La storia dell’albero di Natale

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La storia dell’albero di Natale è profondamente intrecciata con la vita e la missione di San Bonifacio. Nato intorno al 680 nel Devonshire, in Inghilterra, egli crebbe in un’epoca in cui l’Europa centrale e settentrionale era ancora prevalentemente pagana. Dopo essere diventato monaco e sacerdote, fu inviato da Papa Gregorio II a evangelizzare i popoli germanici, una missione che egli stesso aveva richiesto con fervore.

Nel 722 San Bonifacio fu consacrato vescovo di tutta la Germania, dove restò fino al martirio nel 754. È proprio durante il suo operato in Germania che si colloca l’origine della leggenda dell’albero di Natale.

Il racconto che segue riprende le varie tradizioni riunite nel racconto “Il primo albero di Natale” scritto da Henry Van Dyke.

Il viaggio verso la Quercia di Geismar

Nella notte della vigilia di Natale, San Bonifacio stava viaggiando con un gruppo di fedeli lungo un’antica via romana. Le sue parole, tramandate attraverso una rielaborazione ottocentesca, testimoniano lo spirito che lo animava:

“Coraggio, fratelli, e proseguiamo ancora un poco. La luna di Dio ci illuminerà a momenti e il sentiero è diritto. So bene che siete affaticati; e il mio stesso cuore è appesantito per la casa in Inghilterra, dove coloro che amo stanno festeggiando questa vigilia di Natale. Oh, che io potessi fuggire da questo selvaggio e burrascoso mare di Germania verso il tranquillo rifugio della mia madrepatria! Ma abbiamo un’opera da compiere prima di far festa questa notte. I pagani della foresta si sono riuniti presso la Quercia di Geismar per adorare il loro dio Thor; strane cose avverranno là e saranno compiuti atti che oscurano l’anima. Ma siamo inviati per illuminare le loro tenebre; insegneremo a questi fratelli a celebrare il Natale con noi come non si è mai visto in questa terra. Avanti, dunque, in nome di Dio!”

Giunti alla Quercia del Tuono di Geismar, il luogo sacro al dio Thor, San Bonifacio iniziò la sua predicazione di fronte al fuoco acceso dalla popolazione radunata attorno a quell’imponente simbolo pagano.

“Qui è la Quercia del Tuono; e qui la croce di Cristo spezzerà il martello del falso dio Thor. Salve, figli della foresta! Uno straniero ha bisogno del calore del vostro fuoco in questa notte d’inverno. Sono un vostro fratello, della famiglia germanica. Vengo dal Wessex, al di là del mare, e porto un dono da quella terra: un messaggio del Padre, di cui sono servo.”

Hunrad, il sacerdote di Thor, accolse San Bonifacio e i suoi compagni e prese la parola, spiegando il significato di quella notte sacra ai pagani:

“Questa notte è la notte della morte del dio sole, Baldur il Bello, amato dagli dei e dagli uomini. È l’ora delle tenebre e del potere dell’inverno, del sacrificio e del grande terrore. Il grande Thor, il dio del tuono e della guerra, al quale è consacrata questa quercia, è in collera con noi: le sue foglie si sono seccate, i raccolti sono andati perduti, i lupi hanno razziato gli ovili, e la peste ha colpito i nostri villaggi. Per placarlo, occorre un sacrificio più caro di ogni altro: il sangue del dono più prezioso.”

Il sacrificio interrotto

Mentre Hunrad parlava, il popolo si unì a lui in un canto di preghiera a Thor. Poi il sacerdote scelse il giovane Asulf, figlio del duca Alvold e della moglie Tecla, come vittima sacrificale. Il ragazzo fu condotto all’altare, bendato e inginocchiato, pronto a essere sacrificato con il martello di Thor.

Ma proprio mentre Hunrad stava per colpire, San Bonifacio intervenne, spingendo il suo pastorale contro l’arma, che cadde spezzandosi contro l’altare di pietra. Un vento improvviso scosse l’aria, e il popolo, tra il timore e la gioia, rimase ammutolito. Tecla si precipitò verso il figlio, stringendolo a sé con lacrime di gratitudine.

San Bonifacio, con il volto illuminato, si rivolse alla folla:

“Ascoltate, figli della foresta! Non scorrerà il sangue dei vostri figli questa notte, perché questa è la notte della nascita del bianco Cristo, il Figlio del Padre, il Salvatore dell’umanità. Egli è più bello di Baldur il Bello, più grande di Odino il Saggio, più buono di Freia. Dopo la sua venuta, non è più necessario il sacrificio. Thor il tenebroso è morto, perduto per sempre nel regno delle ombre del Nifelheim. Nel nome del Signore, io distruggerò questo albero di sangue!”

Con una scure, San Bonifacio abbatté la Quercia del Tuono, che crollò al suolo spezzandosi in quattro parti. Alle sue spalle, un giovane abete si ergeva snello e verde, puntando verso il cielo.

L’abete: il nuovo simbolo

San Bonifacio indicò l’abete e disse al popolo:

“Questo piccolo albero, figlio della foresta, sarà il vostro sacro albero questa notte. È il legno della pace, poiché le vostre case sono costruite di abete. È il segno di una vita senza fine, poiché le sue foglie sono sempre verdi. Osservate come punta diritto verso il cielo. Che questo sia chiamato l’albero di Cristo Bambino: riunitevi intorno ad esso, non nella selva, ma nelle vostre case; là non si compiranno riti di sangue, ma doni d’amore e riti di bontà.”

Il popolo prese l’abete e lo portò al villaggio. Il duca Alvold lo collocò al centro del suo grande salone, ornandolo con candele che brillavano come stelle.

La nascita di una tradizione

San Bonifacio, con Hunrad seduto ai suoi piedi, narrò la storia della nascita di Gesù: il Bambino nella mangiatoia, i pastori e gli angeli. Asulf, ancora in grembo a sua madre, disse con stupore:

“Madre, ho sentito quegli angeli cantare dietro l’albero.”

Alcuni giurarono di aver udito davvero il canto degli angeli, mentre altri pensarono fosse il coro dei compagni di San Bonifacio che intonavano:

“Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà.”

Così, la leggenda dell’albero di Natale nacque come simbolo di pace, vita eterna e luce divina, destinata a illuminare le case e i cuori dei cristiani di tutto il mondo.

Paolo Botti

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