Carlo V d’Asburgo (Gand, 24 febbraio 1500 – Cuacos de Yuste, 21 settembre 1558) fu un imperatore cattolico che governò durante l’epoca della Riforma protestante, affrontando i riformatori nel suo ruolo di difensore della fede cattolica. Per contrastare la diffusione del luteranesimo e del calvinismo, impiegò sia mezzi diplomatici che militari, dimostrando un forte impegno per la causa cattolica. Trascorse periodi di ritiro e preghiera, coltivando un sincero interesse per la teologia.
Sacro Romano Imperatore e arciduca d’Austria dal 1519, Carlo V fu anche re di Spagna (Castiglia e Aragona) dal 1516 e sovrano dei Paesi Bassi come duca di Borgogna dal 1506, oltre che re di Napoli e di Sicilia.
Nel 1504, a seguito della morte di alcuni membri della famiglia, sua madre Giovanna di Castiglia salì al trono di Castiglia, ma nel 1506, dopo la morte del marito, cadde in una profonda depressione. Carlo ereditò così il regno di Castiglia, sotto la guida del nonno Ferdinando d’Aragona, e i Paesi Bassi, sotto la reggenza della zia Margherita d’Austria.
Nel 1516, alla morte di Ferdinando, Carlo divenne re di Castiglia, Aragona, Napoli, Sicilia e Sardegna. Nel 1519, alla scomparsa del nonno paterno, venne eletto Sacro Romano Imperatore con il nome di Carlo V, anche grazie all’appoggio del banchiere Jakob Fugger e alle garanzie offerte con le capitolazioni elettorali.
Agli occhi dei suoi contemporanei fu erede cavalleresco dello spirito di crociata che aveva animato i regni spagnoli nella Reconquista per la liberazione della penisola iberica dai musulmani.
Le successioni di cui fu oggetto portarono a una provvidenziale concentrazione di potere nelle sue mani, favorendo l’unificazione dei popoli sotto un unico impero di ispirazione cristiana. Tra i suoi progetti vi fu quello di diffondere la pace universale, unitamente a una grande crociata seguendo l’intuizione di Papa Pio II, che vedeva nell’espansione turca il grande rischio per il mondo.
Nel 1521 convocò a Worms la Dieta «della nazione tedesca», l’assemblea che riuniva gli stati del Sacro Romano Impero, composta dai sette Principi Elettori, dai principi territoriali e dai rappresentanti delle città teutoniche, in cui ribadì l’impegno a difendere la Cristianità, in linea con la tradizione dei suoi antenati. In quell’occasione venne bandito Martin Lutero, convocato affinchè pubblicamente ritrattasse i suoi scritti che mettevano in dubbio l’autorità della Chiesa di Roma ( papa Leone X aveva già scomunicato Lutero con la bolla “Decet Romanum Pontificem” il 3 gennaio 1521).
Al rifiuto di Lutero Carlo V convocò i sette principi elettori e i maggiori signori e disse:
«Voi sapete che io discendo da un lungo lignaggio di imperatori cristiani di questa nobile nazione tedesca, dai re cattolici di Spagna, dagli arciduchi d’Austria e dai duchi di Borgogna. Essi sono stati tutti fedeli sino alla morte alla Chiesa di Roma e hanno difeso la fede cattolica e l’onore di Dio. Ho deciso di seguire i loro passi. Sono perciò risoluto ad attenermi a tutto quanto è avvenuto dopo il concilio di Costanza. Giacchè è certo che, quando un solo frate si pone contro l’opinione dell’intera cristianità, egli sbaglia o altrimenti la cristianità intera avrebbe dovuto sbagliare per mille anni e anche di più. Sono perciò deciso ad impegnare le mie terre, i miei amici, il mio corpo, il mio sangue, la mia vita e la mia anima. Non lo ascolterò più. Venga accompagnato fuori, ma d’ora in poi lo tratterò come un eretico notorio e non soltanto io, ma spero anche voi, da buoni cristiani di questa nobile nazione tedesca, su cui cadrebbe eterna vergogna se per negligenza vostra dovesse sopravvivervi non dico l’eresia, ma il mero sospetto di eresia».
