Ciao Padre Aldo! Ho avuto occasione di vederti in alcune circostanze, ma immagino che non ti ricordi di me. Ti scrivo perché volevo raccontarti delle mie vicende.
Durante gli anni dell’università ho intuito che la mia vocazione era il sacerdozio diocesano. Sono perciò entrato in seminario dove sono rimasto fino a oggi. È stato un periodo molto importante per la mia vita dentro questa comunità. Ho vissuto con altri preti in una parrocchia situata in una delle zone più povere della mia città. Sono stato a contatto soprattutto con giovani molto sensibili, con sofferenze personali anche grandi, ma dotati di una profonda intensità affettiva. In parrocchia mi hanno aiutato due ragazzi, una giovane coppia di fidanzati. Mario – così si chiama il ragazzo – è molto generoso, ma allo stesso tempo è insicuro e questo fatto lo porta ad agire in modo contorto e possessivo. Lei, Marta, è una persona dotata di grande sensibilità, molto generosa e disposta a sacrificare il suo tempo per il bene degli altri. È davvero eccezionale!
Siamo diventati amici, ma improvvisamente, in ottobre, Mario ha iniziato inspiegabilmente a prendere le distanze da me per un problema di gelosia e diceva a Marta di non parlarmi più, di evitarmi. In verità quella tra me e Marta era un’amicizia bella. Insieme preparavamo molte iniziative per gli altri giovani, con gioia e attenzione. C’era tra noi un grande affetto e un’affinità naturale. Decisi di parlare con Mario per un chiarimento. E lui mi chiese scusa.
Col passare del tempo era sempre più evidente che Marta non sopportava più l’atteggiamento possessivo di Mario. D’altra parte era sempre più evidente che tra me e Marta era avvenuto un vero e proprio innamoramento. Marta e io ci siamo presto resi conto che il nostro amore era molto grande e reciproco. Le mandavo molti messaggi sul cellulare e Mario un giorno lesse tutte le nostre conversazioni, poi andò a casa sua, chiamò il parroco e gli raccontò tutto. Così ho dovuto parlarne anche con i sacerdoti del seminario.
La mia prima reazione fu dettata dalla paura: «È solo un pasticcio, una cosa brutta, non succederà mai più». Poi mi ha preso il dubbio sulla mia vocazione al sacerdozio. Mi è stato chiesto dai superiori di andare da Marta e Mario per dire loro che si è trattato di un equivoco ma… come facevo a dire questo a Marta? Ero davvero confuso, ero innamorato, ma allora io lo negavo… Ho parlato con uno psicologo che lavora molto col seminario e coi consacrati e lui mi fece questa domanda: «È un fatto negativo l’innamoramento?».
Ho perciò scoperto in me di avere sempre avuto una concezione brutta del matrimonio. Come se il vero amore fosse quello del consacrato e quello del matrimonio fosse minore. Avevo una paura immensa di innamorarmi e poi di perdere la persona amata, ho paura di amare tanto intensamente una donna per dopo perderla. Per questo motivo non ho mai verificato se il matrimonio fosse una possibilità concreta per me di amare Gesù e farlo presente in questa modalità. E ora il Signore mi sfida.
In questo periodo mi trovo in un monastero benedettino a meditare su cosa vorrà il Signore avendomi dato questa circostanza. Padre Aldo, fino ad ora consideravo la mia vocazione al sacerdozio come una mia conquista, come una sicurezza. Ho sempre pensato che se mi avessero cacciato dal seminario non avrei saputo che fare della mia vita.
Credo che il Signore mi voglia spogliare da questa posizione. Già mi ha spogliato della mia intimità (con quello che è successo con il telefono), del mio orgoglio. Insomma, ho una paura enorme di innamorarmi! Mi rendo anche conto che il Signore può togliermi anche lei… Ma oggi finalmente ho sentito una gran pace, e questo nonostante il pensiero di poterla perdere. Intuisco che la mia consistenza non sta in una vocazione o in un’altra, bensì nell’amare Gesù, nel riconoscere che tutto è suo e che tutto è un dono. È questa la strada che, sono sicuro, mi farà crescere… Questo volevo raccontarti. Ti scrivo perché mi pare che anche a te è capitato qualcosa di simile. Spero possa rispondermi. Grazie.
Lettera firmata
Caro amico, grazie per la tua fiducia. Un giorno il Servo di Dio, don Giussani, fondatore del movimento di Comunione e Liberazione fu invitato a un incontro con i sacerdoti di una diocesi. Uno dei partecipanti gli domandò se poteva spiegargli qual è la condizione per essere sacerdote. Giussani, come punto sul vivo della sua umanità, rispose seccamente: «Che sia un uomo». Credo che questa risposta valga per tutti, tanto per quelli che si sposano quanto per quelli che desiderano essere sacerdoti o consacrati. Cristo non vuole persone limitate nella loro umanità, perché è la propria umanità il cammino verso Cristo. Purtroppo hai avuto la disgrazia di trovarti con persone e con educatori che hanno paura della vita e quindi terribilmente moralisti.
Il modo col quale guardi all’innamoramento (lodato sia il Signore che ha permesso questo sentimento in te) e al matrimonio è per me la vera obiezione al tuo desiderio di essere sacerdote. La verginità, della quale il celibato sacerdotale è un’espressione, non può essere una castrazione ma la pienezza affettiva. Allora come può convivere con quel moralismo che sembra definire la tua vita e quella dei tuoi educatori? Inoltre, la verifica della propria vocazione, tanto al matrimonio come al celibato, ha un unico luogo dove diventa evidente ed è la realtà, le circostanze della vita. Il proprio Io si fa manifesto nell’azione, cioè vivendo intensamente la realtà. Quindi non sarà il rinchiuderti in un monastero benedettino che illuminerà la situazione che stai vivendo.
Per mia esperienza personale, non è censurando la mia umanità o fuggendo dalla realtà che ho scoperto la bellezza della verginità, non è censurando un sentimento ma andando a fondo di ogni circostanza e quindi dei miei sentimenti. Credo che non esista niente di più bello e profondo come possibilità di verificare la propria vocazione dell’innamoramento. Come potrei percepire l’amore di Cristo senza rendermi conto che non esiste nessun segno tanto potente quanto l’innamorarsi di una donna che mi rimette di fronte all’Infinito e all’esperienza che solo Cristo può rispondere alla mia sete di amore? Segno e Mistero coincidono. Mentre noi normalmente in un’educazione moralista vogliamo o eliminare il segno, come tu stesso documenti, diventando triste, angosciato e con una concezione inumana della donna, del matrimonio, oppure vogliamo eliminare il Mistero, facendoci guidare dall’istintività e censurando persino alcuni sentimenti.
Ti auguro di trovare una compagnia di persone che siano umane affinché possano sostenerti in questa verifica che ha come punto di partenza una passione totale per la gloria di Cristo. Non ti dimenticare di quello che diceva l’ultimo grande oratore dell’impero romano, Vittorino: «Trovando Cristo mi sono scoperto uomo».
Aldo Trento- 2013- Tempi
Articolo tratto da www.tempi.it
per gentile concessione della redazione (7-7-2023).
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