
Carissimi,
sembra che abbiamo ucciso la coscienza! Ma la coscienza nessuno la può uccidere. E’ come la luce. Chi riesce a imprigionare la luce? Certo, l’uomo può tirar giù le sue serrande e chiudersi nel suo buio, ma il sole continuerà a brillare per tutti quelli che lo vorranno godere.
La coscienza non si uccide perché è luce divina, luce che viene da Dio. Lo sciocco può chiudere gli occhi e dire: il sole non c’è più. Lo sciocco può calpestare la sua coscienza, può imbavagliarla perché non parli, ma la coscienza continuerà a parlare anche se fa comodo non sentirla.
La massa delle scimmie
Ecco come Kierkegaard ha bollato la folla dei cristiani che tentano di spegnere la coscienza rifugiandosi nello slogan «fanno tutti così»: «E’ una massa di scimmie, fa impressione che siano qualcosa, all’apparenza lo sono, ma questa massa conta zero, sono esistenze sprecate, perdute … ».
Si, c’è una massa enorme di gente che corre dietro ai propri istinti e soffoca tranquillamente la coscienza. E’ un tema di acuta attualità, ha detto Giovanni Paolo II. E ha spiegato: «Nei sussulti a cui è soggetta la cultura del nostro tempo viene troppo spesso aggredito, messo a prova, sconvolto, ottenebrato questo santuario interiore, cioè l’io più intimo dell’uomo: la sua coscienza» (RP 26).
E come pastore supremo della Chiesa ha confidato: «Non tralascio nessuna occasione per far luce su questa altissima componente della grandezza e della dignità dell’uomo che è la coscienza» (ivi).
Ho visto gente che va in Chiesa a braccetto col peccato mortale, ha il coraggio persino di ricevere l’Eucaristia. Ho visto giovani uscire dalla Chiesa ed entrare tranquilli in una sala dove si proietta un film pornografico.Conosco gente che vive col piede in due scarpe e tenta di mettere insieme satana e Spirito Santo, disonestà ed Eucaristia, immoralità e preghiera.E’ un assurdo! La causa è che per certa gente la coscienza non parla più: l’uomo che ha imparato a far tacere la coscienza è capace di qualunque delitto.
Un profeta laicista
André Glucksmann è un pensatore moderno, laicista, che coi suoi libri sta flagellando tutta la Francia. (Silence, on tue)
In una intervista ha rilasciato questa dichiarazione: Il vero problema etico oggi è il nostro ostinarci a chiudere gli occhi di fronte al male. Dobbiamo toglierci dalle giustificazioni. Tutti tendiamo al benessere, tutti siamo convinti che ogni cosa va bene, e che comunque si va verso il meglio, che ogni problema ha una soluzione; l’importante è mantenere il mondo ottimista, negare l’esistenza del male. E’ una funzione che oggi viene svolta stupendamente dalla televisione e dai media. Oggi l’ideologia non si svolge più per discorsi, ma per immagini. Immagini quasi sempre di gente felice che sorride, che fa ginnastica e sport, di gente che sa di vivere nel migliore dei modi possibili».
Che cosa fare?
Ha risposto cosi: «Resistere! rompere il consenso del benessere e dell’ottimismo!
Il Papa, nella «Reconciliatio et Paenitentia» ha detto: «Primo frutto della coscienza è chiamare il bene e il male col loro nome!». Insomma, bisogna formare le coscienze! Urge aprire gli occhi e farli aprire. A tutti! Giovani e adulti, vecchi e bambini. L’umanità sta dirottando verso l’abisso.
Ha detto il Papa: «L’uomo contemporaneo vive sotto la minaccia di una eclissi della coscienza, di una deformazione, di un intorpidimento, di una anestesia delle coscienze» (cf RP 18).
Cristo aveva dato un avvertimento su cui si è riflettuto troppo poco: «Bada che la luce che è in te non si spenga! Quanto sarebbe grande la tua tenebra!» (Lc 11,35).
Paolo, salutando per l’ultima volta i suoi cristiani, aveva detto: «Entreranno fra voi lupi rapaci, che non risparmieranno il gregge! Perfino di mezzo a voi sorgeranno alcuni a insegnare dottrine perverse per attirare discepoli dietro a sé. Vigilate!» (At 20,29-31).
Che cos’è la coscienza?