Carlo V nei compiti di imperatore si trovo’ anche altre difficoltà: nel 1520 scoppiò in Castiglia la rivolta delle “comunidades”, causata dall’influenza borgognona a corte e dalla presenza del reggente Adriano di Utrecht, con forti prelievi di risorse verso i Paesi Bassi.
Carlo intervenne, coinvolgendo maggiormente le Cortes nella politica regia e concedendo nuove funzioni amministrative, pur mantenendo intatte le istituzioni di Aragona, Napoli e Sicilia, unite a Castiglia solo dinasticamente.
Dal 1522 al 1529 Carlo risiedette in Spagna, dove imparò la lingua e le usanze locali e sposò la cugina Isabella di Portogallo, dalla quale ebbe l’erede Filippo. In questo periodo affrontò le guerre contro Francesco I di Francia, preoccupato dall’espansione asburgica. La prima fase del conflitto terminò nel 1525 con la vittoria di Pavia e la cattura di Francesco. Nel 1526, la Francia, le forze del Papa e diversi Stati italiani formarono la Lega di Cognac, ma Carlo vinse ancora, imponendo la pace nel 1529.
Il sacco di Roma del 1527, condotto dai lanzichenecchi, avvenne sotto i suoi comandi ma non fu da lui apprezzato e anzi condannato; per riparare ai danni e all’offesa verso Papa Clemente VII (della famiglia de’ Medici) si impegnò a riportare Firenze sotto il loro controllo.
Negli anni, l’influenza spagnola trasformò l’Italia in un’area politica più omogenea, comprendente vari Stati italiani, con integrazione dei principi locali, mobilità di funzionari e movimento di capitali e idee che culmino’ quando nel 1530, Carlo V ricevette da Papa Clemente VII a Bologna le corone di re d’Italia e di imperatore, sancendo l’idea di un impero esteso a piu’ nazioni in grado di portare pace e prosperità alla Cristianità.
Anche la letteratura celebrò Carlo V. Nell’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto troviamo una sua descrizione come grande imperatore, capace di assicurare la pace, difendere la Chiesa dagli eretici e restaurare l’antico Impero Romano, unificando Oriente e Occidente e promuovendo l’evangelizzazione dei pagani:
Veggio la santa croce, e veggio i segni
imperïal nel verde lito eretti:
veggio altri a guardia dei battuti legni,
altri all’acquisto del paese eletti:
veggio da dieci cacciar mille, e i regni
di lá da l’India ad Aragon suggetti;
e veggio i capitan di Carlo quinto,
dovunque vanno, aver per tutto vinto.
Dio vuol ch’ascosa antiquamente questa
strada sia stata, e ancor gran tempo stia;
né che prima si sappia, che la sesta
e la settima etá passata sia:
e serba a farla al tempo manifesta,
che vorrá porre il mondo a monarchia,
sotto il piú saggio imperatore e giusto,
che sia stato o sará mai dopo Augusto.
Oltre l’Europa come re di Castiglia e delle colonie americane, Carlo V si dedicò alla missione evangelizzatrice nel Nuovo Mondo. Dopo la conquista del Messico da parte di Hernán Cortés nel 1521, invia al conquistatore istruzioni dettagliate per le Ordenanzas del 1526, leggi sul trattamento degli indigeni, consapevoli del “dramma della coscienza cristiana.” Tornato in Spagna nel 1541, Carlo rivede la politica coloniale: convoca a Valladolid una giunta che elabora le Leyes Nuevas (1542), enfatizzando il carattere missionario della conquista e migliorando la tutela dei nativi, anche se l’attuazione fu spesso inefficace e contraddetta dalle brutalità sul campo.
Parallelamente, Carlo V fronteggiò in Europa la sfida della Riforma luterana, diffusa soprattutto in Germania, dove molti principi usavano il movimento per indebolire l’autorità imperiale. Nel 1530, Carlo convoca la dieta di Augusta per una soluzione pacifica alla frattura religiosa, ma il concilio fallisce. Di fronte alla resistenza luterana, Carlo emana un decreto severo, provocando la formazione della Lega di Smalcalda nel 1531. Carlo non riesce però ad agire militarmente subito per la mancanza di fondi e l’incalzante minaccia ottomana.
