamente dalle pietre della cappella e accenda le candele e le lampade nella chiesa, senza alcuna fonte esterna di fuoco.

Questo miracolo è considerato un segno della presenza divina e della benedizione di Dio per i fedeli. Il Fuoco Santo viene poi distribuito ai fedeli presenti, che accendono le loro candele dalla fiamma sacra e portano il Fuoco Santo nelle loro case e nelle loro comunità come segno di benedizione e protezione divina. Secondo la tradizione orientale scomparirà soltanto al tempo dell’apocalisse finale.
Potrebbe pero’ non essere un miracolo e infatti sul sito della Chiesa Ortodossa da alcuni anni non viene chiamato “miracolo”, ma solo Fuoco Santo, che sarebbe simbolico della fede che dal Sepolcro arriva in tutto il mondo. Gesù Luce del Mondo.

Gli Ortodossi accusano velatamente i Cattolici di tenere nascosto il prodigio, che sembrerebbe privilegiare la Chiesa Greca. Sta di fatto che il fenomeno, rigorosamente controllato anche dalle autorità locali, non è mai stato adeguatamente pubblicizzato. In Italia ne resta un velato ricordo nella tradizione fiorentina della “Colombina”.

Storicamente era conosciuto pare già da Giovanni Damasceno e Gregorio di Nissa ed è documentato fin dai tempi delle crociate: in particolare si trova narrato l’episodio della Pasqua del 1101, secondo il racconto del monaco Hermann del Monte degli Ulivi, nel libello “Hyerosolymita” (1116/17) di Ekkehard di Aura. Questo scritto fu inviato come viatico augurale, tramite il priore Amel di Aura, all’abate Erkembert di Korvey, alla fine del 1117 prima della partenza di quest’ultimo per la Terra Santa.

Se per un solo anno non avviene il miracolo della Santa Luce durante l’officiatura del Patriarca Greco-Ortodosso, subentra a presiedere la cerimonia al Santo Sepolcro la prima tra le confessioni con diritto di precedenza. Il controllo avviene in più fasi secondo un rituale consolidato:
la mattina del Sabato Santo, prima dell’inizio della cerimonia ha luogo l’esame scrupoloso e completo della tomba del Signore, terminato il quale essa viene sigillata con una mistura di miele e cera preparata il mattino stesso. Si esclude così categoricamente la presenza di qualche oggetto nel Santo Sepolcro in grado di causare del fuoco. Dopo di che la cappella che custodisce la tomba del Signore viene chiusa e le autorità israeliane vi fanno aderire la cera con i sigilli.

Il controllo inizia alle 10 di mattina e termina un’ora dopo alle 11; mentre è in corso gli arabi ortodossi fanno le loro rimostranze per ricordare e sostenere i propri diritti.

La procedura dev’essere registrata dagli scrupolosissimi rappresentanti della santa vigilanza del Sepolcro, dagli Armeni e dai rappresentanti delle altre confessioni. In modo particolare gli Armeni sovrintendono la meticolosità del controllo, perché una volta, nel 1549, tentarono di “impossessarsi” del miracolo, fors’anche con un po’ di forza: corruppero il Sultano Mourat ed estromisero col suo aiuto il Patriarca Greco-Ortodosso dalla basilica del Santo Sepolcro, pretesero e ottennero che la liturgia fosse presieduta dal Patriarca Armeno, ma, come riporta il cronista arabo Huri Fosi: “Invano invocavano Dio, il Fuoco non voleva discendere. All’improvviso si udì un rimbombo di tuono e dalla colonna di marmo, presso la quale era il patriarca Ortodosso, apparve il Fuoco”.

In quell’occasione avvenne pure la conversione dell’Emiro di Agarino che vedendo questi eventi gridò: “La fede dei Cristiani è grande! Il vero Dio è solo Uno, il Dio dei Cristiani! Credo a Cristo risuscitato dai morti. Mi inginocchio a Lui come mio Dio!”. I musulmani lo catturarono e lo decapitarono subito e il suo corpo è venerato ancor’oggi nel Monastero della Grande Vergine di Gerusalemme.

A mezzogiorno del Sabato Santo ha inizio la liturgia della Santa Luce, costituita da tre fasi: il canto della Litania d’intercessione; l’entrata del Patriarca Greco-Ortodosso di Gerusalemme nel Santo Sepolcro; le invocazioni affinché appaia la Luce Santa. Seguendo la tradizione, il Patriarca Greco-Ortodosso accompagnato dal suo seguito e dal Patriarca Armeno entra nella basilica del Santo Sepolcro mentre le campane suonano a morto.