La Chiesa non ha mai cessato di parlare di questa componente profonda dell’uomo: è la grandezza più spiccata della persona umana. Ecco come la descrive la Chiesa:
– il santuario interiore dell’uomo;
– il suo “io”più intimo;
– l’altissima componente della grandezza e dignità della persona;
– un misterioso senso morale che ci porta a discernere ciò che è bene e ciò che è male;
– un occhio interiore;
– una capacità visiva dello Spirito in grado di guidare i nostri passi sulla via del bene;
– un luogo santo dove Dio rivela all’uomo il suo vero bene (RP 26);
– il nucleo più segreto e il sacrario dell’uomo, dove egli è solo con Dio, la cui voce risuona nell’intimo (GS 16);
– la capacità di comandare il bene e di proibire il male inserita dal Creatore nell’uomo;
– la principale proprietà del soggetto personale (Dom. et Viv. 43).
Come ne parla la psicologia?
Non c’è psicologo che non tratti di questo fenomeno misterioso che è la coscienza. Freud ha descritto l’uomo come un iceberg in cui la parte sommersa (l’inconscio) è ben più grande e importante della parte che emerge (il conscio; tra i due c’è una zona crepuscolare(il subconscio).
Un medico francese, Marion Capour, che consacrò la vita tra i «pezzi da galera», barboni, alcolizzati, è colpito da questa riflessione dopo le affermazioni di Freud: «Sì, esistono pulsioni violente e latenti, ma esiste una terza forza, la coscienza morale, cioè il senso inestirpabile dal cuore dell’uomo del giusto e dell’ingiusto, uno spazio di libertà, una trascendenza! Il Creatore ha impresso per sempre la sua immagine, il suo sigillo in ogni uomo, in ogni donna nati in questo mondo…La coscienza … può diventare coriacea, non sempre è in buona salute, può deragliare, pervertirsi, scambiare la luce per le tenebre e viceversa, può ipertrofizzarsi, rattrappirsi, girare a folle, ma non per questo attesta di meno la sua presenza nei poveri psicopatici. Ma mai, mai viene meno, perché è immortale. Grazie al lungo contatto coi miei clienti sapevo che gli alcolizzati non erano scimmie superiori, dotate solo di un corpo e di una psiche evoluta, ma che c’era in loro qualcos’altro che li staccava bruscamente dalla specie animale. Sfortunatamente pochi se ne rendevano conto. Un giorno o l’altro un comportamento imprevedibile veniva a confermarlo».
Viktor Frankl, un grande educatore della coscienza
Uno dei personaggi più grandi della psicologia moderna è certamente Viktor Frankl. Anche lui conferma la stessa cosa. Anche negli psicopatici più gravi lui ha constatato il palpito della coscienza.
Questo grande psicologo, che a detta di molti ha visto più lontano di Freud, quest’uomo forgiato nei lager nazisti e nei campi di sterminio, ha scritto: «Solo una coscienza sveglia ed affinata rende l’uomo capace di prendere posizione e di immunizzare contro il conformismo (fare quello che fanno tutti) e contro il totalitarismo (fare quello che vogliono gli altri)».
E’ questa la vera educazione dell’uomo: «L’educazione è valida nella misura in cui è educazione alla responsabilità».
E’ un cammino faticoso la formazione della coscienza. Egli sostiene: «L’uomo possiede gli istinti, ma gli istinti non posseggono l’uomo. Il comportamento della persona dipende dal fatto di possedere o no una stabilità interiore… Non è vero che nei lager l’uomo per la fame diventava un animale… C’erano esseri umani che barcollavano attraverso le baracche, ma sempre ebbero qui una buona parola, là un residuo di pane per uno dei loro compagni».
Viktor Frankl non è pessimista. Egli sostiene: «Il mondo è malato, ma è guaribile» (proprio perché l’uomo possiede una coscienza). Un giorno una schizofrenica grave gli confidò: «Quando voglio ho una libera volontà, non ce l’ho quando non voglio».
Come parla la Sacra Scrittura?
Ne parla continuamente. Perché parla a ogni pagina sulla responsabilità dell’uomo nel suo agire, sulle sue scelte di vita. La prima pagina della Bibbia descrive già il primo conflitto di coscienza. E’ importantissimo il richiamo di Dio a Caino: «Il peccato è accovacciato alla tua porta! Ma tu, dominalo!» (Gn 4,7).