La pressione turca cresce: nel 1526 Solimano il Magnifico sconfigge un esercito cristiano a Mohács, e nel 1529 minaccia Vienna. Carlo aiuta il fratello Ferdinando, sovrano di Boemia e Ungheria, e nel 1536 conquista La Goletta e Tunisi, basi dei pirati barbareschi alleati dei turchi. Nel 1541 fallisce un tentativo di prendere Algeri. Intanto fronteggia la Francia di Francesco I, alleato dei turchi, sconfiggendolo e imponendogli la pace di Crepy-en-Laonnois nel 1544.
La questione luterana, tuttavia, resta irrisolta. I principi protestanti rifiutano di partecipare al Concilio di Trento (1545-1563), spingendo Carlo ad affrontarli militarmente. Sebbene sofferente di gotta, nel 1547 ottiene una vittoria decisiva contro la Lega di Smalcalda a Mühlberg (alleanza di principi protestanti), rafforzando temporaneamente la sua autorità in Germania.
Orgoglioso della vittoria, Carlo V commissiona a Tiziano Vecellio un celebre ritratto equestre (Gloria 1551/1554), dove appare con la lancia in pugno e l’insegna dell’Ordine del Toson d’Oro, simbolo della sua autorità imperiale e della sua difesa della Cristianità. Il ritratto sottolinea l’estensione del dominio globale di Carlo, sovrano dei territori su cui “il sole non tramonta mai.”
La vittoria di Mühlberg rappresenta l’apice del regno di Carlo V, dopo il quale inizia la sua fase discendente. Nel 1552, con il trattato di Chambord, i principi luterani si alleano con la Francia di Enrico II, aprendo nuovi fronti di guerra in Europa mentre la flotta turca minaccia il Mediterraneo. L’imperatore riesce a contenere gli attacchi e incarica il fratello Ferdinando di firmare, nel 1555, la pace di Augusta con i luterani, sancendo il principio cuius regio, eius religio e l’inevitabile divisione religiosa dell’Impero.
Carlo abdicò e divise i suoi domini tra il figlio Filippo II, già re di Napoli e Sicilia — cui affido’ i Paesi Bassi, il regno di Castiglia con i possedimenti americani, e infine il regno di Aragona con la Sardegna, e il fratello Ferdinando, che divenne Imperatore. Questo gesto fu interpretato da molti come un segno di umiltà cristiana, poiché riconosceva i propri limiti e desiderava trascorrere gli ultimi anni in meditazione spirituale, sebbene avesse anche motivazioni politiche.
Nell’estate del 1556, Carlo V intraprende il suo ultimo viaggio verso il monastero di San Jerónimo di Yuste, in Estremadura, dove trascorre gli ultimi anni della sua vita in compagnia di San Francesco Borgia cercando una vita di riflessione spirituale e preparandosi per la morte che arrivo’ il 21 settembre 1558, stringendo il crocifisso, al termine di una vita dedicata a difendere la Chiesa e l’unità cristiana dell’Impero. Prima di morire esclamò: “Ya, voy, Señor” (Sto arrivando, Signore) e “¡Ay Jesus!” (Oh Gesù) e quindi avrebbe esalato l’ultimo respiro.
Bibliografia:
Carlo V – Karl Brandi, 1937
Carlo V: il sogno dell’impero universale – Manuel Fernández Álvarez, 2003
The Emperor: A New Life of Charles V – Geoffrey Parker, 2019
Carlo V e l’Italia – Alberto Tenenti, 1991
Charles V: Duty and Dynasty – Hugo Soly, 1999
Carlo V e i suoi banchieri – Fernand Braudel, 1967
Europe’s Tragedy: A New History of the Thirty Years War – Peter H. Wilson, 2009
Istituzioni del principe cristiano. Avvertimenti e istruzioni di Carlo V al figlio Filippo, a cura di Gaspare De Caro, Zanichelli, Bologna, 1969
Carlo V e il suo tempo – Martyn Rady, trad. it., il Mulino, Bologna, 1997
Astrea. L’idea di Impero nel Cinquecento – Frances Amelia Yates, trad. it., Einaudi, Torino, 1990
Monarchia universalis. Storia di un concetto cardine della politica europea (secoli XVI-XVIII) – Franz Rosbach, trad. it., Vita e Pensiero, Milano, 1998
Paolo Botti
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