Il Dipartimento per le Politiche antidroga della Presidenza del Consiglio, organismo dedicato alla prevenzione e al monitoraggio delle tossicodipendenze, nella sua Relazione al Parlamento sullo stato delle varie dipendenze in Italia ha pubblicato dati impressionanti considerando che coinvolgono per lo più l’adolescenza, fascia più vulnerabile dell’età.
Un terzo degli studenti italiani, il 33,6%, ovvero circa 870.000 bambini, ha fatto uso almeno di una sostanza di abuso nella propria vita. Un quarto dei 660.000 studenti, il 25,6%, lo ha utilizzato nel 2018. Ad esempio, ci sono centinaia di migliaia di persone in età evolutiva che a causa del consumo di droghe soffrono di problemi neurologici, respiratori e di fertilità (problematica conclamata ma poco conosciuta).
L’effetto della cannabis (ed effetti negativi) si basa su composti che contengono i cannabinoidi esogeni, di cui il più noto è il THC (tetraidrocannabinolo), che è all’ origine degli effetti psicoattivi e delle sue proprietà farmacologiche. Il THC si lega in maniera specifica a recettori degli endocannabinoidi, la nostra cannabis endogena cioè prodotta naturalmente dal nostro corpo, presente in alcune aree del cervello, associate alla cognizione, memoria, appetito, piacere, alla coordinazione e percezione del tempo, regolandone il funzionamento. In realtà sono molte altre le aree in cui si distribuisce anche se meno conosciute (sangue, gonadi, placenta…)
L’effetto del THC dipende dalla concentrazione contenuta nella sostanza utilizzata (spinelli, olii..). Bisogna considerare anche che nel tempo le concentrazioni sono aumentate e di conseguenza gli effetti psicotropi. Si è passati da un 1,5-2% negli spinelli degli anni ’70 ai tempi del «peace and love» per arrivare a quelli attuali che in percentuali variabili vanno dal 7% al 70-90% a seconda dei principi di lavorazione.
Si definisce LIGHT la canapa con percentuale di THC inferiore allo 0,5%. Negli Stati Uniti per esempio, quando la concentrazione di THC è inferiore allo 0,5 %, si parla di “canapa” (hemp) intendendo la fibra tessile che «non è usata a scopo ricreativo, né potrebbe esserlo» mentre la marijuana è considerata sostanza che da effetti stupefacenti, dal momento che ha tradizionalmente una concentrazione di Thc superiore. Insomma possiamo dire che la cannabis light sta alla marijuana come i semi di papavero usati in cucina stanno all’ oppio, infatti vengono venduti senza problemi perché, in base alle regole europee, contengono una quantità risibile di alcaloidi (la sostanza psicotropa).
Dov’è allora il problema?
Lo spinello, la cui concentrazione di THC attualmente è almeno superiore al 7% se non di più, in base al “fornitore” e al suo ciclo di produzione, vede il proprio picco di consumo proprio tra i 15 e 16 anni, specie se la motivazione che spinge all’uso è legata al bisogno di placare l’ansia o l’angoscia, sentimenti connaturati con l’adolescenza. E’ stato ampiamente dimostrato che l’uso precoce e prolungato di cannabis è particolarmente pericoloso per la materia bianca del cervello in fase di sviluppo, perché porta ad alterazioni della connettività cerebrale che potrebbero essere alla base dei deficit cognitivi e della vulnerabilità ai disturbi psicotici, depressivi e d’ansia dei consumatori di cannabis.