Tutta la tradizione biblica è una educazione alla coscienza. Ecco alcuni testi impressionanti:
«Se vuoi, osserverai i comandamenti: l’essere fedele dipenderà dal tuo buon volere. Egli ti ha posto davanti il fuoco e l’acqua, là dove vuoi stenderai la tua mano. Davanti agli uomini stanno la vita e la morte, a ognuno sarà dato ciò che a lui piacerà…Egli non ha comandato a nessuno di essere empio e non ha dato a nessuno il permesso di peccare» (Sir 15,15-17.20).
Ecco come parla la Scrittura sul dissenso tra uomo e coscienza:
«Non appoggiarti sulla tua intelligenza, in tutti i tuoi passi, pensa a lui ed egli appianerà i tuoi sentieri.Non credere di essere saggio, temi il Signore e sta’ lontano dal male …Non disprezzare l’istruzione del Signore…Beato l’uomo che ha trovato la sapienza… essa è più preziosa delle perle …un albero di vita per chi ad essa si attiene» (Prv 3,5-7.11.13.15.18).
L’insegnamento di Cristo
Gesù ha parlato, ha insegnato, ha proclamato in modo impressionante il primato assoluto della coscienza e la formazione alla responsabilità personale: «Convertitevi e credete al Vangelo!» (Mc 1,15). E’ il suo grande annuncio all’uomo di tutti i tempi, la chiamata solenne a un ripensamento globale della vita, a una scelta radicale del bene, del sommo bene, che è la sua persona. «Non son venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori» (Mt 2,17).
La scelta radicale del bene è proposta a tutti, nessun uomo è escluso, anzi chi più è lontano dal bene, più è cercato da Cristo. Ma Cristo insegna che la scelta del bene è a rischio, la voce della coscienza non ha la stessa risonanza in tutti gli uomini. C’è un soffocamento responsabile del bene in noi: “Il seme caduto tra le spine sono coloro che hanno ascoltato la parola, ma sopraggiungono le preoccupazioni del mondo e l’inganno della ricchezza e tutte le altre bramosie, soffocano la parola e questa rimane senza frutto” (Mc 4,18s), e la coscienza recettiva dell’uomo di buona volontà ha dei gradi, secondo Cristo: «Coloro che ascoltano la parola l’accolgono e portano frutto nella misura chi del trenta, chi del sessanta, chi del cento per uno» (Mc 4,20).
Ma è il cuore dell’uomo, la sua coscienza, la realtà determinante del bene e del male: «E’ dal cuore degli uomini che escono le intenzioni cattive econtaminano l’uomo» (Mc 7,21). La debolezza dell’uomo è grande, insegna Cristo, la coscienza è sempre minacciata: «Vigilate e pregate… lo spirito è pronto, ma la carne è debole» (Mc 14,38).
Il camminare nella coscienza è, secondo Cristo, cercare in tutto l’occhio di Dio non quello degli uomini: «Guardatevi dal praticare le vostre buone opere davanti agli uomini per essere da loro ammirati» (Mt 6,1).E in questa fedeltà alla coscienza sta per l’uomo la vera libertà: «Se ri (Gv 8,3 Is).
I comandamenti dell’«incoscienza»
La coscienza ha come struttura portante i dieci comandamenti, e per noi, la Parola di Cristo. Anche l’anti-coscienza, meglio, per intenderci, anche l’incoscienza possiede i suoi comandamenti. Bisogna conoscerli, sono molto in voga nel paganesimo moderno.
Ecco alcuni dei suoi comandamenti, ferrei come dogmi, che regolano la vita di masse intere di falsi cristiani:
– Fanno tutti così! E’ la morale della grande massa pagana che intacca tutti i risvolti della vita, e non giustifica nulla.
– Che male c’è? Quando l’incoscienza giunge al vertice trasborda in questo slogan che cancella tutto, come un detersivo potente.
– Chi me lo fa fare? Certo, se Dio non c’è, non hanno senso i dieci comandamenti, ma è di lì che parte tutto nella morale dell’uomo
– Chi mi vede? Chi può saperlo? L’uomo può camuffare tutto e camuffarsi in tutto, ma con Dio non può giocare a rimpiattino, è come nascondersi dietro il proprio dito.
