La parola biopolitica è stata coniata da Michel Foucault. Non è uno dei miei autori preferiti.
La parola biopolitica è una parola francamente terrificante che spiega come siano finiti i bei tempi in cui la politica non si interessava dei nostri corpi. Ora se ne interessa. Decide se il nostro corpo deve vivere o è meglio lasciar perdere ( Charlie e Alfie E innumerevoli altri di cui abbiamo imparato a non memorizzare il nome per non avere di nuovo il cuore spezzato ) quanto deve essere curato, a quanta prevenzione deve essere sottoposto.
Il corpo entra nel gioco.
Dopo la bio politica c’è la rete.
Nessuno ricorda che internet è nato per scopi militari. Grazie a FB la nostra faccia, i nostri figli, i nostri bucatini alla matriciana sono noti. Gli smartphone si aprono con l’impronta del pollice. Il sistema ha le nostre impronte. Forse è meglio comprarsi un cellulare da 50 euro e lasciare perdere WhatsApp. Che è gratis. Se qualcosa è gratis il prodotto siamo noi. Nè Fb nè WhatsApp e meno che mai Google fanno censura. Non scherziamo nemmeno. Sarebbe da cafoni bifolchi. In California la parola censura farebbe venire l’orticaria. Si limitano, tutti, a proteggerci dalle fake news, che potrebbero danneggiarci e magari spingerci a votare per la parte sbagliata.
Le fake news sono la nuova peste, il corrispettivo verbale dell’aids, anzi dell’ebola. Qualcosa che deve essere fermato a tutti i costi. I nuovi super eroi saranno a caccia di fake news. Tranquilli. Loro ci amano. È per il nostro bene.
Silvana De Mari