E’ la Chiesa che ripercorre mesta i passi delle Pie Donne che vanno al Sepolcro a piangere sul cadavere dell’Ucciso. Prima che il Patriarca entri nel santuario che racchiude il Sepolcro, il custode della Sacrestia del Santo Tempio ne fa uscire la lampada che arde perennemente.
Provenendo dall’interno del Tempio dell’Apostolo Giacomo, il Patriarca entra nel santuario e siede sul suo trono patriarcale. Quindi i rappresentanti di Armeni, Caldei, Copti e altri gli passano davanti e lo salutano baciandogli la mano. Secondo le consuetudini, infatti, chi non ossequia il Patriarca Ortodosso, non ha diritto a ricevere la Santa Luce dalla sue mani.
Immediatamente dopo, inizia la Litania d’Intercessione che viene cantata per tre volte attorno al Santo Sepolcro e termina davanti ad esso. Il Santo Sepolcro viene allora dissigillato, mentre il Patriarca depone i paramenti pontificali e rimane con il solo camice.

Il Governatore di Gerusalemme e un Ispettore di Polizia esaminano a quel punto il Patriarca davanti a tutti, in modo da assicurare i presenti che egli non abbia nascosto un qualsiasi oggetto capace di accendere il fuoco. Terminata la perquisizione, il Patriarca di Gerusalemme prende delle torce spente ed entra nel Santo Sepolcro con i dignitari Armeni. Ogni lampada è spenta e non vi è nulla di acceso in tutta la chiesa.

All’interno del Santo Sepolcro,il Patriarcasiinginocchiainpreghiera.Nell’atmosferadi assoluto silenzio cheavvolgeilpresbiterio,sisenteun sibiloequasicontemporaneamenteunlampodilucebiancaebluinvadela basilica.Lelampadesiaccendonomiracolosamente. Contemporaneamente, all’internodell’urna,latorciatenutadal Patriarca, che continua a pregare,siaccendespontaneamentedilucesanta. La follaapplaudeagranvoceedagli occhi dei presenti sgorganolacrime di gioia e di fede.

La leggenda narra che un cavaliere fiorentino, Pazzino de’ Pazzi, fu il primo cristiano a issare il vessillo crociato su Gerusalemme il 15 luglio 1099 e ricevette tre schegge del Santo Sepolcro per questo primato. Tornato a Firenze, le schegge furono usate, sfregandole, per accendere il fuoco benedetto nel Duomo durante il Sabato Santo. Successivamente, questa tradizione si evolse con l’uso di trasportare il fuoco santo su un carro per le strade di Firenze, sostituendo il braciere con fuochi artificiali nel 1300. Questo evento, noto come lo “scoppio del carro”, coinvolgeva un piccione (la “colombina”) che portava il fuoco al carro, che poi veniva acceso davanti al Duomo. La riuscita del volo della colombina era considerata un presagio per la fortuna o la sfortuna dell’anno a venire.

“Il rito rappresenta la benedizione del fuoco. L’Arcivescovo si reca la mattina nella più antica chiesa della città, quella dei SS. Apostoli dove si conserva il fuoco benedetto, ivi lo prende per portarlo all’altar maggiore del Duomo, da dove la ‘colombina’ in forma di piccione, la colombina famosa, si parte lungo un filo per andare ad accendere il carro sulla piazza davanti alla porta centrale; e sempre schizzando fuoco dalla coda ritorna all’altar maggiore. Il vecchio carro… tirato da tre paia di buoi infioccati e adornati di specchi per la solennità, tra una gazzarra urlante di monelli, lentamente e traballando se ne viene fin sulla piazza fra il Battistero e la Cattedrale. Per il suo incedere lento e dinoccolato il popolo lo chiama ‘brindellone’. A mezzogiorno, quando la Messa è al ‘Gloria in excelsis Deo’, un pompiere salta su una scaletta simile a un gatto, e senza dare il tempo di accorgersene appicca il fuoco alla colombina che per due volte striscia infuocata lungo tutta la chiesa sopra la folla rumoreggiante. Dalla riuscita più o meno perfetta del suo volo si traggono i pronostici di fortuna o di disgrazia per l’anno corrente”. (Aldo Palazzeschi)

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