– A me piace così. Una prostituta diceva: «Lo so che la mia vita è una broda sporca, ma a me piace questa broda!». Quando si ragiona così tutto è finito, la coscienza non ha più nulla da dire.
– E’ umano agire così. E’ un altro comandamento sottile dell’anticoscienza. E’ umano ciò che è secondo Dio, non ciò che è contrario a Dio. Chi rigetta Dio rigetta l’umano.
Sono tutti principi incantatori, specchi per le allodole, che a un certo momento della vita possono travolgere l’uomo. «Gente testarda e pagana, nel cuore e nelle orecchie, voi sempre opponete resistenza allo Spirito Santo» (At 7,5 1) gridava Stefano ai suoi persecutori mentre lo trascinavano al supplizio. Come reagirono? Reagirono così: «Proruppero in grida altissime turandosi gli orecchi» (At 7,57).
I delitti contro la coscienza sono tutti così: turar gli orecchi, chiudere gli occhi, non lasciar passare la luce.E’ ovvio che la coscienza può essere distolta dalla verità. Dice il Papa: «Se la coscienza è retta, allora serve per risolvere secondo verità i problemi morali» (Dom et Viv., 43), e fa questa precisazione: «La coscienza non è una fonte autonoma ed esclusiva per decidere ciò che è buono e ciò che è cattivo» (ivi).
Non è la nostra testa il metro del bene e del male, tanto più non è la mentalità del mondo la misura del bene e del male.Il Papa parla di una norma oggettiva che solo Dio può dare e descrive l’agire della coscienza come “un principio di obbedienza con i comandi e i divieti che sono alla base del comportamento umano” (ivi), e spiega: «La coscienza è strettamente legata alla libertà dell’uomo, sta alla base della dignità dell’uomo e, nello stesso tempo, del suo rapporto con Dio» (RP 18).
E’ Dio la norma della coscienza, non la mia testa, non i miei gusti, non la mia convenienza, non quello che piace a me, non quello che piace agli altri. Finché non si afferra questo principio non siamo al nocciolo del problema. «Primo frutto della coscienza – abbiamo sentito – è chiamare per nome il bene e il male». Ma il bene e il male non lo determina l’uomo, lo determina soltanto Dio.
La parola-chiave
C’è una parola-chiave che fa capire esattamente il problema. E’ la parola appartenenza. Apparteniamo a Dio, non a noi stessi, dipendiamo da lui in tutto. E questa la ragione di fondo per cui è lui solo che determina il bene e il male, è lui solo che traccia il confine della vita e della morte.E’ in riferimento a lui solo che l’uomo può capire ciò che deve fare e ciò che non può fare: «Riconoscete che il Signore è Dio, egli ci ha fatti, e noi siamo suoi» (Sal 99). Sant’Agostino ripeteva: «Ci hai fatti per te, Signore, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te!».
Appartenenza non significa schiavitù.
Quando il padre dice: «Mio figlio» non intende dire: «Mio schiavo», intende piuttosto: «Mio amore, mia gioia, mia vita».E per un figlio, essere «figlio» significa si dipendenza, ma dipendenza di amore, unità di amore, legame di amore. Dipendenza che è gioia, libertà, vita! In questa libertà affonda le radici la coscienza.
Tre doveri verso la coscienza
Primo: consultare in ogni cosa la coscienza.
Secondo: seguire in ogni cosa la retta coscienza.
Terzo: educare senza tregua la coscienza, affinarla, farla crescere.
L’uomo razionale cammina in ogni cosa nella via della coscienza: «Lampada ai miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino» (Sal 118). Ma la lampada ha i suoi oscuramenti, le sue crisi, i suoi momenti difficili. Basta un po’ di viltà e il vetro si appanna. Perché la lampada faccia sempre luce ci vuole onestà, amore di verità, sincerità. Non c’è problema che non possa essere illuminato dalla Parola di Dio.
Certo non parla di eutanasia la Parola di Dio, né di ingegneria genetica, ma proclama il grande principio della sacralità di ogni più piccola creatura umana: «Tutto quello che avete fatto al più piccolo l’avete fatto a me» (Mt 25,40).
Per chi vuole la luce, c’è luce sufficiente, c’è luce per ogni problema fondamentale della vita. Occorre solo onestà: «Per trovare Dio, prima bisogna volerlo cercare» ha ammonito il Papa a un raduno di scienziati. Per questo: «Il silenzio è la prima igiene della coscienza» dice Fredy Kunz nel libro l’Asina di Balaam. Se non c’è desiderio reale di verità è difficile che l’uomo sappia far tacere tutte le voci che in lui discordano da Dio.
