La luna di miele dei due folli sposini nella mia clinica ad Asunción

Questa storia è un esempio semplice di santità perché si tratta di due giovani appeno sposati che decidono di fare la luna di miele in un ospedale per ammalati terminali. Hanno appena detto “sì”, salutato parenti ed amici e già corrono all’aeroporto per prendere l’aereo che li porterà in Paraguay. Una pazzia? Per chi non è innamorato di Gesù, sì! Ma per Gianluca ed Anna che hanno avuto la grazia di vedere nel matrimonio la modalità di amare Gesù vivo nei poveri, come ci ricorda sempre papa Francesco, no! (paldo.trento@gmail.com)

Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti) – Il 6 maggio io e Anna ci siamo sposati e il giorno dopo siamo partiti per il Paraguay dove lei era stata nella Clinica Divina Providencia di padre Aldo per due mesi l’anno precedente. Partì qualche settimana dopo aver conseguito la laurea in infermieristica mentre il nostro rapporto compiva circa un anno e mezzo. Studiando nella stessa piccola città siamo sempre riusciti a vederci spesso. Perciò, all’inizio, i due mesi in Paraguay sono stati molto difficili. Ci sentivamo poco a causa del fuso orario e non ci vedevamo perché spesso la connessione internet non c’era o non era sufficiente per usare Skype. Inizialmente questa condizione sembrava essere contro di noi e quando capitava di sentirci succedeva a volte di rimanere con un po’ di amaro in bocca.

Qualcosa è cambiato quando nelle telefonate e nelle lettere lei ci raccontava di tutte le belle cose che viveva con i pazienti della clinica, con i bimbi della casita e le ragazze di Chiquitunga. Vedevo come lei nell’approfondire il suo rapporto con Cristo riusciva a volermi più bene e a vivere in modo più profondo il nostro rapporto. Così anche io ho incominciato nelle tante cose da fare a vivere un po’ di più con questa prospettiva e cioè il rapporto con Cristo. Negli impegni, nei rapporti all’interno della comunità ma anche nei gesti più banali come preparare la cena per i miei amici o pulire in casa. È stato bellissimo scoprire che più diventavamo familiari con Cristo più lo diventavamo anche tra di noi sebbene a migliaia di chilometri di distanza, più di quanto non lo eravamo diventati vivendo tanti momenti insieme.

Quando poi è ritornata in Italia dopo una settimana le ho chiesto di sposarmi. Quei due mesi in Paraguay sono stati l’evidenza che il buon Dio ci aveva dato uno all’altra e che eravamo su una strada. Così quando abbiamo dovuto decidere dove passare la nostra luna di miele la scelta è caduta sul Paraguay per venire a salutare padre Aldo e l’hermanita Sonia. È veramente difficile descrivere con parole quello che è la vita di questa opera di carità. Una domanda mi risuona nella testa dopo questi pochi giorni qui ad Asunción. Dove sta la grandezza di un uomo? Come fa un uomo ad essere grande agli occhi di Dio? A guardare i piccoli pazienti del primo piano della clinica, tutti un po’ accartocciati, scomposti, brutti agli occhi del mondo (un mondo che per liberarsi di loro ha inventato l’aborto e l’eutanasia), guardandoli si capisce che la grandezza di un uomo viene da un Altro, da qualcosa che è fuori da sé.
Gianluca

Come ha detto Gianluca, i due mesi che ho passato in Paraguay dopo la laurea non sono stati facili, ma direi che son stati fondamentali per prendere ancora più sul serio il nostro rapporto. Accolta da padre Aldo e hermana Sonia, mi sono coinvolta nella vita della clinica, con i malati, con i bambini, con le ragazze di Chiquitunga sentendomi parte di una grande famiglia. In quei due mesi il mio cuore ha vibrato tanto che è esplosa, a volte in maniera un po’ irruenta, la grande domanda sulla mia vocazione. Sono stata costretta a chiedermi che cosa mi fosse chiesto e, insieme a Gianluca, che cosa il buon Dio volesse da noi. Una volta tornata, la coscienza di essere chiamati da Lui a vivere questo rapporto ha fatto sì che si facesse vivo in noi il desiderio di sposarci. Fissata la data del matrimonio, subito abbiamo deciso che saremmo venuti in viaggio di nozze in Paraguay, per la grande gratitudine verso questo luogo e queste persone e perché anche Gianluca potesse vedere e sperimentare lui stesso il grande amore che io avevo trovato qua. Questi giorni passati in clinica, a giocare con i bambini, con le ragazze, sono stati davvero preziosi. Mi ha stupito il fatto che, come era capitato a me che nei due mesi in Paraguay spesso pensavo: «Come vorrei che anche Gianluca potesse venire qui!», allo stesso modo lui l’altra sera mi ha detto: «Dobbiamo assolutamente tornare qui con i nostri amici!». Ora torniamo a casa, pieni di quello che insieme abbiamo visto e vissuto, e grati della grande compagnia che ci accompagna tutti i giorni.
Anna

tempi-testata-h

Articolo tratto da www.tempi.it
per gentile concessione della redazione (7-7-2023).

Per abbonarsi : Abbonamento con carta di credito – Tempi

jew-cemetery-1097409_1280

Le origini dell’antisemitismo moderno (Bruto Maria Bruti)

viso-hellen

Racconto di Ellen: soldi e sfruttamento