Prima occorre mettere silenzio nei nostri egoismi, poi mettere silenzio nei nostri interessi. Quando le voci del dissenso egoistico sono in perfetto silenzio allora la coscienza può parlare, allora la Parola di Dio può far luce.
Ma urge educare la coscienza
Ecco due mezzi importanti.
l. La coscienza si affina soprattutto a contatto con la Persona di Cristo.Chi ha il coraggio, in ogni suo problema, di guardare Cristo negli occhi, forma in modo profondo la coscienza. Chi si abitua a un confronto quotidiano con la mentalità di Cristo, coi gusti di Cristo, con le scelte di Cristo, con le proposte di Cristo, non può mancare. Il coraggio della verità è tutto lì, nel confrontarsi con lo sguardo di Cristo. La formazione profonda della coscienza non si gioca sui dieci comandamenti o su un moralismo cieco! La formazione vera della coscienza si gioca soprattutto con l’incontro con la Persona di Cristo. Il perno della formazione della coscienza è Cristo: Io sono la via, cioè il cammino della coscienza, la verità, cioè lo specchio della coscienza, la vita, cioè la forza della coscienza. Scoprire Cristo è consegnargli la vita, ecco come si affina la coscienza.
2. La coscienza si educa attraverso una igiene vigorosa.Acqua e sapone, buona volontà e purificazione! Siamo facili a sorvolare sulle nostre mancanze. Ma chi vuole educare la coscienza orientandola a Cristo deve abituarsi a guardarsi dentro, a pesare il bene e il male con molto realismo. Il bene non facciamo fatica a guardarlo, ma dal male che c’è in noi voltiamo volentieri la faccia. E’ una tattica sbagliata! Quando il male spunta in noi occorre una terapia efficace.
– Fermarsi! Se non ci fermiamo è difficile che riflettiamo. Ogni mancanza (egoismi, insincerità, piccole cattiverie, ecc. ecc.) è un semaforo rosso che si accende. Al semaforo rosso la persona ragionevole si ferma, anche se ha tanta fretta.
– Pentirsi! Reagire al male col pronto pentimento. Chiedere perdono con sincerità, umiliarsi davanti a Dio, non semplicemente indispettirci per la nostra debolezza. Indispettirsi non è ancora pentirsi.
– Riparare! Se a ogni mancanza mi educo a scegliere una riparazione adeguata, il male non mette radici in me; passa, mi ferisce, ma la ferita cicatrizza.
Una lezione di Budda
Raccontano che un giorno Budda disse ai suoi discepoli: «Le strade si fanno aspre sotto l’Himalaia, le pietre sono aguzze e feriscono i nostri piedi: come si potrà rendere più facile il cammino dell’uomo?». Uno dei discepoli rispose: «Si potrebbe stendere sui sentieri tante pelli di daino così i nostri piedi non sarebbero feriti». Budda sorrise, poi scrollò il capo dicendo: «Invece di coprire i sentieri, non sarebbe meglio difendere i piedi di ciascun uomo con la pelle di daino? Così i sassi non pungerebbero più». Avete capito la battuta. Budda intendeva dire: i problemi dell’uomo non sono fuori dell’uomo, sono tutti dentro l’uomo. E’ sempre da lui che cominciano i problemi.
Per concludere la nostra riflessione sulla coscienza: quando un giovane riesce a educare la sua coscienza, tutte le cose cambiano, tutti i problemi ricevono un profondo risvolto perché in lui è sbocciato il senso di responsabilità di fronte a se stesso, di fronte agli uomini, di fronte a Dio.
Una lezione di Cristo
Gesù ha detto: «Dov’è il tuo tesoro, lì sarà il tuo cuore» (Mt 6,21). Se il nostro tesoro è Dio, il nostro cuore, la nostra coscienza, saranno radicati in lui, e la luce di Dio illuminerà ogni nostra azione. L’uomo non sarà più solo nel cammino della vita, nella sua luce vedremo la luce. Riflettete con me sul problema della coscienza. Vi farà un gran bene, come l’ha fatto a me.
La Madre del Signore vi benedica!
(Padre Andrea Gasparino)